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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
16-01-2008, 10.22.49 | #22 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
Temo che se orientiamo la discussione a cercare che cosa è il pensiero (ciò che forse Katerpillar vorrebbe tracciando la propria interpretazione di un veicolare che parte dalla memoria), si apre un filone d’indagine più sinuoso del fiume meandro. Forse possiamo limitarci a chiedere, come era nel tema, fin dove può arrivare il pensiero senza annullarsi – se per esempio deve rimanere fedele alla percezione di un’empirica realtà o può andare oltre, fino ad assumere il ruolo di principio della realtà come volevano gli idealisti, o distruggere e rifare la realtà come anelano a fare i rivoluzionari….
Se vogliamo tener conto della storia, sia pure in modo sommario, mi pare di poter osservare che anche nelle sue più vertiginose insurrezioni, il pensiero non si è staccato da questa terra, ossia da quello che chiamiamo un mondo. Sembra che questo sia perfino il suo ufficio istituzionale. Sì, perché se il pensiero ha osato inventare una metafisica, ha posto al suo centro un Dio voltato verso il mondo – un mondo visto da un occhio divino, cioè dall’occhio di un superuomo. Questo orientamento, d’altra parte, è rimasto anche con l’avvento della scienza, dal momento che si considera naturale l’emergere dei neuroni dalla materia, anche se questo ha fatto perdere all’uomo, sia pure sapiens, quell’alone che lo rendeva il supremo prodotto della creazione. Ma in realtà il vero potere del pensare non sta nel percepire e andare a fondo nello studio del mondo esistente o del suo divenire, ma in quello che si può definire un potere creativo, come la capacità di superare la percezione dei sensi in modelli astratti quali sono i concetti, anzi un sovrapporsi o trascendersi di concetti, fino a trasfigurarli in parti del logos divino. Tutto qui? No, ovviamente, perché il pensiero può essere rivoltato in sé, piegato a cercare da che cosa si origina e che cosa effettivamente è, e sembra a un certo momento che l’introspezione o l'autocoscienza abbia risolto il problema – ma no, non ha rivelato nulla, e si torna allora a guardarlo dall’esterno come un insetto nella formalina o come una pietra da museo, finché il pensiero….non c’è. Dunque il suo potere sembra stare nel fatto che si autocrea, che può prodursi in qualsiasi momento. Però ogni volta che il pensiero si crea non esce dall’orizzonte di questo mondo e dal potere di agire in questo mondo servendosi delle sue leggi….E allora, dov’è la sua onnipotenza? Eppure esso in qualche modo ce l’ha e ne è orgoglioso, e qui torna buona la storia se ci mostra che, nonostante i momenti di dubbio o di scoramento e i lamenti di coloro che hanno avuto la sfortuna di trovare un ostacolo sulla loro strada, l’uomo è stato sempre convinto del potere del proprio pensiero: l’ha usato per difendersi e per offendere, per costruire il suo regno, perfino per inventare un Dio che gli è superiore solo perché possa benedire quel regno e autorizzare l’uomo a farsi padrone degli altri esseri e delle forze del cosmo. Così, creando un Dio onnipotente, l’uomo ha reso onnipotente sé stesso. E che sono le piaghe di qualche Giobbe se esse servono a dimostrare quella potenza? E lo sterminio di qualche popolo imbelle di fronte alla gloria del vincitore? Sì, la specie homo ha vinto la gara, con la sua intelligenza si è assicurata un potere invincibile che sconfiggerà la morte, se non l’ha già sconfitta. La religione, in fondo, ha dato all’uomo la fede nell’immortalità; la scienza gli consente di penetrare tutti i segreti e di usare le leggi del cosmo per rendere eterno il proprio potere dominando le cose in un terribile atto d’odio e d’amore. Sì, l’uomo è dolce e terribile…ed è lui, alla fine, il vero e invincibile Dio. E se sono ancora incombenti, dopo migliaia di anni, guerre di popoli e di religioni, ebbene il destino ha già decretato chi sarà il vincitore e avrà in pugno il destino del mondo. Sì, le leggi dell’universo sono infallibili, e il vincitore del settimo giorno potrà riposarsi e giudicarle buone. Eppure ci sarà ancora qualcuno – no, non lucifero ma forse un’anima bella - gemente in qualche anfratto del mondo che, nell’ultimo istante di vita, avrà ancora la forza di ribellarsi o sognare – sognare un mondo diverso, un mondo nel quale non imperino le leggi dei sette giorni, quelle che spingono gli astri a distruggersi e la vita a nutrirsi della vita degli altri. E che osi in qualche modo pensare - come Amleto - che questo mondo non lo soddisfa. Forse è questa, domando, è veramente qui, l’onnipotenza del nostro pensiero? O è sogno? Utopia? Cieca speranza? Fantasia di chi nella sua innocenza crede in una favola e non nella realtà? Certo, fin dalla preistoria l’uomo ha cercato di trasformare il mondo, se non altro tracciando misteriosi segni e forme di mostri sopra le rocce, ma è questa una trasformazione del mondo o piuttosto una sua glorificazione? E la letteratura, la filosofia….non si sono consacrate a una compiaciuta osservazione di questo mondo, cioè del mondo che abbiamo davanti con le sue rutilanti commedie e tragedie? Quale profeta ha staccato gli occhi da questo mondo, e quale Gerusalemme celeste è stata inventata se non a immagine di una reggia costruita su una bolgia infernale? Eppure – di quando in quando si ode ancora il gemito di quella creatura morente, un gemito che diventa un grido: "non questo mondo, ma un altro!" E forse è proprio lì, in quella sensazione di immane impotenza la vera potenza, in quel rifiutare le leggi dell’universo per altre leggi più dolci e più belle – rifiutare il pensiero di ciò che è per ciò che dovrebbe essere. Un pensiero sacrilego? O un pensiero più alto, più alto di quello della filosofia, della scienza e delle religioni, perché non è un opporsi a Dio ma a ciò che le religioni del mondo hanno fatto di Dio. |
18-01-2008, 07.12.18 | #24 | ||
Ogni tanto siate gentili.
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
emmecì
Citazione:
Ebbene sì l'ammetto, caro emmecì, cercare di comprendere i meccanismi su come si sia formato il pensiero, potrebbe essere ed è veramente sinuoso più del fiume meandro, mentre parlare del pensiero senza conoscerne la provenienza, la funzione e le qualità, è facile come giocare con la plastilina, dove possiamo formulare qualsiasi figura senza troppa preoccupazione, tanto dopo la rompiamo e ricominciamo da capo. Io invece, pur riconoscendo che comprendere i meccanismi della mente sia la cosa più difficile da farsi (la scienza ufficiale ne sa qualcosa), ritengo che partire da alcune ipotesi sia la strada più facile da seguire se vogliamo dare un pò di serietà ai nostri assunti. Credo che questo si posso attuare solo se rispondiamo: botta su botta, argomento su argomento, come mi sembra abbia fatto visechi e in parte il_Dubbio, perché se io faccio la domanda: dove va la potenza del pensiero quando la memoria scompare? Allora due sono le cose: se il pensiero rimane intatto ed è evulso dalla memoria, come mai che non riesce più a pensare o, comunque, a dimostrare la sua onnipotenza? Oppure, il pensiero è correlato direttamente con la memoria e scomparendo questa scompare anche la sua funzione. Io credo che riflettendo su questi assunti non sia affatto una perdita di tempo a deleterio...anzi, questi discorsi li trovo, sotto un profilo empirico, molto abbordabili, e con le dovute correzzioni e precisazioni (fino a dove la nostra esperienza ci potrà portare), si potrebbe veramente iniziare a parlare della potenza di questo o di quello. Personalmente, se dovessi scegliere dando un superlativo a qualche caratteristica umana, sceglierei la memoria; perche ad essa è collegata direttamente l'evoluzione. Naturalmente il pensiero è la parte più appariscente. In pratica potremmo paragonarlo al cantante o all'attore, che si prende tutti i meriti della rappresentazione, mentre il soggettista o l'autore dei testi sono sempre in disparte. emmecì Citazione:
Ma quel ripiegarsi in se stesso per comprendere che cosa sia e da dove provenga, prima di parlarne, bisognerebbe farlo veramente e non solo poeticamente o filosoficamente. In ogni modo giuro che non interferiro più con tuo pensiero filosofico, che ammiro e rispetto, con il mio pragmatismo tecnico strumentale, ma se fino ad ora l'ho fatto è perché non riesco a seguire compiutamente i tuoi percorsi, per dargli una concretezza che possa essere da me compresa, per cui tento di portare gli interventi su strade che riesco a comprendere..e poter intervenire. Saluti Giancarlo. |
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18-01-2008, 09.25.11 | #25 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
Caro Katerpillar, lasciami per un momento rispondere alle parole di kore che è venuta prima di te (immagino che kore, per essere fedele al suo nome, sia una giovane donna).
Non so - kore - se quello che penso può definirsi un "desituarsi". Certo è una capacità di andare oltre la percezione per foggiare un nuovo modello di mondo: il che è già sempre avvenuto non solo nel pensiero religioso ma in quello scientifico e filosofico, se non nelle chiacchiere di tutti i giorni, e che può andare molto più in là di ciò che è finora avvenuto. E qui sembra affacciarsi il corrucciato cipiglio di Nietzsche, cioè la volontà di un rifiuto del mondo dei padri, della necessità di bruciare la storia per farne una totalmente diversa: un fantasma che ha attraversato i secoli e ha sollevato individui e generazioni quando si è tentato, come nel ventesimo secolo, di mutare il mondo costi quello che costi e dalle avanguardie artistiche si è passati alle rivoluzioni ideologiche, anzi alle rivoluzioni totali, sacrificando l’idea stessa di storia e lasciando la terra cosparsa di macerie e cadaveri….Sì, perché sembra che non solo le rivoluzioni del Novecento siano fallite, ma tutte le rivoluzioni, e non ci sia quindi nessuna speranza. Ma forse è questione di una falsa idea della potenza del pensiero, che sembra ridursi a quella pretesa, che non lascia l’uomo da quando ha saputo di poter conquistare il mondo o di essere il figlio privilegiato del creatore – cioè di ritenersi unico e onnipotente – mentre con qualche ombra di dubbio sul proprio potere, cioè con uno slancio un po’ meno rivoluzionario o nietzschiano nei confronti della grande storia avrebbe potuto coglierne la lenta ma infinita potenza, la capacità di superare ogni forza e forma vivente avvertendo che l’umanità ha appena iniziato il suo compito sollevandosi dalla materia al pensiero e intravedendo oltre questo un orizzonte più ampio e più puro, forse quella che chiamiamo moralità, o che trascende anche questa in un’evoluzione che non la distrugge ma la rende superiore a sé stessa, dando alle nostre carni fremiti dolci e terribili, ombre di mostri e di angeli, e quella volontà misteriosa che ha spinto l’uomo fuori dai giardini dell’eden, cioè dalle foreste in cui ha incominciato a intravedere, ma anche obliato, ciò che costituisce il suo vero potere, cioè il baleno di qualcosa che può santificare la storia. |
18-01-2008, 10.30.41 | #26 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
Citazione:
Se vogliamo cercare di ragionare per logica possiamo mettere alla base di tutto <<l'informazione>>. Per esempio un atomo dentro di se avrà un'informazione determinata. E' vero che un atomo strutturalmente sarà uguale ad un altro ma se vuoi sapere precisamente l'informazione in esso contenuta dovrai osservarla al microscopio. Per esempio ti è preclusa la possibilità (fisica) di sapere con precisione la velocità di tutte le particelle e la loro posizione. Quindi non puoi conoscere tutta l'informazione in esso contenuta. Ugualmente la memoria fisica (quella che tu vuoi mettere alla base del pensiero) contiene un'informazione, ma se presumiamo che io voglia sapere con precisione ciò che contiene questa memoria devo pensarla, devo osservarla. Solo quello che sto osservando è oggettivamente presente nella memoria il resto no. Quindi alla base c'è il pensiero e non la memoria. Qui il discorso ricadrebbe nell'oggettivazione (discorso in cui non sono ancora intervenuto di un altro 3d). Cosa vuol significare oggettivo? Esternamente, per esempio, uno studioso del mio cervello trova una sovrabbondanza di una certa sostanza chimica. Questa sostanza si presume faccia si che tu possa avere, per esempio, paura dei luoghi bui. Se io ti elimino quella sostanza tu non avrai piu paura del buio. Questo cosa vuol dire? Che presumo, da studioso esterno, che quella sostanza contenga il pensiero della paura del buio ?(sto facendo esempi ipotetici); Questo non è esattamente vero, perchè tu esternamente hai eliminato l'equivalente di un occhiale da sole che fa apparire la luce meno abbagliante. Non hai eliminato la mia esperienza del buio (nel primo caso) o della luce (nel secondo). Oggettivamente il pensiero è un modo per pensare la realtà; è in altre parole un'informazione che deve essere pensata per essere reale. Tu potrai dirmi che il pensiero di quando ero bambino e giocavo con la palla è dentro il mio cervello da qualche parte, e che se io distruggessi quella parte non ricorderei più quel fatto. Bene, tu hai proceduto a rimuovere fisicamente una parte del mio cervello che non potrà essere piu pensata. L'informazione in esso contenuta non sarà più pensata da me. Certo, ma tu non stai eliminando i miei pensieri, che sono un modo per capire la realtà, stai eliminando oggettivamente qualcosa con la quale io posso confrontare la realtà di questo momento. In altre parole l'informazione contenuta nella memoria deve essere pensata per avere un'importanza sul pensiero. La cosa importante è il pensiero che anche nel caso in cui non ci fosse piu memoria nel cervello, riuscirebbe a sintetizzare l'informazione dalla realtà. Attingere dalla realtà informazione e paragonarla con l'informazione e l'esperienza passata ha la stessa natura dell'esperienza senza memoria. In sintesi, la natura del pensiero secondo me è attingere informazione. Pensare qualcosa è far in modo che qualcosa diventi un'esperienza. Può servire la memoria come può non servire. Oggettivamente, concludo, il pensiero sembra non esistere, è la realtà che si fa esperienza soggettiva. Il cervello, l'uomo nella sua interezza, il mondo e l'universo tutto sono un'esperienza soggettiva che oggettivamente noi la studiamo e la osserviamo nella memoria o nel cervello o nella oggettivazione della realtà (come può essere una parte del cervello) ma essa è esperienza di essa (la realtà) ma non è lei stessa, quindi non è oggettivabile (come per esempio è il tuo esempio della una memoria fisica). |
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18-01-2008, 14.13.44 | #27 |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
Siamo, caro Katerpillar, su posizioni tanto diverse da farle credere inconciliabili. Tu tratti la specie uomo e ovviamente tutto quello che la riguarda come oggetti fisici osservabili e sperimentabili: un idealista sarebbe partito dal pensiero per dedurne addirittura il mondo….Io – e mi pare anche Il Dubbio da come si è espresso - sembriamo stare nel mezzo, cioè trattare l’oggetto-uomo come realtà fisica capace di produrre un pensiero che non può volgersi indietro se non a costo di perdersi e non trovare più nulla di sé, ma può andare avanti trasformando e per così dire ricreando sé stesso e gli oggetti che percepisce quasi a sottrarli alla legge fisica di vita e di morte e immettendoli in un flusso che sembra non avere fine. Con la nascita del pensiero, infatti, l’evoluzione si è trasformata in storia, sollevandosi in un altro piano di sostanze e valori. Può darsi che questo significhi che l’evoluzione funziona così, cioè col sormontare di piani, ciò che parrebbe dimostrato dal fatto che non si può studiare la biologia usando i parametri della fisica e il pensiero usando i parametri della vita (cioè riducendo il pensiero a un complesso di strutture fisiche e biologiche, come fosse un computer fatto, invece che di soli atomi, anche di cellule). E non c’è bisogno di pensare che io voglia sostituire a questo un fantastico mondo che è solamente nostro: il mondo è lo stesso, l’evoluzione è una sola, ma ad essa non si possono porre limiti precostituiti. Alla fine: chi vivrà vedrà che cosa potrà uscire da noi: un mostro o una meravigliosa chimera o soltanto (soltanto?) un essere simile a noi ma dotato di un pensiero più potente del nostro e capace di una visione morale più ampia. Sì, è meglio non porre limiti alla fantasia naturale, perché chi avrebbe potuto immaginare che un dinosauro alto come una torre avrebbe potuto essere sostituito da quei piccoli esseri che gli sgusciavano fra le gambe ed erano progenitori di uomini destinati a trasformare – nel bene e nel male - il destino del mondo?
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