si, in un certo senso è anche cme dice Socrate78.
Tornando al discorso d prima pero’, la tragedia cn la sua catarsi finale o la sua risoluzione forse, caro emmeci (se ho capito bene) la interpreti probabilmente in modo quasi nichilista, cioè a dire uno stadio in cui l'eroe ha affermato si sè stesso (quasi cme il superuomo al di là ache della giustizia e della morale consolidate, rompendo gli schemi e addirittura proponendo una nuova morale, un nuovo assoluto, fatto proprio dalle azioni senza se e senza ma del protagonista) ma sapendo al tempo stesso che quello era l'unico modo per dar senso al suo eterno presente poichè nella vita tutto il resto (gioie e tormenti) sono vane illusioni. Se nn fosse che cmq per la tradizione greca esiste un aldilà cn delle divinità ecc...sembrerebbe buddismo secondo cui l'io dei desideri alla fine s accorge della terribile fragilità delle cose e diviene esso stesso effimero e si annulla in
Un assoluto ma che nulla ha a che vedere cn il mondo…un assoluto stato d pace e d redenzione dal dolore e dalle illusioni della gioia. Solo qsta sprezzante consapevolezza d affermare il proprio io immanentemente ma cmq sempre al di là d tutto (forse unico modo x poter davvero restare nell’eterno presente del mondo che prosegue la sua strada attraverso varie epoche ovvero exere ricordato nella storia dell’uomo) mosso all’inizio da “cose” terrene ma poi (cio’ che accoumuna molti eroi) destinato all’assoluto e alla liberazione, solo qsta volontà ferrea giustifica il fatto che il superuomo abbia diritto a porsi al d là del bene e del male, al di là del mondo, proprio xchè ha in primis ucciso il suo vecchio sé stesso ed è teso verso una spirale vertiginosa di volontà assoluta, di eroismo fine a sé stesso e di nulla.
Insomma sembrerebbe una vita da superuomo-buddista ma inserita in una cornice teleologica di redenzione ultima anche a livello di aldilà (campi elisi (beh qsti erano romani…ma cmq….il concetto è qllo), vita da dio nell’olimpo ecc).
Cmq, x il rispetto che ho d una mente elegante cme la tua, emmeci, sempre pronta a confronti non banali e appassionati, volente o nolente debbo cmq risponderti.
Ma la mia risp forse nn t piacerà.
(Premetto sl una cosa ad emmeci: scrivi in modo molto bello ma xme complesso e pieno d riferimenti colti, e onestamente nn ho capito tutto …)
Leggendo le tue interpretazioni (ripeto molto plausibili ex-post) m rendo sempre piu’ conto che cmq qsti “fini” o qsti “sensi di valore” della tragedia o della commedia non sono altro che un’ennesima tragicommedia (cme diceva Socrate78 ), in quanto nn sn altro ke il desiderio d spiegare e d inquadrare in modelli organizzati e comprensibili le cause della ricerca dell’uomo (in qsto caso cme conoscenza mitizzata dei grandi temi della vita (tragedia) e delle piccole cose del quotidiano che cmq le donano quel sapore unico (commedia??)).
Secondo me infatti sicuramente ki scrisse le tragedie greche nn aveva in mente in modo esplicito e propriamente conscio i fini, che tu emmeci, fai emergere interpretando oggi gli scritti di allora (ma infatti lo dicevi anche che spesso lo stesso poeta nn sa a priori e consciamente quello che poi sarà l’anima della sua opera, qll’anima poi condivisa dalle altre soggettività che s fa convenzione e resta nell’immaginario collettivo come arte).
Però ritorno al mio discorso iniziale, xme, gli scritti classici in questione sono un tentativo di ricerca del vero, un tentativo intuitivo di raggiungere un assoluto, di “vedere le cose fuori dal sistema delle cose stesse, trascendendolo”, di dimostrare lo stupore xil paradosso e (cosa tipicamente umana) di chiedersi cmq un perché.
La catarsi finale allora forse nn è altro se nn una presa d’atto dei ns limiti ma anche e soprattutto, della ns irriducibile tensione a superarli. Quindi una sorta d superba e orgogliosa rassegnazione che porta l’eroe alla pace, che lo porta ad aver assaporato la’assoluto (o cmq un riflesso d esso), anche solo xun istante, certo però che nell’aldilà la sua consapevolezza sarà cmq perpetuata, di piu’ onorata. (I buddisti per es. fanno un passo in piu’ smascherando acnhe qsto residuo di “egoismo” , vedendo cme illusione anche lo stesso al di là).
Di piu’ nn saprei dire…e ora se sn andato ancora fuori tema…farò, NON come l’eroe, ma come l’umile gregario che è pronto a prendersi la strigliata (in qsto caso, io x vergognosa mancanza d cultura artistica-umanistica sul tema trattato). Mi aspetto quindi che da te m arrivi tosta la soluzione del koan che chiede quale sia il suono d una sola mano (cioè ‘no scappellotto in testa
XD) se t ho fatto perdere tempo cn discorsi ancora, e per l’ennesima volta ahimè, che nn c’entrano.
Aggiungo sl ke in fondo anche l’arte è un sapere (mediato, analogico, non scientifico) e cmq un altro modo x evocare a noi qlle contraddizioni che, se sappiamo aggirare cn l’immaginazione, c portano a gradi d consapevolezza piu’ elevati e c avvicinano all’assoluto.
In fondo è tutto un modo x dare forma e intelligibilità al ns abisso interiore anche se mai s riuscirà a farlo xvia diretta ed empatica ma solo mediata…ecco un’altra ns tragedia….
ciao