Riferimento: In nome di Dio
Eppure no, non mi pare che religione e fede si equivalgano: io ho detto, in altri interventi, di essere contro le religioni – tutte le religioni – anche perché dividono quell’impulso che chiamiamo fede e che può rimanere intatto non solo se non crediamo nelle religioni e se ci fanno orrore i roghi che le religioni hanno ispirato, gli scempi che ancora ispirano in tante parti del mondo, ma perfino se non crediamo nell’esistenza di Dio.…Ed è come se la fede superasse ogni lingua e ogni orizzonte e non perché, come i buoni cattolici certamente pensano, la nostra religione è più vera e più elevata di quella degli altri, ché anzi è pronta, come quelle, a farsi politica e a servire interessi che non sono quelli della fede e forse neppure della religione. E mentre proprio il fatto che non c’è una religione sola ma molte dovrebbe convincere gli uomini a dubitare della validità della fede, questa non cessa di far parte della loro esistenza, e proprio coloro che si dichiarano atei lo sanno e si dicono atei perché la fede non è sparita da loro e non c’è conquista scientifica o logica filosofica che basti a distruggerla. Perché il sommo mistero è questo: che la fede rimane anche se Dio non c’è.
Del resto, che altra soluzione rimarrebbe a Dio (ho chiesto a zero nel dibattito sulla “sesta prova”) per liberarsi dalle maschere in cui l’uomo lo serra? Voglio dire liberarsi da quella corona di spine che sono nobili e menzognere parole, da quegli attributi – onnipotente, creatore, giusto e misericordioso, dio degli eserciti e dell’amore…. - che come grani di un ininterrotto rosario tutti, dai più raffinati filosofi ai devoti più rozzi, fanno scorrere fra le chiacchiere della giornata, quasi non fossero in grado di concepire Dio se non attraverso le loro emozioni, rendendolo simile a loro? D’altra parte che cos’è questo fantoccio creato dall’uomo se non una contraffazione di quell’assoluto a cui l’uomo per la prima volta ha elevato la mente strappandosi dai terrori e dalle avidità della terra per una fede che trascende tutto?
Dio come uno sfregio dell’assoluto, come corruzione della limpida verità – come una chiesa che vuol catturare l’indefinibile e costringerlo al nostro servizio, farne un’effigie da mettere sugli altari o da rappresentare sulle bandiere per atterrire i nemici e condannarli all’inferno. Un Dio che noi non potremo mai afferrare, che ci lascia soli e non risponderà alle nostre preghiere fossero pure quelle di un popolo martirizzato o di un individuo all’orlo della disperazione e della pazzia; un Dio che alla fine per noi non esiste, anche se la fede sembra cercarlo, l’intero universo sembra rincorrerlo espandendosi in quell’orizzonte infinito che è il solo in cui la speranza di incontrarlo non è resa vana, perché solo in quell’orizzonte il fantasma che abbiamo plasmato a nostra immagine e somiglianza perde gli orpelli di cui l’abbiamo adornato affinché servisse ai nostri bisogni, e all’infinito non si vede più o è solo una fievole luce al fondo di un cammino che la nostra fede non ha ancora smarrito.
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