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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
16-06-2007, 18.46.12 | #6 |
Ospite abituale
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Riferimento: Giordano Bruno e le Altre Vittime. Ovvero Religione VS Sapere.
*….forse è sperare troppo, e dobbiamo accontentarci delle parole di rincrescimento del papa polacco…Eppure mi pare che non dovrebbe sembrare tanto diabolica la sua filosofia, se invece di proseguire nella tradizionale interpretazione del Bruno quale assertore del naturalismo rinascimentale o tardo rinascimentale, fino a spingerlo verso la libertà di pensiero e il vitalismo idealistico, si riporta nella sfera della religione il nucleo drammatico di quel pensiero e di quell’esistenza: cioè in quel nodo della fede non solo cristiana ma forse di ogni fede terrestre che stringe e insieme spacca l’intuizione divina, e che non so se tradurre nei termini di trascendenza e immanenza, presi in un senso comunque più radicale di quanto sia ammesso dalle tradizioni teologiche. Un’ambiguità tormentosa - piuttosto che una concezione dialettica - che mi sembra possa spiegare non solo lo stile del pensiero bruniano, ma la sua vicenda interiore, il suo modo di affermarsi e di porsi di fronte al mondo che l’attorniava e l’avrebbe portato alla fine.
C’è qualcosa di sconvolgente, se non visionario, in quegli anni in cui egli diede espressione alla sua nuova filosofia nei dialoghi editi in Inghilterra….Il grande Bruno è là, come se Copernico gli avesse aperto gli occhi e la mente ad una prospettiva che puoi chiamare, più che profetica, estatica o prometeica. Ed è chiaro che nessun altro, in quell’epoca funestata da scontri feroci tra religioni, ha avuto il coraggio di ascoltarlo e tanto meno comprendere la grandezza di quella visione, se non di quella religione nata e finita con lui. Penso di potermi riferire al primo grande testo bruniano – il De la causa principio et uno - vibrante fra l’asse del trascendente e l’asse dell’immanente, cioè fra l’intuizione di un assoluto che è Dio, avvolto nelle qualità attribuitegli dalla fede comune - e l’intuizione di un assoluto che si fa, che vive e muore col mondo anzi con gli infiniti mondi. E ciò che rende drammatica la posizione del Bruno è che il suo interesse anzi la sua passione va alla seconda istanza, mentre non può ignorare né cancellare l’altra, a meno di dichiararsi esplicitamente anti-cristiano, il che non sarebbe vero perché quella fede è ben dentro di lui, nonostante i suoi estri e le tattiche contorsioni, con la forza dogmatica e il corredo di preti e di prìncipi, di fronte a cui la strada dell’immanenza (e alla fine del panteismo) può sedurre come la strada della verità o come una demonica tentazione. Forse parlo del mio Giordano e non di quello che filosofi e critici possono aver percepito e illustrato…e se egli non smarrisce la fede nel Dio che è lassù, si apre tanto più appassionatamente a quello che respira nelle costellazioni e in una polvere di elementi materiali ed umani nella loro evoluzione o aspirazione a un Dio che è essenzialmente se non esclusivamente vita dell’universo. Ed è questa, io credo, non l’una o l’altra proposizione discussa con gli inquisitori, che lo mantiene libero fino alla fine e lo fa andare eroicamente al rogo. Convinto com’è che la morte non è nulla per chi crede nella vita infinita. Così, quanto più si affida a sé e alle forze della sua intelligenza e della sua fantasia, tanto più dimentica il Dio che è lassù, il principio di tutto, la potenza, il legislatore….o lo ricorda quando è costretto a difendersi e teme di essere giudicato eretico, il che non è giusto perché egli (cioè il mio Giordano Bruno) vive il dramma che fu, è e sarà di tutti i fedeli, divisi fra lo slancio della preghiera e il duro lavoro terrestre. Forse, in cuor suo, sarebbe più propenso a credere in quel Dio lassù, a condizione di non dargli forma, di non avvolgerlo nelle spire di attributi e patti idolatrici, cioè di credere in Dio come se non ci fosse, in una sorta di ardimentoso misticismo profano, mentre può con piena coscienza vivere qui, cercare la verità in questo universo, smontare preconcetti e prigioni (siano esse fisiche o metafisiche), teorie incapaci di rappresentare le cose e di competere con la coerenza del nuovo pensiero gettato nell’infinito. Certo, la scienza è solo agli inizi e c‘è il pericolo che in questo sguardo che cerca di cogliere tutto o l’essenza del tutto, vibri una nota eccessivamente spiritualistica se non ebbra ed enfatica, forse derivata dal gusto rinascimentale dell’armoniosa follia e di una catartica contemplazione del mondo. L’ultimo ostacolo mi sembra stia in una limitazione della grande parola – infinito – quando egli ne parla come di una sfera o una circonferenza o concordia di parti e di opposti - ma rimane il sospetto che si tratti di un gioco verbale o una maniera per affermare in qualche modo il potere del Dio della Bibbia, senza compromettersi troppo di fronte ai teologi, che dopo tutto non hanno condannato per consimili espressioni il Cusano – un modo per far balenare nell’infinito immanente il Dio trascendente, cioè il Dio produttore e legiferatore del mondo, tanto che quel modo per così dire geometrico o parmenideo di concepire il tutto è sì liberatorio ma anche in qualche modo frenante, come se non si osasse condurre il volo fino all’estremo e si volesse in qualche modo riposare nell’infinito. Forse io sogno un Bruno libero da inquisitori e quindi spinto a radicalizzare i termini, lasciando Dio nella tenebra per affidarsi alla storia anzi alla tragicità di una storia che non è mai redenta e non si vota all’adorazione dell’Uno, alla retorica estatica o umana, nell’accettazione di un compito che ha solo l’infinito, ossia la vita e la morte, davanti a sé. (A Trismegistus: lode per il tuo intervento a sostegno del Bruno e della verità filosofica, anche se io mi sento meno portato a dare una chance alla parte avversa, come fai quando assicuri che non sei anticristiano e non hai nulla contro l’istituzione ecclesiastica, quasi lasciando capire che il processo potesse risolversi d’amore e d’accordo e i contrasti fra fondamentalismo religioso (tutte le religioni sono fondamentaliste!) e civiltà della ricerca e della ragione siano frutto di malintesi. Ma forse sbaglio e sei anche tu convinto che la verità filosofica non è la verità religiosa, perché la prima si cerca e l’altra la si ha da sempre trovata. Che una filosofia che s’insegna in un’Università Cattolica o Islamica è una contraddizione in termini, e la loro laurea premia coloro che riconoscono il dovere dell’obbedienza e sono pronti a testimoniarlo anche a costo di passare all’infedele la fiaccola del martirio. Magari senza concedergli il colpo di grazia). |
17-06-2007, 11.24.14 | #7 | |
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Riferimento: Giordano Bruno e le Altre Vittime. Ovvero Religione VS Sapere.
Citazione:
Giustamente sarebbe sbagliato porre la verità filosofica come verità religiosa, comunque le rassicurazioni iniziali servivano per evitare eccessivi rimproveri da parte dei più religiosi. Comunque a proposito dell'insegnamento in un'Università Cattolica o Islamica della Filosofia anzichè in un'istituzione laica (es un'Università Statale) è quantomeno virtuale, dopotutto la mente filosofica non dovrebbe avere dei paraocchi dal principio del suo apprendere altrimenti molte verità e teorie non verranno mai pienamente apprezzate da questa mente. Con questo voglio dire che non ha senso fare della Filosofia in un'ambiente condizionato in cui non è possibile far percorrere al pensiero una libera strada che gli permetta di ampliarsi ed espandersi, invero in tali ambienti il pensiero prenderà una via chiusa e statica come fosse un cavallo col paraocchi. |
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25-06-2007, 11.15.09 | #8 | |
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Riferimento: Giordano Bruno e le Altre Vittime. Ovvero Religione VS Sapere.
Citazione:
Troppo poco, non credi? Va bene la tolleranza verso i profittatori, ma accontentarsi di questo è troppo poco. |
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25-06-2007, 11.26.29 | #9 |
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Riferimento: Giordano Bruno e le Altre Vittime. Ovvero Religione VS Sapere.
La Filosofia è servita a dare fondamenti rigorosi alla religione, questa però si è dimostrata subito come la figlia ingrata, subita essa ha accusato le correnti filosofiche antecedenti e contemporanee mostrandosi come l'unica vera manifestazione del sapere e come migliore prodotto della filosofia precedente.
Ci sono voluti mille anni affinchè si tornassero ad aprire gli occhi egrazie all'Illuminismo si era giunti ad un punto di svolta, questo andò bene fino all'Idealismo, ma con il Romanticismo, in particoolare con la corrente di ritorno alla tradizione si ha una "blasfema" rivalutazione del Medioevo e della tradizione religiosa. Si ha di nuovo un nuovo periodo oscurantistico? Per fortuna no, poichè la Scienza, la figlia buona della Filosofia, ha gettato i semi della Verità, la quale iniziò a crescere e cresce tuttora. Essa ha permesso il ritorno alla ragione e alla contemplazione del reale e dell'astratto senza dover cadere vittime della superstizione o delle "favolette". C'è stato però un prezzo da pagare, la tecnologia e l'industria, che come la religione del passato, corrodono l'Albero del Sapere per derubarlo della linfa vitale. A mio discapito devo proferire parole di ragione alla religione, poichè essa corrodeva l'Albero del Sapere per poter permettere la crescita dell'Albero della Fede e quindi di un sapere contrastante, non veritiero ed oggettivo (e volendo malefico) atto a l controllo delle masse che senza Filosofia, Conoscenza, Scienza e Sapere è più facilmente controllabile e plagiabile. Il tutto poi portava a contasti che sfociavano in dibattiti eristici, poichè i religiosi rifiutavano di riconoscere la superiorità dell Scienza, quindi volendo, della stessa Filosofia. No, ora il nemico è progresso e tecnollogia che corrodono l'Albero del Sapere per fini utilitaristici e fine monetario e di lucro. Qui purtroppo non ci è dato neppure il piacere dell'eristica, purtroppo è una battaglia contro i potenti e malvagi detentori del potere e della finanza, che non scendono a patti con chi vuole "indebolire" la loro "macchina frutta soldi". Non parliamo poi degli umanisti-utilitaristi, che vedono nella pogresso e nella tecnologia le espressioni vere della scienza perchè utilizzabili per migliorare la vita e facilitare la vita. La Scienza però è nata per fini speculativi e contemplativi, che vanno oltre il bene dell'umanità e quindi del benessere collettivo e all'utile. Forse la mia visione è più filosofica che scientifica, però io vedo anora come vera Scienza e vera Metafisica la Filosofia, che non si presta alla "plebe" dell'utilitaristica, della divulgazione e della benevolezza. Devo quindi concludere dicendo che nonostante tutto la religione e in particolare il Cristianesimo, è stato un duro avversario per affermare l'attuale sapere, nonostante i mezzi che ha utilizzato come l'inquisizione e il plagio della punizione divina e dell'indulgenza, è stato dopotutto l'unico grande e leale "nemico" del sapere scietifico e della Filosofia. |
26-06-2007, 18.02.10 | #10 |
Ospite abituale
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Riferimento: Giordano Bruno e le Altre Vittime. Ovvero Religione VS Sapere.
Siamo fortunati o sfortunati noi, aspiranti filosofi, a vivere nel XXI piuttosto che in un altro secolo, magari mille anni più indietro del nostro? Senza computer, ma con la possibilità di arrivare, senza automobili, al centro del sapere europeo – per esempio Parigi – e ascoltare i grandi maestri. Entriamo per un momento in una di queste scuole alle quali è stato assegnato l’onore di sostenere per secoli la parte della filosofia. Filosofia? – dirai tu - ma la filosofia cerca la verità e gli scolastici l’avevano già da sempre trovata in quanto buoni cristiani. Eppure nello stesso tempo si davano da fare per argomentarla, oggettivarla, dipanarla in commentari, sentenze, summe del loro sapere, dibatterla in colloqui coi loro discepoli e con gli insegnanti rivali. Sembrerebbe – vorrei dire - che i dibattiti avessero qualcosa di simile ai nostri cioè a quelli che si conducono in questo Forum: batti e ribatti, confronta, domanda, rispondi….Dunque un centro di studi ideale la Parigi dei secoli bui? Mentre per noi non c’è nulla di stabilito, ognuno deve inventare idee e parole, magari con qualche errore di lingua o qualche futile ripensamento, e là, invece, tutto si disponeva secondo un mirabile schema, attraverso un procedere intellettuale imperniato, come tela di ragno, intorno al punto centrale, che era la verità rivelata e trasmessa dai venerabili padri. Si pretende, anzi si è certi che tutti possano indirizzarsi alla meta – francescani e domenicani, canonici e monaci – usando un consimile metodo, appena irrorato da qualche vena di aristotelismo, per giungere a dimostrare che la verità è quella - o fingere di dimostrarlo? Perché effettivamente qualche sbandamento c’è, e se il ricorso all’autorità (quella divina e in subordine quella dei padri, dei magister in sacra pagina e alla fine dei papi) crea qualche turbamento negli spiriti più brillanti o più esagitati, nonché discrepanze fra una scuola e l’altra, questo non può andare oltre i limiti del consentito ossia di un dibattito in cui tutti si possano ritenere giustificati – salvo prova contraria, cioè salvo imprevisti fulmini dell’autorità, e quindi redarguiti e corretti. Dunque niente da fare per la libertà del pensiero se non proseguire infaticabilmente nella scrittura, fino a dar luogo a opere veramente mostruose e persino incompiute: e forse la libertà si affaccia proprio in quell’ultima frase, in quel guizzo presto interrotto……Sì, forse la verità era sul punto di nascere ed è stata soffocata in fasce – mentre è sempre pronta a vagire nei nostri Forum, dove si può parlare veramente di tutto….
Però ho tralasciato una cosa essenziale, che ci accomuna a quei tempi lontani togliendoli dalla cloaca in cui li ha gettati il Rinascimento e dopo il Rinascimento l’Illuminismo e dopo l’Illuminismo l’idealismo e il positivismo: il bisogno di verità, perché seppure straziata, seppure azzoppata e falsificata, essa era pure presente in quei dibattiti e in quelle esegesi senza riposo. Per questo noi non possiamo non dirci in qualche modo compagni di quegli aspiranti filosofi ossia, come suggeriva Croce (anche se la nostra fede tentenna) non possiamo non dirci cristiani. |