Nostalgia degli istinti
Leggevo di recente un saggio (Psiche e Techne di U.Galimberti) nel quale si parla della “tecnica” (cioè la capacità dell’uomo di raggiungere uno scopo tramite l’azione e sulla base della propria conoscenza ottenuta tramite l’esperienza) come la caratteristica peculiare dell’essere umano, necessaria per sopperire alla mancanza di quegli istinti che invece possiedono gli altri animali.
La teoria
In sintesi secondo questa teoria (si veda Gehlen, Galimberti,…) non è necessario definire, secondo la tradizione Platonica ereditata nella filosofia occidentale con Cartesio, l’uomo come animale dotato sia del corpo (materiale-naturale) che dell’anima o intelletto o coscienza, che lo differenziano dal genere animale (dualismo). La differenza tra animale e uomo è che questi è privo di quella dotazione biologica istintuale e di specializzazione morfologica, che gli consente di vivere all’interno di un ambiente naturalmente predisposto; essendo dotato solo di così dette “pulsioni” (vedi Freud, Gehlen) e non di veri e propri istinti, deve utilizzare l’agire tecnico per crearsi le condizioni adatte alla sua esistenza.
Riflessione
Attraverso la tecnica, l’uomo manifesta la sua capacità progettuale, ossia di raggiungimento di un obiettivo attraverso la manipolazione della natura, della realtà che lo circonda; ritengo che l’uomo contemporaneo (l’homo videns, come lo chiama Sartori) abbia costruito intorno a se una “natura” che, attraverso l’istituzione di convenzioni e abitudini, lo riporta alla condizione in cui si trova l’animale privo di tecnica. Infatti le convenzioni, la routine, cui è immerso l’uomo che vive nella società contemporanea, creano “l’ambiente naturalmente predisposto” in cui l’uomo può muoversi senza ricorrere alle capacità progettuali: le abitudini in sostituzione delle dotazioni istintuali di cui è biologicamente carente. È come se l’essere umano avendo “nostalgia” di quel comportamento istintuale caratteristico delle specie animali da cui, evolutivamente parlando, discende, si fosse creato, grazie alla tecnica ed alla capacità di modificazione della natura, le condizioni ambientali per vivere secondo quel modello ancestrale. Questo, però, lo riporta ad un comportamento per così dire “animalesco” che non richiede più, nella maggior parte delle situazioni, il ragionamento, la riflessione e l’uso di quella stessa tecnica che gli ha permesso di definire le regole-convenzioni; l’uomo si trova perciò imprigionato in una “gabbia” di abitudini e comportamenti automatici, quindi nuovamente istintuali.
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