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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
02-07-2007, 07.05.10 | #3 | |
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Alla Luce di tutto ciò penso che una migliore comprensione del testo in questione sia data dal buon senso
poiché in realtà le sentenze che lo compongono <<erano destinate a servire come temi di meditazione>> come avverte Marcel Granet ed aggiunge: <<Sarebbe inuile cercare di attribuire loro un senso unico[...]>> <<Seguendo la logica stringente di Guénon>> continua il traduttore Nutrizio <<non tutti gli Occidentali sarebbero condannati a non aver accesso alle forme di pensiero, in questo caso, della Cina antica (visto che la tradizione cinese, anche quella profonda <si è perpetuata fino a noi senza interruzione>) Sfuggirebbero a questa interdizione quelli fra gli occidentali che si fossero messi nelle condizioni per la comprensione indicate più o meno direttamente da Guénon stesso[..]; ma la domanda è: per quel che riguarda la Cina, se ne conoscono che si siano messi in queste condizioni e soprattutto, ce n'è qualcuno che abbia lasciato una traccia reperibile in lavori accessibili al pubblico occidentale?>> Domanda che non porterà purtroppo che ancora una volta ad un niente di fatto.. tra difficoltà linguistiche e culturali.. studi <<dal di fuori>>.. Così sembra concludere il Nutrizio. Ciò che a mio avviso è importante è situare lo scritto di Lao-tzu nel contesto storico del tempo! Si parla di periodo ormai di corruzione e decadenza dei regnanti.. Oltretutto Lao-tzu era stato sino a quel momento a servizio dell'archivio imperiale, seppure ancora molti non siano così d'accordo sulla sua reale identità storica.. Scritti di 2500anni fa.. la maggior parte degli scritti taoisti sembra resti ancora celata persino agli stessi cinesi.. Contemporaneo di Confucio, in linea con lui verso il sentire forte il bisogno di riformare la politica dell'impero eppure da quest'ultimo si discosta proprio per una via al di sopra delle parti, metafisica.. [ Meglio di me si può leggere qualche riferimento su: http://www.esonet.org/Application/vi...20taoiste' http://www.filosofico.net/Antologia_...E%20CIN G.htm http://www.filosofico.net/iltaoismo.htm http://spazioinwind.libero.it/popoli...o/TAOISMO.html ] Non credo abbia senso condannare un pensiero che altro non è che l'analisi tagliente della realtà.. né per questo soffermarcisi per trarne una qualche affrettata e succinta morale! Come a dire che la conoscenza dell'umana mente giustifichi le imprese criminali in virtù d'un concatenamento logico consequenziale degli eventi! Studiare la mente è il primo passo verso la libertà (dalla schiavitù della non conoscenza di sé e dei propri modelli che muovono alle azioni!) Questo doveva ben saperlo Lao-tzu quando scriveva anche solo al primo capitolo "La conoscenza che l'uomo ha del Principio universale dipende dallo stato del suo spirito." [Si legga anche in relazione al ruolo dei sovrani il capitolo LXII: "Non perché si compiacciano del loro scettro e della loro quadriga. Ma perché meditino sul Principio (procedano nella conoscenza e lo sviluppo negli altri)" ] Lao-tzu prende a spunto la realtà del suo tempo, poiché lo scritto da quanto ne sappiamo sembra comunque essere stato spinto da esigenze politico-didattiche; sceglie di ritirarsi dall'investitura a corte e lascia il suo "testamento" richiesto o meno -della storicità degli eventi dettagliati c'è molta nebbia.. Citazione:
Non si possono interpretare le parole fuori dal senso e dal fine dello scritto di Lao-tzu senza che ne esca un senso forzato che fa a botte con la filosofia che ben risalta dall'intero sfondo degli scritti! Il Taoista quanto il più "politico" Confuciano crede e fortemente nelle virtù morali, ma non tanto dell'uomo <comune> quanto dell'ispirato che segue la Via! Poiché l'unica vera virtù che non degenera negli opposti complementari è quella indicata dalla Natura stessa, "Natura" che sta ancor prima del senso della manifestazione attraverso gli opposti : il Tao dunque! Ma del Tao "Vero" <non se ne può parlare> ciò di cui si parla non è che un riflesso sbiadito del Tao, quello che occorre agli uomini per ritornare allo stato di <Quiete originario della Natura>! Ed allora le sue sentenze meditative fungono allo scopo didattico secondo la verità che ognuno potrà leggervi in rapporto alla conoscenza che ha di sé, la <libertà>! Ecco allora che lo sforzo non ha ragioni di sussistere essendoci una Forza molto più potente (ed inderogabile!) in grado di armonizzare e dirigere ogni evento, non "il Fato" ma l'armonizzarsi secondo Natura! Conoscere le regole del Tao significa non intralciare il Senso degli eventi e quindi essere liberi ognuno secondo la propria naturale indole e il (proprio) posto di interconnessione! Più un'analisi che una filosofia <ricercata>, se così mai s'intenda il filosofare! Allora la non-azione sarà il semplice seguire il flusso degli eventi nella comprensione che causa ed effetto non sono che i lati di un'unica realtà inseparabile e la libertà dell'uomo consisterà proprio nel sapersi muovere tra gli eventi riconoscendoli sotto la loro apparenza per null'altro che simboli d'una unica interconnessione, d'un'unica anima: il Tao, dunque. Gyta |
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03-07-2007, 17.01.20 | #5 | |||
weird dreams
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Sproloquio
Ho cominciato a leggere il testo del primo link ma ho subito dovuto fermarmi per proporre correzioni:
Citazione:
Nulla da dire ..la mia conoscenza del tao, come quella dello zen, equivale a zero. Citazione:
Citazione:
Qui trovo parecchia confusione. La frase demistificata risulta così: <<“esistenza che si manifesta” diventando diversa dalla “manifestazione della non-esistenza”>> …e pare non consenta di sviluppare grandi idee (ma forse non è questo l’intento dell’autore, dunque mi chiedo quale possa essere se è chiaro almeno a lui). In modo più chiaro e longevo si può dire che l’esperienza-osservazione-interazione (a mio avviso concetti equivalenti) consiste nella rappresentazione, concetto a mio avviso ben assimilabile a quest'altro: “categorizzazione”. Rappresentazione dunque come costituzione di un ordinamento [Ora, sapendo che il concetto di ordine non è limitato alle infinite possibili successioni di un numero infinito di elementi ma sconfina in gradi di generalità crescente (cardinalità) oltre che densità, non ci stupiremo di quale complessita esso (l’ordine) sia il concetto generale.*] a partire da quel concetto astratto che chiamiamo differenza (che sottende il contrasto). Senza differenza non c’è rappresentazione, senza rappresentazione non c’è esperienza, senza esperienza… non avremmo nulla da comunicarci (neanche la confusione)! *Ad esempio la cardinalità dell’insieme dei numeri naturali è uguale a quella dell’insieme dei numeri razionali ma minore di quella dei numeri reali ||N||<||R|| (mentre ||N||=||Q|| poiché l’insieme dei razionali è numerabile) (le doppie barre indicano che si sta considerando la cardinalità degli insiemi tra esse inclusi). (La densità invece segue quest’altro ordine: N<Q<R). Offro ulteriori approfondimenti sproloquiali su richiesta. Mi tratterrò dal farlo altrimenti. Ultima modifica di z4nz4r0 : 03-07-2007 alle ore 17.45.32. |
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03-07-2007, 19.56.57 | #6 |
like nonsoche in rain...
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Complesso è solo artificio della mente
che pretende di linearizzare il fluire della realtà di comprenderlo nelle anguste stanze del pensiero e renderlo a simbolo con utili ordinamenti come unica modalità di rappresentazione Ad ogni angolo questa presunzione porta buio nella luce delle intuizioni ed i messaggi emergenti dall'essenza vengon travisati, derisi, fuorviati, ma poco lungimirante, a volte, è la nostra presunta facoltà di conoscere, d'ordinare ed d'apprender concetti lineari per la necessità di comunicare La mente dice che un reale non può comunicare con un razionale (bello il mescolarsi tra matematica e parlar comune a espressione del fatto che l'uno è mescolato nell'altra) così come veramente un musicista non potrà che spiegare la sua melodia a chi gli chiede di farlo se non ripetendo ancora una volta la stessa melodia, peraltro infinitamente differente dalla prima; cosa sia dunque comunicazione tra cardinalità differenti ovvero quale essenza possa raggiungere il razionale, la mia mente non sa per la suddetta sintesi estrema della sua modalità di preferito funzionamento Ma altre sintesi, ora, che rifuggano dal rigido ordinamento come alito vitale dell'esperienza s'affacciano sull'orlo del precipizio, misterioso agli occhi poco abituati alla luce che sentono, però, di voler cogliere in un'intuizione atemporale il fiume degli eventi di modo che il colore d'ogni azione sfumi naturalmente nella tonalità inafferrabile del corso delle cose nell'armonia sublime tra azione ed evento, pennello e quadro, terra e cielo danza di semplice spontaneità che sopisce l'attrito la dispersione d'energie d'opposizione al fluire poichè il proprio chiuso e limitato sistema diviene via via l'universo A. |
04-07-2007, 09.12.06 | #7 | |||
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Citazione:
Questa è poesia alle mie orecchie (!) Citazione:
Stupendo! Penso sia la migliore tra le strade! La non "religiosità" per una sana vita dell'essere [vedi <spiritualità come anima dell'uomo>] Citazione:
Esatto! (per me, s'intende!) Senza "differenza" non c'è possibilità di scindere l'esperienza tra sé (=identità) e sé (=esperienza) Differenza//differenziazione >> identità >> visione di sé e dell' altro da sé: un giochino chiamato Veste Apparente delle Cose.. (o Uno o Ciò-Che-Ognuno-Sente-Essere).. Così, eccoci qua! Ben vengano gli sproloqui.. sentiti !! Gyta |
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04-07-2007, 12.40.26 | #8 |
like nonsoche in rain...
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Tao...!
(che sarebbe il "ciao!" scambiato dai bambini che hanno appena iniziato a proferir parole "comprensibili" alla nostra mente...)
Seguendo quanto da voi -magnificamente- espresso ovvero seguendo il flusso delle cose, realtà... vostri (miei) sentire... senza porvi alcuna resistenza... ... nella mia mente sorgono aliti di pensieri in quest'afa fresca... necessità di differenziazione affinchè fiorisca una identità, seppur mutevole come l'aria che respiro e per sentire sé e l'altro da sé, bisogno di contrasto, spogliato qui da tutte le sue accezioni negative e come onda che anela al cielo e poi nuovamente si tuffa in mare e dissolve la sua identità nell'unità così scorgo l'indispensabile complementarietà danza degli opposti non vi sarebbe armonia senza confusione, né abbraccio senza differenza, né cose senza relazione, né esperienza d'unità senza la molteplicità dei piccoli sé che si rincorrono come in un respiro cosmico, ma ancora la mia pelle non è paga, ora, uno e altri sento essere sintesi opposte rive dell'oceano l'oceano innominabile che contiene in sé essere e non essere, mai nati a differenza "Questi due sono la stessa cosa alla fonte e diventano diversi quando si manifestano" sempre certo sintesi, immagini affinchè gli occhi vengano illuminati da una nuova luce la mente è sempre qui, ma tra un pensiero e l'altro s'insinua il sentire che anche il gioco può essere trasceso, anche l'uno va reso nudo come la separazione anche il vuoto può essere svuotato, mirando realmente negli occhi la fonte da cui è giunto le parolepoesia tentano così di spiccare il volo per dissolversi in quell'oceano uno, ma non uno generato, ma eternamente presente, in cui ogni categoria s'annulla non essendo mai sorta alla vita e perfino l'uno si fonde con la molteplicità i quali contemporaneamente continuano a danzare in ognuno dei nostri giocosi sé vanità, forse, del tutto che ama specchiarsi in noi A. |
04-07-2007, 16.54.39 | #9 |
weird dreams
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seguito di sproloquio cervellotico e poco poetico
Per richiesta effettuata continuo il mio sproloquio
…la comunicazione (nei linguaggi animali) infatti va considerata come interazione di una certa complessità (o derivazione) (molto grande nel linguaggio naturale umano ed immensa in quello astratto matematico). Differenza può al meglio interpretarsi (o rappresentarsi) come separazione, estensione (ed in effetti è ciò che avviene. Lo facciamo!). Ma di che cosa? Qui, e giusto qui, può essere utile la mistica concezione di “unità”. Quindi preparatevi a non capire. Perché sto per entrare nella mistica confusione. Tutto ciò che pretendo di afferrare e pubblicare come “souvenir” da quel luogo, è una vaga indicazione di quel che... non so. Via! Chiamiamo “unità reale” ciò che prescinde l’esperienza (che dunque non può essere messo in discussione) e, ancora, ciò di cui la massima familiarità che possiamo avere è una oscillante interpretazione “tra intersezione di tutte le cose” e “unione di tutte le cose”. Da notare come la grande complessità di “strutturazione differenziale” con la minima differenza tra gli oscillanti elementi quantici della nostra scientifica immaginazione,* che dà luogo all’ordine di esperienza cui siamo abituati, qui si invertano nella minima differenza dinamica (la sola oscillazione) di una massima astrazione (intersezione-unione). (che fatica!). Esempio: tutte le cose hanno in comune l’elemento costitutivo (della nostra immaginazione) e diciamo dunque che questo elemento (chiamiamolo “quanto”) funga da intersezione di tutte le cose; essendo queste ultime necessariamente estese, questo elemento è diffuso in pacchetti di quantità che vanno considerati estensioni o manifestazioni o virtù o immagini della “realtà unica e oggettiva” Da notare, ancora, come si tratti di trasformazioni qualitative tra differenza di potenziale e intensità (ovviamente non stiamo parlando di elettricità ma più in generale di “trasformazioni energetiche”) dell’esperienza, ove queste quantità non raggiungono mai gli estremi massimo e minimo. Chiamiamo “dualità virtuale” tutto ciò che è oggetto di esperienza (e di cui si discute parecchio). Facciamo dunque equivalere “virtuale” a “manifesto” (partizione del reale; ma in guardia! pensare ad una reale partizione sarebbe fuorviante). Dunque la prima separazione, ove interviene la primitiva forma di esperienza, consiste di estensione (del reale nel virtuale, oggettivo nel soggettivo o come dir si voglia )(attualmente non so offrirne più chiara espressione). …ma qui mi fermo un momento perché una lieve (e)brezza sta sperdendo l’appena orientativa scia di aroma della discussione. *differenza tra le frequenze di oscillazione o energia che rappresentano Sono disponibili altri approfondimenti sproloquiali sempre solo su richiesta! Ultima modifica di z4nz4r0 : 04-07-2007 alle ore 22.08.42. |
10-07-2007, 06.30.31 | #10 | |
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Rendere chiaro il pensiero
La simbologia che indica per sintesi dà ampio spazio all'interpretazione non costringendo a passaggi forzati ma allenando l'intelligenza-razionale all'intuizione, così come i concetti matematici possono fungere da buone immagini sintetiche-simboliche a rappresentazione delle dinamiche di percorsi mentali!
La con-fusione di tanti concetti senza un'adeguata sintesi unita ad un'argomentazione attraverso il contesto specifico non aiuta invece alla comprensione! Mi sfugge, Z4nz4r0, perciò abbastanza il fine delle tue considerazioni e resta francamente difficoltosa la comprensione del tuo pensiero per un esposizione più con-fusa che sintetica.. Comprendo la fatica che richiede il cercare di comunicare e rendere comprensibile il proprio mondo interiore ..non fraintendermi! Eppure.. la chiarezza è a monte del pensiero! Quando il pensiero è chiaro, chiara è la mente e la visione, ma ancor prima l'essere [la non-mente, il <<contenitore>>, il <<vuoto>>]. Citazione:
Riguardo al sopra citato passo del Tao Te Ching ho trovato utile portare altri parallelismi per una maggiore comprensione di quell'espressione così fraintendibile del "riempe il loro ventre" (dal Tao Te Ching cap. XII): << La percezione dei colori offusca gli occhi dell'uomo. La percezione dei suoni gli fa perdere l'udito. La percezione dei sapori deteriora il suo senso del gusto. La corsa e la caccia, eccitando in lui istinti selvatici, gli agitano il cuore. L'attrazione per gli oggetti rari e difficili da ottenere, lo spinge a sforzi nocivi. Per cui il Saggio bada al proprio ventre, e non ai suoi sensi[esteriori]. A questi rinuncia, per adottare quello. (Rinuncia a ciò che lo esaurisce, per abbracciare ciò che lo conserva). >> << Sintesi dei commentari: Il presente capitolo si ricollega al precedente. Il ventre è ciò che è cavo, il vuoto, perciò la parte essenziale ed efficace, nell'uomo.Da esso sono conservati il composto umano e tutte le sue parti mediante la digestione e l'assimilazione. E' perciò il ventre a costituire l'oggetto delle cure sensate del Saggio taoista. Questo spiega perché i ventri ben sviluppati riscuotano tanto consenso in Cina, e perché i grandi personaggi del Taoismo sono quasi sempre rappresentati forniti di grosso ventre. Al contrario, dall'applicazione dei sensi esteriori, dall'esercizio delle facoltà psichiche, dalla curiosità, da ogni attività e passione che deteriorano le due anime e il composto, il saggio si astiene con cura. >> (Cap XI): << Una ruota è fatta di trenta raggi sensibili [percepibili ai sensi] ma gira in virtù del vuoto centrale non sensibile del mozzo. I vasi sono fatti d'argilla sensibile, ma serve il loro cavo non sensibile. L'essenziale di una casa sono i fori non sensibili che costituiscono la porta e le finestre Come si vede da questi esempi L'efficacia, il risultato, provengono dal non sensibile >> << Sintesi dei commentari: Il contenuto di questo capitolo si ricollega [..] al precedente. L'uomo non vive in virtù del suo corpo sensibile [grossolano], ma grazie alle sue due anime non sensibili, la spermatica e l'aeriforme. Di conseguenza, il Taoista bada soprattutto a queste due entità invisibili; mentre la gente comune non ci crede, o non ci fa caso, perché sono invisibili. Quel che interessa costoro è ciò che è materiale, sensibile. Ora, in molti esseri sensibili, dice il testo, l'utile, l'efficace, è ciò che hanno di non sensibile, la loro parte cava, il loro vuoto, un foro. I commentatori generalizzano e dicono: ogni efficacia origina dal vuoto; un essere è efficace solo in quanto è vuoto. Sembra che le antiche ruote avessero trenta raggi perché il mese ha trenta giorni. >> e dal cap. ancora precedente, il X leggiamo dalla sintesi dei commentari: << [...] L'uomo ha due anime, un duplice principio vitale. Prima di tutto p'ai, l'anima uscita dallo sperma paterno, principio della genesi e dello sviluppo del feto nell'utero materno, Più quest'anima aderisce strettamente al corpo, più il nuovo essere è sano e forte. Dopo la nascita, l'assorbimento e la condensazione dell'aria producono la seconda anima, l'anima <aerea> [<aeriforme>], principio dello sviluppo ulteriore e, soprattutto, della sopravvivenza.[...] >> * (1) ----------------------------------------------------------------------- * (Lao-tzu "Tao Te Cing" trad. dal cinese di Léon Wieger -ed mondadori) Per Fallen06: Avendo la possibilità di consultare entrambi i commenti (e le traduzioni) e dell'edizione da te citata dell'adelphi e di quest'ultima da me riportata de "i padri del taoismo" ed. Mondadori, ho trovato quest'ultima maggiormente esplicativa laddove i passi risentissero -a mio avviso!- dell'ostico d'una visione probabilmente troppo ancorata ad una voluta lettura <<politica>> che francamente stride al senso generale dell'opera.. (1) Non amo particolarmente com'è qui esposta questa sintesi sul <duplice principio vitale> ma era d'obbligo riportarla avendo citato la parte del commentario relativo al cap. XI. Un ulteriore link d'approfondimento sintetico sul non agire: http://www.vedanta.it/attivita/articoli/anatta_02.htm Il testo completo del Tao Te Ching si può leggere su: http://www.vedanta.it/sastra/tao_te_ching/indice.htm ------------------------------------------------------------------ Veramente profondo nella sua semplicità espositiva ed utile alla comprensione del "non-agire" è la raccolta dei discorsi sul Tao tenuti da Osho nel libro edito dalla Mediterranee " Tao -Discorsi sul Tao-Te-Ching di Lao Tzu (vol. 1-2-3) : << [..] Lao Tzu è per la totalità, per l'assenza di divisioni. [...] Lao Tzu non si preoccupa della spiritualità; la spiritualità viene da sé; è una fioritura, e non una forma di disciplina. Tu limitati a vivere in modo totale. >> << Si dice che Confucio si sia recato da Lao Tzu. [...]Confucio gli chiese: <<Cosa dici a proposito della morale? Come si coltiva il carattere?>> Confucio era un moralista, e per lui coltivare un carattere elevato era la più alta realizzazione. Lao Tzu scoppiò a ridere, e disse: <<Se sei immorale, sorge per te il problema della morale. E se sei privo di carattere, solo allora ti preoccupi del carattere. Un uomo di carattere è assolutamente dimentico che ci sia qualcosa che si chiama carattere. Un uomo morale non sa cosa voglia dire la parola "morale". Perciò non essere sciocco: non cercare di coltivare nulla. Sii semplicemente quello che sei. >> << Diventare straordinario è facile: richiede solo sforzo, un raffinare, un coltivare, una profonda disciplina interna. Ma essere ordinario è realmente la cosa più straordinaria. Per questo nessuno sforzo è d'aiuto: ti occorre piuttosto un'assenza di sforzo. Nessuna pratica, nessun metodo è d'aiuto: si tratta solo di comprendere. Persino la meditazione non serve. Per diventare un Budda la meditazione serve; per diventare un Lao Tzu neppure la meditazione serve. Solo la comprensione serve. Solo la comprensione della vita così com'è, e il viverla con coraggio; senza sfuggirle, senza nascondervisi, qualsiasi cosa sia, buona o cattiva, divina o diabolica, celeste o infernale. >> Gyta |
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