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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
23-01-2008, 10.56.53 | #12 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
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Riferimento: "giusto" e "sbagliato" sono pregiudizi?
Citazione:
caro “il dubbio” la nostre premesse filosofiche sono confrontabili ma ne derivano implicazioni e conseguenze differenti. A parer mio il fine ultimo dell'uomo è l'”essere-per la morte”, che è stata l'origine della religione. Essendo l'unico animale che vi riflette costantemente, mai rassegnato che tutto un giorno abbia fine. Le domande metafisiche che si pone da sempre sono appunto Chi sono? Perchè esisto? Dove sto andando? Che senso ha la vita? Soprattutto quest'ultima. Non ci sono risposte, si potrebbe regredire all'infinito alla ricerca del primo “motore”. Domanda ingenua ma non tanto spesso formulata dai bambini. E la filosofia non risolve i problemi, insegna casomai a porli: domande che servono solo per dubitare metodicamente dell'esistente. Nulla a che fare con la teologia che presenta soluzioni prefabbricate e indiscutibili. Non credo sia un caso che il tuo nick sia “il dubbio”. Lo “scopo” della vita, nei fatti osservabili e non nelle credenze ideologie, rimane l'evitare la sofferenza. Anche un masochista che gode nel soffrire, se lo percuoti lo soddisfi e non gode più. Questo paradosso dimostra la tortuosità della psiche in quanto a gratificazioni. Per camminare si deve sapere di avere le gambe e solo se ho mal di testa ne conosco il rimedio a cui ricorro. E' anche vero che la condivisione di vissuti ( non di esperienze che ognuno vive in modo soggettivo) favorisce l'empatia dell' immedesimazione e le risonanze intense spesso da anche un'eccessiva identificazione E si comprende il senso della sofferenza per evitarla dopo proprie esperienze estreme, per alcuni sia pure ideologi e normativi. In effetti il Papa rifiutando la cannula di nutrimento trasgredì a quell'eutanasia di cui lui fu predicatore contrario e intransigente. Ma la leggenda narra che Siddharta 30 enne , ricchissimo fu testimone del dolore, della malattia e della morte, e abbandonò la vita mondana. Così San Francesco. Scelte di vita con alla base una motivante pulsione. Il Dio ebraico è un Dio che soffre perchè “impotente” testimone del male nel mondo; quello cristiano forse ha i ray-ban azzurrati . Tutto a significare un giustificato relativismo nell'interpretare le autentiche motivazioni umane. |
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23-01-2008, 15.59.41 | #13 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
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Riferimento: "giusto" e "sbagliato" sono pregiudizi?
Citazione:
Non credo sia così. Cerca di fare un rapporto tra l'età in cui un bambino pone sempre "Perché questo? Perché quello?" All'incirca verso i tre anni. Fai un rapporto con l'età media di un adulto oggi (75 anni?), ti indicherà che c'è stato un momento nella storia dell'evoluzione dell'uomo, che assomiglia a quello del bambino, in cui nascono costantemente solo dei perché.Quindi non è la semplice domanda ad essere importante? Perché fare distinzioni sulle qualità delle domande? La cosa più importante è che tu ti ponga una domanda, non quale sia la domanda migliore. Per te che hai occhiali azzurrate sarà più importante una specifica domanda, per un altro sarà un'altra la domanda più importante. La domanda che mi potrei porre io è: perché ci facciamo le domande. E la risposta possibile sarebbe perché solo se ci ponessimo domande significherebbe che siamo nella possibilità di porci domande. Ma non mi sono ancora risposto adeguatamente, perciò mi servo di strade alternative per risposte alternative un po più fattibili, come quella di evitare la sofferenza, o la morte solo perché ne facciamo esperienza. Ma non credi che così ci sbarazziamo dell'unica domanda primordiale, dimenticandoci che è l'esperienza primaria, e cioè quella che determina spontaneamente la possibilità di porci domande ovvero: la coscienza? |
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26-01-2008, 11.45.16 | #14 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-04-2004
Messaggi: 1,006
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Riferimento: "giusto" e "sbagliato" sono pregiudizi?
Citazione:
Caro “il dubbio”, precedentemente hai detto che il senso della vita consiste nella possibilità di rispondere a domande, ora di porre domande. Ma non è il fatto irrilevante della possibilità verificata di poterci porre domande, che conta in filosofia; il problema è ben più profondo. E poi perchè lo scopo della vita sarebbe di porre domande? Per provare che esiste la coscienza? Ma qui è necessario fare una nuova digressione dall'argomento originario, deviando sul cogito ergo sum, che tra l'altro non è di Kant, come ho letto in un recente post qui apparso. Quest'ultimo abbandonò l'idea di poter conoscere l'essenza delle cose (criticismo). Comunque la filosofia consiste nel porre domande maieutiche per condurre a “verità” attraverso l'esercizio del saper ben giudicare le cose, quindi di saper ben pensare, e mai per risposte preconfezionate e definitive. Tuttavia si distinguono quelle domande che non possono avere risposta, senza ricadere in soluzioni dogmatiche perciò non discutibili, non indagabili, la cui ultima risposta non può essere altra che “perchè sì”. Esempio, solo la religione dà un senso alla morte; in natura lo scopo è il circolo continuo morte vita morte vita, che perpetua le specie. Ma perchè le specie si perpetuano? Che senso ha chiederlo alla religione e non alla scienza? Ovvio che nemmeno la scienza può rispondere sul senso della vita e cose del genere, come dell'origine del tempo e simili, che sono di competenza filosofica, come se penso a “ciò che non è” , in che senso lo faccio esistere, e quindi entro in contraddizione? Ovviamente certe domande astratte, se intese come esercizio di pensiero,hanno lo scopo di dimostrare che non bisogna mai credere a ciò che si vede,che è una delle basi filosofiche d'ogni tempo. Matrix è fantascienza, e se è esemplificativo in alcuni casi, altre volte viene assunto con superficialità, se prima non si sono elencate le varie forme di “realtà” che finora sono state oggetto di studio da parte delle scienze e di speculazioni della metafisica. Tornando al “cogito ergo sum”, alla res cogitans, (coscienza o io) è fondamento di ogni conoscenza, ma non è “sostanza”; testimonia qualcosa di esterno, ma non altro. Se qualcuno mi tocca ho la certezza di essere toccato, ma non che esista veramente una “sostanza” che mi tocca, o la sua origine. L'esistenza di cose esterne non si deve ammettere per fede. “L'io non è una certezza immediata”, dice Nietzsche che fu un acuto critico delle implicazioni cartesiane. Posso avere la certezza della mie sensazioni, ma non di ciò che suscita la mia sensazione, tornando all'esempio, se qualcuno mi tocca non so quale origine abbia quella mia sensazione di essere toccato. L'ente, inoltre è qualcosa (tavolo , sedia, cielo, ecc.) Ma l'essere? Il senso dell' “è” è oscuro; ad esempio, cosa significa dire Oggi “è “ sabato? In ogni caso sono problemi classici, senza scomodare Matrix, affrontati in varie forme da molti pensatori, sempre proposte a studenti, ecc. Ad esempio il problema dei “cervelli in una vasca”. E non so se ci sia ancora molto da aggiungere,considerato anche che tali “problemi appaiono spesso nei forum. Ma quanto sviscerati in modo esaustivo, nei limiti? |
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