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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
14-07-2007, 15.54.06 | #12 | ||
weird dreams
Data registrazione: 22-05-2005
Messaggi: 483
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Citazione:
Sembrerebbe che questa teoria del Tao Te Ching escluda “l’atteggiamento intenzionale” [dall’omonimo libro di Daniel Dennet (prof. di scienze cognitive) che ancora non ho letto] dalle cose in divenire.. Intenzione immutabile? Quale immensa determinazione può fornire una resistenza impermeabile (cfr. meccanica quantistica)? Ma impermeabile da cosa poi, che cosa s’infiltra nel resto delle cose per mutarle in divenire?[…] Citazione:
Intervenire nell’ordine naturale? E chi può? Forse c’è chi lo vede imparziale ma ad un certo momento gli viene di immischiarsi? O piuttosto si può vedere solo in parte osservata? {retorica?[retorica?(retorica...)]} E l’osservatore? Quanto è acuta la sua vista? Cosa mai vorrebbe focalizzare nella sua introspezione? Vuole sé medesimo in sé? Vorrebbe vedersi compatto? Sapere tutto immediatamente, sperimentare onniscienza, avere esperienza non mediata? Questo non sembra possibile (cfr. meccanica quantistica>Heisenberg>principio di indeterminazione) ma pare del tutto logico (cfr. matematica>Godel>teorema di incompletezza). ciao P.S. uno spazio dopo i segni di interpunzione rende la lettura più scorrevole Ultima modifica di z4nz4r0 : 14-07-2007 alle ore 16.28.20. |
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17-07-2007, 23.15.55 | #13 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 12-08-2006
Messaggi: 127
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Citazione:
Non si tratta di attribuire immutabilità all'intenzione, ma di cercare di stabilire il ruolo dell'azione intenzionale nel contesto del flusso armonico di tutte le cose,di valutarne la bontà. Citazione:
Il problema, secondo me, si pone in ambito assai più pratico. Che si sia coscienti o meno dell'ordine naturale, che lo si veda parzialmente, superficialmente, in maniera distorta, deformata, o semplicemente relativa al punto di vista dell'osservatore, è bene agire intenzionalmente o meno? Io sovrano, debbo regolare nel modo che ritengo opportuno la vita dei miei sudditi o meno? Io persona, debbo fare di tutto per conquistare la donna che amo o meno? Cose di questo tipo... |
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18-07-2007, 16.49.15 | #14 | ||
weird dreams
Data registrazione: 22-05-2005
Messaggi: 483
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Citazione:
Si, lo immaginavo, ma da come dichiari impostata la questione nel Tao Te Ching << che tutte le cose siano in perenne divenire e che ci sia un movimento continuo fra un opposto e l'altro e che non convenga alterare questa armonia tramite l'azione intenzionale>>, sembra che l’azione intenzionale abbia diversa natura (magia?), provenga da “altrove”. Trovo più interessante considerare l’azione intenzionale come fenomeno emergente: le leggi fisiche si manifestano alla coscienza come intenzioni.* Potrei andare oltre e proporre che la realtà si manifesta alla “esperienza” come relatività** (dove anche si scoprono costanti e si formulano modelli). Ma ho già pronto il dubbio d’aver fatto il grossolano; e allora torno sui miei passi a scovare asperità del mio prodotto. Lo smusso, l’arrotondo… che magari passa qualche altra selezione, ulteriore alla mia mente. E perché non attenuare simili scomposizioni in parti interattive, (virtù dialettiche, catalisi dell’evoluzione) “leggi fisiche che si manifestano alla coscienza come intenzioni”, proponendo vari aspetti di “una stessa cosa” [auto-referenza (parziale ridondanza)]? Detto, fatto, sembra un passaggio necessario e forse lo è, ma con doppio senso. **“In parte la realtà si manifesta con relativa esperienza”. *Intenzioni che intervengono sulla stessa natura che le ha generate {cfr. Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (3° episodio), quando Potter ed Hermione tornano indietro nel tempo per capire delle cose che gli erano sfuggite [l’ho visto l’altro ieri, e ipotizzo sia stato ispirato da una bizzarra interpretazione della elettrodinamica quantistica (cfr. “QED” ottimo libro di Feynman sull’argomento)]}? Paradosso suggestivo del fatto che la natura sguscia via da una stretta descrizione, mostrandosi sempre più complessa e densamente articolata. Citazione:
Praticamente, intendo proporre (e questa predisposizione verte sulla complessità) che l’intenzione conversa con l’evoluzione (ma evoluzione direi ch’è neutrale rispetto al benessere). Dunque direi che infine, dopo una lunga esplorazione, bene o male torni a dipende da quale intenzione. Quel che si stanca, smarrito in questo e quello, sta esaurendo l’intenzione ..come stanco di nuotare tra alti e bassi di varie onde. Sarà immerso nel profondo (riposare) per dar base a questo e quello.. ciao |
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21-07-2007, 11.44.01 | #15 | |
weird dreams
Data registrazione: 22-05-2005
Messaggi: 483
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Citazione:
Può essere utile ragionare intorno a questo; ma prima, per chiarezza, conviene esplicitare il ruolo che ha l’intenzione (come tu suggerivi). Tutto comincia con la comparsa di un interesse, ad esempio il desiderio di un frutto. Sorge subito l’intenzione di esaudire, concedersi l’oggetto per acquietare la volontà. Ciò si traduce nel gesto di cogliere il frutto. Dall’altra parte dell’albero, però, qualcun’altro potrebbe avere avuto la stessa aspirazione; niente di male, a meno che… a meno che si smarrisca l’intesa,* che sostiene l’armonia. Dio non voglia, perché in questo caso, si scatenerebbe l’ingovernabile: un conflitto di interessi! Svincolato, un conflitto, dà luogo a perdite. Sempre e ovunque. * l’intesa consiste nell’uguale considerazione degli interessi, ossia nel considerare gli interessi di chiunque come (i) propri; considerazione, dunque, che non deve essere circoscritta {e non deve esserlo in alcun modo: né a se stessi, né al proprio gruppo sociale, né alla propria specie. Ogni restrizione, in questo ambito, è arbitraria [cfr. cap.1 di “Liberazione animale” di Peter Singer (importante professore di filosofia morale)]}. Nel caso discusso, ci sono due modi per dimostrare l’intesa senza rinunce a priori, e consistono entrambi in una equa distribuzione: in un caso della risorsa stessa (dividendo la mela in parti uguali), e nell’altro, della probabilità di ottenerla tutta intera {giocandosela a dadi o in altro modo che assegni pari opportunità [cfr. “Calcoli Morali ..teoria dei giochi, logica e fragilità umana” di Laszlo Merò (matematico)]}. (Pare che “in natura” le probabilità siano distribuite in vari modi e forme: dagli “stati d’animo” o “percezioni viscerali” nel regno animale, alle misteriose “fluttuazioni quantistiche” nel substrato materiale). Chiarito, come sopra, che l’intenzione si identifica con la tensione ad esaudire un desiderio per tornare in equilibrio, non ci resta che esaminare le varie tipologie di intenzioni (e interessi connessi). |
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01-08-2007, 10.27.39 | #16 |
Ospite abituale
Data registrazione: 10-06-2007
Messaggi: 1,272
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Riferimento: Principio di inazione: implicazioni pratiche e teoriche
Per quanto posso capire (è sempre difficile se non presuntuoso giudicare il pensiero di individui e popoli così lontani senza incorrere in sbagli ed equivoci, come è capitato a grandi filosofi, a cominciare da Platone per arrivare almeno a Hegel), l’inazione auspicata dal taoismo – diciamo così – “classico” (perché poi si trasformerà in un caotico-pittoresco esercizio di credenze, pratiche magiche e perfino di moti di rivolta) dovrebbe comportare il rispetto del flusso naturale delle cose, senza deformarlo o intralciarlo, come descrive con eleganza Fallen06. Cosa, però, più facile a dirsi - beandosi in un idillico sogno - che a farsi, visto che sarebbe proprio quello un esercizio contro natura. Infatti, come l’albero muove le foglie e la libellula muove le ali, così l’uomo, per assecondare la sua natura, dovrebbe ben usare il pensiero e le mani…..e poiché natura vuol dire la vita e la morte, l’uomo deve – come le altre creature – morire ma vivere, perché la morte non è nulla senza la vita e riceve da questa significato e valore.
L’uomo inerte dunque non obbedisce ma si ribella alla natura ammantando di idilliche grazie la propria inazione, che invero si oppone a quello che veramente avviene, perché quel flusso naturale cos’è? E’ l’esplodere di una stella che divora le altre? È il rotolare di un macigno su piante e animali? Il rovinio di case e di uomini? Lo strazio di bambini malnati? Lo scannare un re per averne il trono e la donna? Basta una parola di Eschilo per mandare all’aria i sogni del Tao. Belle queste religioni-filosofie dell’Oriente, attraenti perché sembrano portare un soffio nuovo di verità nelle stanze talvolta chiuse dei nostri filosofi, facendo dimenticare, oltre tutto, la terribile realtà che ci è intorno: mentre neppure i popoli fra cui quelle filosofie sono sorte vogliono oggi accettarne i principi, visto che fanno il possibile per seguire la logica dell’Occidente, con le sue conseguenze promettenti e funeste, tanto che le dottrine di quelle religioni-filosofie che ci incantano rimarranno, presso di loro, come superflui e dispregiati scampoli di un passato da esorcizzare, e solo noi occidentali continueremo a studiarle, talvolta per il piacere dell’esotismo, ma anche perché forti di una coscienza storica che ci permette di accogliere verità e falsità, se non il delirio di ciò che è dopo tutto umano. (Interessante sarebbe – lo dico quasi come un invito a qualcuno di noi - mettere a confronto questo ideale del taoismo con certe posizioni della filosofia occidentale: per esempio, in vista forse di un positivo rapporto, con Schopenhauer e, per un evidente contrasto, con lo storicismo di Hegel e l’evoluzionismo di Darwin, che forse ne rappresentano un’opposizione totale). |