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23-05-2007, 13.56.25 | #12 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
Citazione:
Sì, ma io sto proprio parlando dell'adattamento indotto direttamente dall'ambiente. L'esempio della mutazione del virus non è un buon esempio di questo tipo di adattabilità e non dell'altro tipo quello di cui parla l'evoluzionismo ortodosso? Prendo un altro esempio: il disuso. I nostri canini non sono aguzzi come negli animali, l'appendice è un organo che non si capisce a cosa serva, l'olfatto è estremente indebolito nell'uomo, non abbiamo unghie robuste e affilate, abbiamo un pessimo udito, e così via. La cosa si può spiegare o come un dato di fatto, avvenuto tramite mutazione casuale, in conseguenza del quale l'uomo ha trovato altri modi di provvedere alle funzioni che questi organi svolgono ancora in parte della vita animale, oppure che il mancato utilizzo progressivo di questi organi (perchè si è trovato estremamente più funzionale usare attrezzi, trappole o quant'altro) ne abbia mutato il carattere genetico stesso. (tra l'altro già l'australopiteco usava attrezzi, e aveva un cervello di volume di gran lunga inferiore a quello dell homo sapiens; cosa che lascia intendere che il completamento dello sviluppo organico degli uomini che noi siamo sia posteriore allo sviluppo culturale: che questo sviluppo culturale abbia influito sulla nostra attuale configurazione organica?) Il fatto è che se si ammette che il disuso in qualche modo abbia reso questi organi diversi da quello che erano in principio, o se si vuole nelle scimmie, e che questi nuovi caratteri si trasmettono geneticamente, come di fatto avviene, allora il paradigma evoluzionista ortodosso perde gran parte della sua consistenza. La domanda è: perchè non è possibile credere che l'uso e il disuso non portino ad una mutazione genetica, solo perchè il figlio dell'uomo muscoloso non è muscoloso? E allora il discorso è: se si guarda una sola generazione o qualcuna di più è chiaro che non si può che ammettere come unica spiegazione una mutazione genetica casuale e una successiva selezione. In questo modo si rende conto perfettamente dei fenomeni che si hanno sotto gli occhi al momento. Ma nel lunghissimo termine siamo sicuri che questo non sia possibile? E sopratutto, quando l'uso e il disuso riguarda una intera popolazione, nessuno escluso e non un singolo individuo, siamo sicuri che dobbiamo aspettare mutazioni casuali e selzione per parlare di evoluzione? E visto che anche l'evoluzionismo classico guarda al lungo termine, allora le due spiegazioni sono entrambe perfettamente possibili. Io quando guardo a quanto sono pallidi gli scandinavi e quando sono neri gli africani non riesco a immaginare che sia avvenuta una selezione, cioè che in un luogo e in un tempo lontani dei neri in scandinavia si sono estinti e viceversa, ma credo in una lunga metamorfosi genetica di adattamento all'ambiente di uno e solo un popolo. Il fatto è che quando si pensa a questi livelli, non c'è nulla di scientifico nell'evoluzionismo, ma ci sono applicazione di paradigmi teorici, di modi di ordinare i fenomeni, e la domanda "perchè invece non sarebbe potuto accadere quest'altro" non solo è legittima, ma anche ragionevole. Con questo è bene precisare: non nego che le razze si evolvano (mutino più che altro), e non nego che un essere nato per caso meno adatto (chessoio brutto e debole) perisca. Ma che necessità teorica c'è di trasforamare questi fenomeni osservabili nel principio metafisico stesso dell'evoluzione delle speci? Ho sentito anche questa argomentazione: l'ambiente e l'uso può attivare dei geni, prima latenti. Qui siamo nella pura speculazione. Questa affermazione ha conseguenze insostenibili. Significa che, siccome il gene non viene creato dal nulla, allora io nel mio DNA contengo in nuce già tutti i possibili mutamenti che l'uomo potrà compiere nei milioni di anni a venire. E siccome la genetica tende sempe più a parlare di caratteri non organici, allora non può che risultare ridicolo che trovato il gene "delle ore piccole" come leggevo tempo fa, cioè un gene che spiega che esistono persone più predisposte ad andare in discoteca la notte, questo gene sarà presente tra 3000 anni oopure in un pigmeo. Qui è chiaro che bisogna fare una rivoluzione copernicana e comprendere come neanche i geni hanno un significato intrinseco ma sono affetti dal sistema di sapere e significati disponibili in una determinata epoca, e degli scienziati che li studiano, che hanno ormai da tempo dimenticato di essere persone che vivono in tempo e in un luogo precisi. |
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23-05-2007, 15.49.49 | #13 | ||||||||
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
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Ma non c'e' una causa-effetto diretta tra l'ambiente e la mutazione, altrimenti potremmo supporre che gli organi che abbiamo a disposizione sono esattamente adatti allo scopo, enon è possibile migliorarli, cosa non vera. Citazione:
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Proporre qualcos'altro è senz'altro legittimo, ma perchè venga accettato scientificamente deve proporre un meccanismo naturale osservato, non è sufficiente l'intuizione, che può essere sbagliata. Citazione:
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23-05-2007, 19.15.46 | #14 |
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
A proposito di quanto detto da fealoro ci sarebbe ancora qualche cosa da dire...
Primo per quel che riguarda la mutazione dei virus è vero ha un ruolo centrale la "variabilità genetica" però essa non è un fattore ma una conseguenza della vita parassitaria svolta dai virus e dalla loro tecnica di riproduzione attuabile solo per mezzo del parassitismo. Essi infatti per riprodursi devono iniettare il loro DNA o RNA (a seconda della specie) all'interno di una cellula parassitabile, il materiale genetico virale deve a questo punto permettere la riproduzione del virus stesso e questo per mezzo di un processo detto trasduzione (altro processo ma differente di ricombinazione virale è la trsposizione) per il quale il codice genetico virale si unisce a una parte del genoma della cellula parassitata contenuto all'interno dei suoi cromosomi, avviando il ciclo riproduttivo; in seguito questo materiale genetico si separerà e con una certa probabilità è possibile che parte del patrimonio genetico della cellula parassitata si unisca a quello del virus modificandone il patrimonio. Altri fattori mutageni sono dovuti alla struttura del DNA o RNA stesso per cui il cambiamento di una base azotata o di una sequenza di basi porta a mutazioni ereditabili in seguito dalla progenie. Altri fattoori sono fisici, chimici (es.raggi gamma e mostarda azotata)oppure le mutazioni sono spontanee per necessità di sopravvivenza della cellula. In secondo a prposito del disuso; esso infatti influenza l'evoluzione poichè come è possibile vedere in alcune specie esso comporta ad una modifica strutturale oltreche genetica anche fisica. Esempio i cetacei che ancora conservano un residuo della loro passata vita terrestre rappresentato dai "moncherini ossei" delle zampe posteriori; altro esempuio l'uomo e la coda, infatti residuo di quest'ultima sono le vertebre terminali che costituiscono il coccige. Mi pare che Steven Goulds difendesse la tesi legata al disuso o l'uso che portano rispettivamente perdita e potenziamento di una caratteristica fisica oppure attitudinale. In particolare Egli fece proprio l'esempio dell'evoluzione dei cetacei per mostrare questo fattore legato al disuso di una particolare organo, sistema o apparato di un organismo. A questo punto non c'è altro da dire che come già detto da fealoro dietro a tutto questo non c'è alcun principio metafisico ma solo teoria ed esperienza di carattere biologico-medico. |
24-05-2007, 08.04.00 | #15 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
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24-05-2007, 11.43.17 | #16 |
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
Per fealoro
Citazione: Questo ad esempio non lo sapevo. Hai per caso idea di come venga spiegato questo fatto da Gould? Cioè in che modo il disuso vine trasmesso alle generazioni successive? Posso dirti che il documnetario in cui l'ho sentito è il video n°5 di una raccolta dedicata alla preistoria, pubblicati circa una quindicina di anni fà; essa proponeva 7 video dedicati a dinosauri, mammiferi primitivi ed evoluzione in cui eminenti palentologi, biologi ed evoluzionisti discuteva dell'argomento in esame. A proposito dei cetacei primitivi ma anche del passaggio evolutivo da rettili a mammiferi Stephen Gould accennava alle idee dette in precedenza, dando l'impressione di possederle e di difenderle nei confronti di ricercatori contrari. Se sei interessato visita http://www.stephenjaygould.org/ destreggiandoti nell'archivio dedicato a Gould forse riesci a trovare quanto ricerchi con una maggiore precisione di quella che potrei darti. Spero di esserti stato utile. |
24-05-2007, 14.36.00 | #17 | |||
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
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Allora non era un'ipotesi poi così improbabile. Citazione:
Questo è il succo del discorso. Non dico nient'altro. Citazione:
Credo che qui smettiamo di comunicare. Il discorso non è se è più probabile una spiegazione oppure l'altra. Il fatto è che lo stesso identico fenomeno, con gli stessi identici dati biologico-medici, sono inseribili in due contesti teorici (metafisici in questo senso) che donano a quei fatti significati estremamente differenti. La questione non è empirica, giacchè i dati empirici sono i medesimi. Nessuno ha mai esperito la mutazione del pigmento dermico di un nero in Finlandia. Nessuno ha mai esperito la mutazione casuale rispetto alla lunghezza del collo della giraffa. E sopratutto nessuno ha mai esperito la mutazione casuale di ogni strameledetta spiegazione evoluzionista che ci viene data ogni minuto e ovunque. Ecco dove sta la metafisica. Stessi dati empirici, e spiegazioni alternative (non mie, ma di Goulds) Ma quando l'abitudine e l'azione dell'ambiente coinvolge non un individuo e una generazione, ma tutta la specie in un determinato ambiente, e per lunghissimi periodi, allora non è così implausibile pensare che l'ipotesi delle mutazioni casuali (che esistono senz'altro, questo è palese) e di una successiva selezione sia un'ipotesi teorica forumlata per l'impossibilità di esperire mutazioni genetiche causate direttamente dall'ambiente, ipotesi però esattamente non verificabile allo stesso modo. E non è così implausibile pensare ad altri prinicipi che tengano conto degli stessi dati empirici Quando fealoro mi imputa il fatto che sono io che non riesco a immaginarlo, coglie il punto proprio nell'uso del termine "immaginarlo". Cosa dovrei immaginare in una teoria scientifica? Dove starebbe la scientificità se devo immaginare qualcosa? La scienza deve mostrare, non deve immaginare. Immagina nel suo stadio di formulazione di ipotesi, non dopo. Da immaginare e da comprendere c'è proprio un principio teorico che ordina fenomeni empirici. Ecco il punto dove sorgono le mie domande: e perchè non vederla da questa altro punto di vista, ugualmente plausibile, e che include gli stessi dati empirici e forse posside il pregio di una maggiore semplicità? (Che io poi lo immagini benissimo, e che abbia compreso esattamente il senso di quel tipo di evoluzionismo credo sia chiaro.) A questo punto chiedo: cosa ci impedisce di credere che certi caratteri di una specie sono il risultato della selezione naturale in seguito a mutazioni casuali, e certe altre invece no, e sono legate all'uso e disuso o azione ambientale di intere specie (non singoli membri) per lunghi periodi? (Spero sia chiaro che portare fatti non è sufficiente, dal momento che gli stessi fatti possono essere spiegati coll'uso e il disuso o con l'azione diretta dell'ambiente). E' esattamente questa domanda che mostra lo stadio ancora "rivoluzionario" e non "normale" dell'evoluzionismo Darwiniano (mantendo invece lo stadio "normale" del fatto dell'evoluzione delle specie contro eventuali creazionismi). |
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24-05-2007, 16.57.01 | #18 | |||||
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
L'ipotesi che il disuso possa influenzare il genotipo non è improbabile, è semplicemente non valutabile.
Quello che chiedo è la descrizione del meccanismo che permette alle informazioni sull'utilizzo di un organo di passare al genotipo. Altrimenti rimane una supposizione da verificare (senza per questo squalificarla). Citazione:
Siamo certi al cento per cento che sia andato così? ovviamente no, ma è una supposizione precisa e verosimile di come potrebbe funzionare il mecccanismo. Citazione:
Come ho detto prima non ho nulla contro questa ipotesi, ma diventa una ipotesi di lavoro quando si trova una spiegazione naturale dell'evento. Citazione:
Citazione:
Citazione:
E' più chiaro il mio punto di vista? |
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28-05-2007, 10.25.06 | #19 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
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Debbo dire di essermi spaccato anch'io la testa per un bel pò su tali questioni, finché ho considerato erronee le posizioni scientifiche. L'errore è semplice, banale ed è di natura psicologica. Come si fa a dire che la mutazione è casuale e poi dire che si continuano a scoprire sostanze mutagene? Qualsiasi persona potrà rigirare le carte in tavola come più gli piace, ma l'errore sussisterà di fatto. Perché a mio giudizio l'errore è di natura psicologica? Perché la scienza (in occidente, a partire dal sesto secolo a.c.) si è posta di fatto come antitesi alla religione, eliminando sin dall'inizio della sua indagine tutto ciò che si riferiva al luogo dove dimorano i morti. La scienza nasce cioè, anche se involontariamente, sotto l'egida della ribellione alla religione (che forse fu la prima scienza, la prima speculazione) ed il fatto poi che la religione abbia contrastato le idee scientifiche contribuì all'emersione spontanea di un antireligionismo da parte della scienza che ancor oggi sussiste. Oggi, il mondo scientifico, pur annoverando al suo interno credenti e atei, troverebbe ancora in questi ultimi rappresentanti dei latori di idee tendenti a sbarazzarsi in modo definitivo delle insinuazioni religiose. Proporre l'idea di mutazione casuale sottintenderebbe proprio un tentativo in questo senso; Telmo Pievani in un suo breve libro sull'evoluzione (edizioni Il Mulino - collana "farsi un'idea") mette in guardia dall'aggettivo "casuale", proponendo un più morbido concetto di "mutazione contingente". Come tu sostieni, Odos, c'è molta artificiosità nella spiegazione; Wittgenstein, che in verità non conosco molto, argomenta in seno alla "spiegazione" e ai suoi pericoli; egli dice che è proprio la spiegazione a far cadere molte persone "veritiere". Dal canto mio, affermo che la ricerca della banalità nei fatti di vita è il modo forse più corretto per affermare spiegazioni. Ciao |
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28-05-2007, 12.16.56 | #20 | ||||
Ospite abituale
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Riferimento: Evoluzionismo: riflessioni
Sono costretto a dissentire ancora da queste affermazioni, e dalle posizioni che vorrebbero la scienza animate da sentimenti e desideri.
La scienza è rappresentata da un metodo di indagine che può essere condivisibile oppure no, ma che è quello che ha permesso di ottenre dei risultati. Il metodo filosofico, metafisico o religioso è un metodo diverso che può dare risultati differenti. Quando la scienza rigetta una ipotesi raramente lo fa per chiusura mentale o per sentimenti antireligiosi. Lo fa semplicemente perchè non soddisfa il criterio di ricerca che la contraddistingue. Citazione:
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E comunque non riesco a capire quale sia il problema con la mutazione 'casuale' (che tra l'altro è una spiegazione più banale ripsetto ad una spiegazione 'deterministica'). |
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