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29-12-2007, 23.00.23 | #44 |
Ospite
Data registrazione: 29-12-2007
Messaggi: 25
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Riferimento: Il suicidio può essere ammissibile?
Essendo il suicidio il rimedio più estremo, immagino che alla base del suo utilizzo non vi sia nulla di razionale e chiaro. Insomma, non credo che neanche chi abbia intenzione di suicidarsi sappia con chiarezza perché fa ricorso a questo. Per cui. Non è ammissibile l'idea di togliersi la vita. Tuttavia, è comprensibile.
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31-12-2007, 17.32.11 | #45 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: Il suicidio può essere ammissibile?
Rischi del suicidarsi? Naturalmente la mia era una battuta, Oxymoron. Tuttavia rischi ci sono: innanzi tutto quello di non riuscire, con la conseguenza di fare una figura patetica o barbina, di perdere la fiducia in sé stessi e di dover magari ripetere il gesto cercando altri mezzi….E se, seguendo il tuo ragionamento, chi ha deciso di uccidersi dovrebbe cercare il mezzo sicuro, potrebbe giungere a far saltare l’intero caseggiato. Piuttosto il problema sta nel chiedersi se per il suicidio una giustificazione c’è (che era del resto il tema di partenza di questo argomento) o se, pur essendo un atto che tu ammetti essere comprensibile, non c’è veramente nulla che lo giustifichi, mentre vediamo popoli interi esaltarlo e dare ai suicidi il nome di martiri. Forse è un atto che scava talmente nelle radici del nostro essere che rende persino impossibile concepirlo e suggerisce null’altro che una misteriosa pietà: anche se nel poema dantesco è riservata una pena veramente dura a coloro che “han voluto per ira essere nulla”.
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01-01-2008, 19.53.09 | #46 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 24-12-2007
Messaggi: 41
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Riferimento: Il suicidio può essere ammissibile?
Citazione:
Giusto per non confondere le mie idee con quelle di un altro utente, io sono Nefonos e non Oxymoron Comunque rischiare di fare una figura patetica o di perdere la fiducia in sè stessi non sono rischi per un suicida, inoltre un individuo che ricorre a tale atto non ha certamente fiducia in sè già prima della sua autoeliminazione, sennò avrebbe cercato una soluzione differente. Voglio inoltre chiarire che tagliarsi le vene o avvelenarsi non hanno mai portato a un'esplosione dell'intero caseggiato...pur essendo questi, due modi per togliersi la vita senza il timore di errare nell'intento. Per quanto riguarda la seconda parte di ciò che hai scritto, posso dirti di aver già risposto precedentemente. Ritengo inutile riportare continuamente la risposta che ho dato alla domanda. Auf Wiedersehen |
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02-01-2008, 14.33.42 | #47 |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-12-2005
Messaggi: 1,638
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Riferimento: Il suicidio può essere ammissibile?
Ho letto con attenzione la presente discussione.
Ho sempre pensato che la filosofia sia il miglior gioco al quale la nostra mente possa partecipare. Non ci sono né vinti né vincitori e le regole di questo avvincente e lusinghiero gioco possiamo cambiarle quando e come desideriamo. Se il risultato è a noi sfavorevole non facciamo altro che re-impastare tutto, dare una veloce occhiata alla panchina ove giacciono i pensieri adatti alla partita del momento e iniziare a tessere un nuovo gioco mentale il cui risultato, stavolta, quieterà il tormento del “ciò che ci appare”. Eh si!…perché un buon filosofo sa che quel “ciò che ci appare”, con calma e perseveranza, può assumere parvenze diverse, valide tanto quanto quel “ciò che ci appariva”. Suicidio e filosofia…o meglio, filosofia del suicidio. Valutando il gesto, il suicida non ha lasciato corso naturale alla propria esistenza e non ha rispettato quell’impulso alla sopravvivenza che è il propulsore della vita stessa. Egli ha dimostrato che la vita può essere battuta, vinta, annientata. Tutto ciò rappresenta il fallimento della vita ovverosia di ciò che consideriamo indubbiamente il bene per eccellenza e che la volontà dell’uomo, in questo caso, è in grado di superare in potenza. L’uomo ha saputo dimostrare a dio che può farsi beffa quando e come vuole di lui, restituendogli velocemente ciò che egli, con la solita immensa superbia, ha voluto donarci credendo di fare del bene ad una materia inanimata, che inanimata vuole ritornare!... Dio ha sbagliato creando un uomo ancor più potente e coraggioso di lui, capace di privarsi del bene più grande. E se non ha sbagliato lui allora l’errore è della natura la cui prova del fallimento assoluto sull’aspettativa esistenziale deriva proprio da quel gesto di auto-distruzione. Il dubbio ora, tutto filosofico anch’esso, è chiedersi se sia sufficiente far “giocare” la filosofia solo attorno al gesto estremo, affinché la partita possa dirsi completa ed esaustiva. In questa discussione credo sia stato dato ampio margine d’interesse al suicidato analizzando codesta azione si, da un punto di vista etico-morale, ma il cui fulcro dell’emergente “giudizio” ha poggiato quasi sempre sulla vita del suicidato e quasi mai su quella del “chi resta”. Io ho esperienza diretta del “chi resta”!... …e qui non si può mica tanto più giocare con la filosofia…la partita comincia a diventare dura e ci si deve arrangiare perché il suicidato mica ti da più una mano. La vita reale che ti si presenta da una parte e il pensiero da adattare dall’altra. Rapida occhiata alla panchina dei giocatori…i greci troppo pessimisti, Schopenhauer peggio che peggio…tanto è pessimista che pure sembra esaltare il suicidio . Per Seneca & C. addirittura trattasi di “estrema ragione”. Ma ad una filosofia del “chi resta” ci pensa nessuno? A “chi resta” rimane una stanza vuota insanguinata, macabro palcoscenico di un corpo dilaniato, una vuota cartuccia il cui contenuto si è perso tra il soffitto scagliando prima violentemente pezzi di vita in ogni dove, quasi a volerli tirare addosso con spregio a questo mondo che dapprima l’ha voluta e poi rifiutata. A chi resta rimane un vuoto pensiero da riempire con quella sofferenza che è stata rifiutata dal suicida e che sembra galleggiare prima, e trasferirsi poi, come fosse anch’essa governata dal principio dei vasi comunicanti. Non credo pertanto sia corretto filosofare solo attorno al gesto arrivando a conclusioni generalizzate…io penso che il suicidio non sia sempre “condannabile”…a chi però ha intenzione di porlo in atto consiglierei anche di consultarsi con la parte “che resta”...oltre che con se stesso. |
02-01-2008, 16.12.48 | #48 | |
Ospite
Data registrazione: 31-12-2007
Messaggi: 13
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Riferimento: Il suicidio può essere ammissibile?
Citazione:
Fallimento? non penso possa definirsi fallimento. Non disprezzo il suicidio in quanto atto fisico, ma il suicidato in quanto ha deciso di togliersi l'unica cosa che è degna di essere vissuta: appunto la vita. Ma una vita misera, povera priva di esperienze, relazioni, emozioni, sogiogata da un nulla, da un ozio, da una malattia, un vita vuota, spenta che non ha voglia di uscirne è forse degna di essere vissuta? questo è un mio punto vista, certo, ma non ritengo ciò una vita. Non "tollero" neanche le persone che si suicidano perchè piene di debiti o afflitte da problemi familiari, finanziari o emozionali, tutto ciò è risolvibile, in un modo o nell'altro o se anche non fosse non è certo questo un modo di risolvere i problemi. Preferirei togliermi la vita quando so che non ho più niente da apprendere, da vivere o da provare nella mia vita, cosa che non accadrà mai in quanto non si finisce mai di "vivere la vita, tranne quando essa si spegne". Il suicidio, quotando sopra, non è "proprio" ammisibile, ma deve essere compreso, questo si. "Chi resta"? forse si è vero, non rimane altro che vita sparsa per la stanza ma dobbiamo domandarci anche il perchè quella vita è sparsa li...capire perchè l'ha fatto e forse compatirlo, comprenderlo o arrabbiarci per l'insignificante motivo ma dobbiamo comunque comprendere il perchè. Chi resta, secondo me, dovrebbere chiedersi il perchè l'altro se ne è andato. |
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