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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
17-08-2007, 06.39.20 | #3 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: La morte autentica
“La morte è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come se fossi nascosto nella stanza accanto….” Forse è uno sbaglio cercare consolazione nelle parole di un santo o un filosofo, e mi domando: può la nobile retorica di Agostino dare conforto a chi è stato colpito dallo scandalo della morte? Non significa un voler esorcizzare la morte invece di immergersi in essa per trovare…che cosa? Un significato? Una dimostrazione? Forse una grazia? E non sarebbe sempre un atteggiamento da primitivi; che cosa può dare a noi, esseri civilizzati, che possa ristabilire lo splendore dell’essere sulla tenebra che l’ha offuscato o, più semplicemente, asciugare le lacrime di chi ha assistito allo strazio di un corpo che sembrava immortale? Eppure proprio questo ha rappresentato uno stringente, continuo impegno dell’uomo sotto qualsiasi cielo e in qualsiasi tempo - la ricerca di quella parola magica che ci faccia capire perché, e ci renda in qualche modo amico questo mistero.
Gli etnologi spiegano che il primitivo cercava di ristabilire, con mezzi rituali, l’ordine sconvolto dalla morte, il pericolo che poteva venire da fantasmi vaganti, o sostenere colui che doveva superare le prove di una lunga strada…e, in fondo, anche oggi non facciamo che ripetere questo rito, fino a che tutti, davanti agli idoli della tribù, ci mettiamo il cuore in pace. Poi, con l’aiuto della filosofia, l’uomo deve aver cercato un conforto più razionale allargando il suo sguardo alla storia che fiorisce sopra miriadi di morti e rovine di popoli e civiltà, ed è sempre pronta a farti credere un vincitore e a trovare in te stesso, nel fatto che vivi, la giustificazione di quello sconvolgente mistero. Il risultato è stato, per noi occidentali, una religione senza problemi, la fede in una salvezza che non poteva essere rimandata al dì del giudizio ma stava qui, nella vita e non nella morte, che non t’impegna per molto e costa al massimo qualche lacrima e una domanda a cui non segue risposta. Troppo duro sulla morale di un mondo al quale il caso ci ha consegnati? Certo l’uomo ha qualcosa di meno o di più della sapienza dei santi e dell’apatia delle fiere, qualcosa che lo comincia a corrodere davanti alla famiglia, al villaggio, alla nazione, a un’umanità che pure si strazia le membra: una pietà che sembra essere una proprietà o una mania di questo pianeta di fronte al fuoco gelato del cosmo….E che cosa poteva portare di consolatorio una scienza che aveva distrutto ogni illusione che l’uomo avesse nutrito di essere il beniamino di Dio e il signore del mondo? Pietà….forse ciò che l’uomo sente nel momento della morte di altri esseri e alla fine di sé è qualcosa che cancella la colpa d’origine, il male delle nazioni, e che ha attraversato il cosmo fino a giungere a noi - e non ci insegna il divenire del cosmo che è questa la verità, che l’aprirsi al tutto è l’unica morale che lo accompagna, il solo scopo a cui tende? Un aprirsi che potrebbe essere inteso come uno sforzo per raggiungere l’infinito…. Forse è questa la sola luce che può illuminare la morte di un idiota o un eroe – cioè la catarsi della tragedia - questo pensiero dell’infinito che contiene il supremo significato di questo rincorrersi di vita e di morte, la risposta alla domanda: perché il nulla invece dell’essere? Non sono parole….Ho perso anch’io qualcosa di insostituibile come una parte di me e ho vissuto il suo strazio minuto per minuto durante i mesi dell’agonia, cercando di strappare a Dio una dimostrazione di pietà, ma ho dovuto capire che la pietà è cosa degli uomini, fino a farmi immaginare che la nostra pietà potrà un giorno contagiare Dio. Riconoscendo alla fine che proprio l’universo creato da Dio poteva insegnarmi qualcosa, cioè che la morte è un invito ad aprirsi agli altri anzi un aprirsi a tutto – a raggiungere almeno col corpo quello che il pensiero dovrebbe sapere, cioè che l’unica moralità, l’unica salvezza è, per ogni essere di questo universo, vivere nell’infinito. |