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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
14-01-2008, 12.02.53 | #11 | |
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
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emmeci: (dalla discussione ‘Oggettivo’) Carissimi, non vorrei interrompere il vostro vivace e illuminante scambio di idee, ma forse può interessarvi, perché prossimo se non centrale rispetto al tema che avete scelto, quello che è stato scritto nell'argomento "Onnipotenza del pensiero". Mi riferisco in particolare all'ultimo intervento. https://www.riflessioni.it/forum/filo...tml#post207528 Saluti, e buone idee per il 2008. Per facilitare la comprensione di quanto scriverò e per agevolarmi la connessione a questo scambio d’idee, trasferisco qui la sollecitazione fatta da Emmeci su un altro Thread. Mi pare di capire che le due discussioni procedono su binari paralleli che non s’intersecano. Nell’altra non è sottoposto ad analisi filosofica il concetto di oggettivazione, in sé e per sé, piuttosto le caratteristiche di quanto è oggettivo e soggettivo in relazione al soggetto che ad essi si pone di fronte. Si tratta, cioè, di un procedere su un piano che, forse impropriamente, definirei più che altro antropologico e non filosofico. Diversamente, la discussione da te proposta è incentrata essenzialmente sulla teoretica filosofica dei concetti d’oggetto, oggettivo ed oggettivazione; argomento interessante, non lo nego, che però non suscita in me troppa passione. Ciononostante, sperando di non andare fuori tema, provo ad esprimere la mia opinione in merito. Premetto che non ho letto la lunga dissertazione che precede il post che ho quotato, il che può essere un vantaggio, poiché non sarei esposto al rischio di essere influenzato dal pensiero altrui, ma solo dal mio. MI pare di capire che si cavilli intorno alla tematica del pensiero e della possibilità che un soggetto pensante abbia di pensare il proprio pensiero nel momento preciso in cui il pensiero è processato, o di pensarsi in qualità d’essere pensante. Non so bene cosa affermi la filosofia più accreditata, ma è mia convinzione che il pensiero sia un processo autogenerativo che prescinda dalla volontà del pensatore, fino ad imporsi e inglobare nei suoi meandri abissali il pensatore stesso. Ciò però nulla aggiunge e nulla chiarisce in ordine al dubbio amletico che mi pare vi assilli: <<il pensiero può essere analizzato, ciò vale a dire pensato?>>. Pensare il pensiero dall’interno del pensiero stesso è un’incoerenza, poiché il giocondo processo presuppone che per pensarsi debba necessariamente pensare a se stesso, il che escluderebbe l’alterità, cioè la terzietà del pensante o di chi lo pone sotto analisi. Mentre è, invece, congruente e perfettamente coerente pensare il pensiero altrui – l’ermeneutica si fonda proprio sul principio di terzietà (altro da me) -. La memoria non sempre è il prodotto del pensiero, essendo sovente il mero deposito del fatto, dell’evento o della ‘cosa’, senza che in questo suo registrarsi mnesico sia implicato il processo del pensiero. Si tratta dunque di un racimolo inconsapevole, che si traduce in pensiero o pensato al momento in cui è recuperato (spesso in foggia di flash illuminante) per essere utilizzato. Nel momento in cui il deposito mnesico è pensato, è anche oggettivato, cioè posto davanti al pensante. In tutto questo fluire di bei concetti astratti, s’incunea il “principio antropico” (nella fattispecie, aggiungerei anche ‘antropologico’, anche se può apparire una tautologia), che tradurrei in “principio entropico”. Il pensiero non è un regolare e quieto fluire che prende le mosse da un locus ben definito, che si sviluppa in un percorso lineare per approdare ad un risultato univoco, ineludibile, fatale e inequivolcabile… perlomeno non sempre. Quanto più è complesso l’oggetto pensato (e in questa circostanza il pensato è quanto di più complesso possiamo pensare – amo i giochi di parole), tanto maggiori sono i contorsionismi e l’entropia insiti nel processo stesso. Il principio antropico che sottende il dogma finalistico, è, per quanto mi riguarda, un azzardo teoretico che non si coniuga con l’imprevedibilità e il caos soggiacente ed emergente da e in ogni attività umana; disconosce, in una qualche misura, la variabile indipendente del ‘Fattore U’, dove ‘U’ stà per umano e rinnega la follia e l’abnormità insite nella Natura, cui uomo (l’antropos), la Natura stessa e il pensiero, in ultima analisi, sono soggiogati. L’ordine della Natura non è il Cosmo ma il Caos. Ciao |
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14-01-2008, 21.43.46 | #13 | |||||||||||
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
emmecì
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Caro visechi, ho fatto un taglia e incolla infinito perche in questo caso non necessitava una opinione non influenzata dalle altre, ma piuttosto un parere sul fatto che quando si parla di una qualsiasi cosa bisogna prima dare una definizione di questa cosa; e dagli interventi mi sembra che sia stato l'unico a dare una definizione di cosa sia il pensiero. Esatta? Sbagliata? Ridicola? Non ha importanza; l'importante è che almeno ci sia un significato ben definito del contendere, altrimenti parliamo con le nuvole, riempendo queste pagine di paroloni inutili che ci lasceranno al punto di partenza. La spiegazione su cosa sia, per me, il pensiero l'ho data, se non siete d'accordo ditelo, altrimenti io continuo ad applicare quella spiegazione non riuecendo a comprendere le vostre argomentazioni che, seguendo quella interpretazione non stanno: né in cielo né in terra. Saluti. Giancarlo. |
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15-01-2008, 00.42.29 | #14 | ||
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
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Infatti non sono d'accordo Tu definisci pensiero in questo modo: Citazione:
Se fosse questa la sola definizione del pensiero di un uomo ("veicolativo a disposizione della memoria") che differenza vi sarebbe con una memoria di un computer? Non mi dire che un computer pensa... |
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15-01-2008, 09.46.07 | #15 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
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Far coincidere il pensiero con la memoria, oppure presupporre che il pensare sia attivato dal deposito mnesico, è un errore. Ciò equivarrebbe a dire che la memoria si genera autonomamente a prescindere dalla nostra coscienza. Il pensiero presuppone, in una qualche misura, almeno per quanto attiene al ‘pensato’ cosciente, un’attività di volizione. Se è vero che il deposito mnesico si costituisce e accresce anche in maniera inconsulta, è altrettanto vero e provato che questo magazzino degli eventi e delle sensazioni sia alimentato in grazia del nostro pensiero cosciente. Nondimeno è sbagliato affermare che non esiste memoria in assenza di pensiero, così com’è riduttivo e fuorviante sostenere che non esiste pensiero in assenza di memoria. Le due cose procedono in simbiosi, non sono separate o indipendenti l’una dall’altra. Sono, come si suol dire, interlacciate: l’una alimenta l’altra e viceversa. Ciò però non dice molto su cosa possa essere il pensiero. Se il pensiero impianta, organizza e sostenta la memoria, almeno in buona misura, non può trattarsi di un processo ‘veicolativo’ della memoria stessa, poiché, perlomeno la sua importanza non può limitarsi solo a quest’attività, anche se innegabilmente indispensabile. IL pensiero è, presumibilmente, il complesso processo agito dal cervello necessario per elaborare l’informazione proveniente dall’esterno; in tale intricata attività è, indiscutibilmente, coadiuvato dalla memoria, da cui attinge costantemente ed in cui deposita l’ulteriore prodotto del processo di elaborazione. Ma è errato presumere che senza memoria il cervello sia impossibilitato a pensare. I casi di menomazione temporanea o permanente delle aree preposte alla memoria dimostrano che l’attività cerebrale, in relazione al pensiero, è preservata intatta; ovverosia l’individuo colpito da questi accidenti patologici o traumatici è perfettamente in grado di elaborare pensieri. Quel che difetta è la capacità di organizzarli in maniera coerente con il proprio vissuto, giacché il vissuto, cioè la biografia individuale di un individuo, risiede appunto nella memoria. L’impossibilità del recupero mnesico comporta la perdita della biografia personale, ciò, però, non implica anche l’impossibilità di elaborare pensieri anche complessi e di percepirsi come individuo, anche se sperso in un mondo che non conosce più. Il pensiero, cioè l’attività cosciente del cervello, è un processo dinamico, attinge alla memoria e l’alimenta in maniera dinamica, discriminando le informazioni da depositarvi; diversamente, la memoria parrebbe sia anche il ricettacolo di informazioni non processate, che ivi si depositano sottraendosi all’attività cosciente del pensiero, per essere attinte in maniera inconsulta in correlazione a fatti ed eventi che le evocano – i déjà vu, per esempio, sono spiegati in questo modo -. Non so se ho risposto al tuo quesito. Ciao |
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15-01-2008, 11.38.59 | #16 | |||||
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
katerpillar
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Apparentemente sembra che l'unica differenza sia la complessità, quando arriveranno i computer biologici: vedrai le sorprese che vi saranno. visechi Citazione:
Peccato visechi, nella tua impeccabile spiegazione mancano i tempi di attuazione. Infatti, quello che manca al tuo assunto, che tu hai collocato ai tempi nostri è questo: cosa è nato prima la memoria o il pensiero? Non voglio farti perdere tempo in ricerché, te lo dico io, è nata prima la memoria; e la prima memoria non era una memoria menmonica ma bensì fisica. Ovvero: la prima forma di vita aveva una memoria fisica per individuare i paletti termici in cui poter continuare a vivere; si tratta della stessa memoria fisica che è rimasta in noi e che ci permette di individuare le giuste temperature per la nostra sopravvivenza. Quindi a quel tempo ancora non si parlava del pensiero, ma questo è arrivato in un secondo momento, quando la memoria che si stava formando ed ampliando con i tantissimi dati "indotti" dall'ambiente che la circondava, ha sentito la necesità diportare fuori questi dati per interloquire con l'ambiente stesso. L'esempio banale della giraffa che si fa allungare il collo per mangiare le foglioline che sono situate più in alto, mi sembra emblematico, poiché aveva bisogno d'interloquire solo con le sue esigenze di sopravvivenza. Naturalmente quando questo processo si è verificato, allora è avvenuto tutto quello che tu hai descritto: il pensiero attinge in modo copioso dalla memoria, fa in modo che si realizzano tante innovazioni che a loro volta si vanno a depositare nella memoria, in un continuo accumulo e scambio; ma questo non toglie che il pensiero venga definito un metodo veicolativo a disposizione della memoria. Per quanto riguarda gli smemorati, è vero che possono esperire dei pensieri, ma non scordiamoci che in quel caso la memoria non è del tutto mancante, perché se veramente lo fosse lo smemorato non potrebbe utilizzare il suo pensiero, così come un muratore non potrebbe utilizzare i suoi attrezzi per mancanza di calce. Per tutto il resto della tua analisi, permettimi di farti i miei più vivi complimenti per aver dato una funzione al pensiero che, secondo il mio modo di vedere, ha delle buone possibilità reali. Saluti Giancarlo. |
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15-01-2008, 13.13.15 | #17 | |
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
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Apparentemente cosa vuol significare? Lo sai o no? Fino a che tu non hai nessuna dimostrazione, la tua definizione di pensiero umano perde di qualsiasi validità (altro che sei stato l'unico ad averne dato una definizione, forse hai un leggere senso di onnipotenza da pensiero assoluto, il tuo chiaramente) . Quindi non hai definito il pensiero umano ma solo ciò che presumi sia (e solo apparentemente) il suo funzionamento. Poi non capisco cosa vuol dire computer biologici, computer basati sul carbonio? E che ha il carbonio di diverso dal silicio tanto da creare un pensiero umano? Dire che sono differenti non significa dedurne poi il funzionamento del pensiero umano. Devi prima capire come funziona il pensiero e perché il carbonio sia necessario (se è necessario), poi puoi usare anche la cera pongo a noi non ci interessa |
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15-01-2008, 16.14.24 | #18 | |
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
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Molto interessante quest’aspetto del problema che non avevo considerato. Però, se posso permettermi di far le pulci, mi pare di poter rilevare che in quest’ambito è definita ‘memoria’ quel che forse più propriamente è riconducibile all’istinto – anche se non è possibile disconoscere all’istinto una buona dose di memoria, non individuale, bensì di specie o genetica, si tratta di una memoria filogenetica e programmata per la preservazione della specie -. Qui, però, mi pareva non si volesse discutere della prima forma pensiero, quella più elementare e inconsulta, bensì di quella più evoluta ed attinente all’attività dell’uomo, anche se è innegabile che la tua osservazione è più che appropriata. Anche dal punto di vista terminologico, risalendo all’etimo, equiparare l’istinto o l’attività naturale non sottoposta al controllo della coscienza (quale potrebbe essere la respirazione) alla memoria, può risultare fuorviante; infatti, sarebbe più che agevole domandarsi quale possa essere il deposito mnesico (cioè il ricordo, poiché per memoria s’intende in maniera incontrovertibile il deposito delle esperienze passate) individuale in un soggetto primordiale che non abbia alcun progenitore di specie che trasferisca l’indispensabile ‘informazione’, se non quella genetica. Ma qui rischiamo di scantonare in un altro ambito del sapere, mi pare che insistere troppo su questo versante ci condurrebbe a sconfinare nel mare magnum del significato e del signficante, cioè in un ambito linguistico che non attiene al tema trattato. A Livello biologico è indubitabile che la singola cellula abbia una qualche forma di ‘memoria arcaica’ – basta pensare alle cellule staminali -, ma non è il contesto più corretto ove collocare lo studio della memoria, poiché questo riguarda principalmente le forme più evolute; la memoria arcaica o genetica è assunta sostanzialmente a sostegno e riprova dello studio della sua evoluzione, costituendone il fondamento. Ad ogni buon conto, se la memoria s’instaura e sussiste in assenza di pensiero – la respirazione e il comportamento delle staminali lo attestano -, avendo tu spostato ora la lente d’ingrandimento, concentrandola sul particolare genetico della memoria primordiale, mi spieghi in qual modo è possibile inferire che il pensiero sia un derivato o un mezzo di questa memoria? Si tratta, probabilmente, di due ambiti diversi, paralleli, che presumibilmente s’intersecano o si sono intersecati. Il pensiero – attività evoluta – si coniuga con la memoria evoluta, non con quella arcaica, anche se non nascondo che è possibile che sia stato innescato da essa… ma stiamo trattando un argomento assai diverso. Ciao |
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15-01-2008, 17.30.29 | #19 | |||||
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
katerpillar
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Io credo che per esprimere una prorpia idea, un proprio concetto, non ci sia bisogno di avere una onnipotenza di pensiero, si esprime e basta (tant'è che tra le varie ipotesi ho aggiunto: giusta,sbagliata,ridicola ecc). Con riguardo ai computer biologici non è mia l'idea, ma sono almeno una decina di anni che equipe internazionali ci stanno lavorando sopra, partendo proprio dalla molecola del carbonio, la stessa con cui siamo formati noi...mi sembra. Per altro, proprio a te ho dato una risposta facendoti una domanda: non potrebbe essere che il dubbio facesse parte già delle esperienze esistenti nella mamoria e che il pensiero le abbia solo rilevate? Non mi semmbra di avere avuto risposta mentre mi piacerebbe molto, poiché la trovo verosimile ed interessante. TI riporto un articolo del corriere della sera sui computer biologici. Citazione:
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15-01-2008, 20.24.16 | #20 | |||
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Riferimento: Onnipotenza del pensiero
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Mi era sembrato di aver letto che eri stato l'unico ad aver dato una definizione di pensiero, ed io ti ho corretto. Con questo non voglio presumere che il mio o quello di altri sia migliore del tuo. Siamo tutti sulla stessa barca, e nessuno qui può dare una definizione precisa di cosa sia un pensiero umano. La tua domanda se nasce prima la memoria o prima il pensiero è la stessa domanda che è possibile fare a chi ha una fattoria: è nata prima la gallina o prima l'uovo? E un abbozzo di risposta te lo ha dato visechi suggerendo: Citazione:
Qualsiasi cosa voglia significare il termine pensiero esso sicuramente dipenderà da una memoria, ma non credo si possa supporre che sia la sola memoria a "innescare" (termine che io credo appropriato) il pensiero umano. Hai bisogno di capire come il pensiero attinge dalla memoria e come la usa. E a ben guardare sembra che il pensiero sia qualcosa di diverso dalla memoria, per cui devi supporre che ci sia un omino dentro che attinga dalla memoria. Ma non è così che funziona o sembra funzionare. Quindi è presumibile che il cervello nel suo insieme sia il pensiero. Come questo possa avvenire non lo sa nessuno. Cambiare strategia e passare dal silicio al carbonio non cambia un gran il problema. Citazione:
Allora, tralasciando l'aspetto fisico della questione che non dovrebbe interessare in questo argomento, io presumo che la diversità dalle altre forme di intelligenza (animale e sintetica) sia nella possibilità di porsi la domanda che ciò che sto per andare a fare sia giusto, o vero, o meritevole di farlo. In base a questo io pongo la possibilità di dubitare che una proposizione sia vera, e di decidere quale veramente sia quella vera. Tu mi chiedi se il dubbio si sia insinuato nella memoria e che sia una programma utilizzato dall'uomo per via della sua evoluzione. Non lo so, è anche probabile che questo sia la risposta giusta, ma bisogna anche dire che il pensiero riesce a darti una risposta anche nel dubbio e non vedo come questo possa divenire un programma da rigenerare da un'altra parte. Ecco perché credo, e suppongo, che il dubbio sia il modo più diretto per constatare la mia diversità dalle altre forme di intelligenza poiché un programma che potrei chiamare: "dubbio", è altamente difficile da inserire in qualsiasi altra forma di intelligenza perché esso dipende anche dalla possibilità che il pensiero sia cosciente. Non basta che una macchina (o un altra forma di intelligenza) dubiti, deve prendere coscienza del suo dubitare e diventare esperienza cosciente. Per cui il pensiero dubitante è un pensiero cosciente che non elabora solo l'informazione ma assume l'informazione come esperienza completamente diversa da quella che avrebbe una macchina. Che se ne fa una macchina di un dubbio? Perché dovrebbe decidere di dubitare? A caso? Deve sentire, ascoltare, percepire, amare, capire, soffrire ecc. ecc. deve esprimere un sentimento, e deve esserne cosciente. Se tieni presente tutto questo il dubbio non sembra nato prima, ma assieme all'esperienza cosciente. Il dubbio nasce con l'esperienza cosciente e si fa pensiero veicolante di una memoria (ora si) "vissuta" e "percepita" in prima persona. Una parola sul pensiero assoluto. Io percepisco che c'è qualcosa lì fuori che è qualcosa in sé che io mi rappresento in me. Se riesco a percepire qualcosa che è fuori, posso pensare che l'assoluto sia qualcosa che è lì, ed io sia una parte del tutto. Se penso a questo ne deduco che non ho un pensiero assoluto, ma solo ciò che posso percepire in prima persona che è comunque parte dell'assoluto. |
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