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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Culturali e Sociali |
21-06-2006, 11.48.57 | #32 |
eternità incarnata
Data registrazione: 23-01-2005
Messaggi: 2,566
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Eh, no Weyl! Vi sono luoghi dove non è possibile entrare se non si indossano giacca e cravatta. Penso ai casinò, così come ad alcuni ambienti di lavoro. Poi vi sono le divise, ecc.... non credo che un lavoratore sia contento di indossarle. Poi, personalmente io avrei più di un problema ad indossare la cravatta. Mi sentirei soffocare!
Cosa penso se vedo una ragazza col velo. Nulla di particolare anche perché sono convinto che "l'abito non fa il monaco". Ho conosciuto persone vestite nei più svariati modi e, se è vero che quando vedo delle persone con la testa rasata vestite di arancio, penso agli Hare Krisna, è anche vero (come ha fatto giustamente notare qualcun altro) che una donna col burqa mi fa capire che è musulmana. Niente di particolare. Non mi sento nè inferiore nè superiore a lei. |
21-06-2006, 12.10.24 | #33 |
iscrizione annullata
Data registrazione: 09-05-2002
Messaggi: 2,913
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Per mariluzza
Guarda che bello questo sito! Ci puoi trovare un saco di materiale.
http://www.donnamed.unina.it/velo.php |
21-06-2006, 12.16.36 | #34 |
iscrizione annullata
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Relativismo culturale
Lo hijàb dell'Occidente: la taglia 42
"Fu in un grande magazzino americano, nel corso di un fallimentare tentativo di comprarmi una gonna di cotone, che mi sentii dire che i miei fianchi erano troppo larghi per la taglia 42. Ebbi allora la penosa occasione di sperimentare come l'immagine di bellezza dell'Occidente possa ferire fisicamente una donna e umiliarla tanto quanto il velo imposto da una polizia statale in regimi estremisti quali l'Iran, l'Afghanistan o l'Arabia Saudita". Nel capitolo finale del libro L'Harem e l'Occidente ( 2000 ), considerato il suo capolavoro, la sociologa Fatema Mernissi espone una sua idea molto provocatoria secondo la quale se le donne musulmane hanno il dovere di indossare il velo, quelle occidentali vivono oppresse dall'obbligo di "entrare" nella taglia 42, imposto dai "profeti della moda". Ecco il simpatico dialogo, riportato dalla Mernissi, che ha avuto luogo tra lei e la commessa: "La commessa aggiunse un giudizio condiscendente che suonò per me come la fatwa di un imam: - Lei è troppo grossa! - Troppo grossa rispetto a cosa? - Rispetto alla taglia 42. Le taglie 40 e 42 sono la norma. Le taglie anomale come quella di cui lei ha bisogno si possono comprare in negozi specializzati. All'improvviso in quel tranquillo negozio americano in cui ero entrata così trionfalmente nel mio legittimo status di consumatrice sovrana, pronta a spendere il proprio denaro, mi sentii ferocemente attaccata: - E chi decide la norma? Chi lo dice che tutte devono avere la taglia 42? - La norma è dappertutto, mia cara, su tutte le riviste, in televisione, nelle pubblicità. Non puoi sfuggire. C'è Calvin Klein, Ralph Laurent, Gianni Versace, Giorgio Armani, Mario Valentino (...) Da che parte del mondo viene lei? - Vengo da un paese dove non c'è una taglia per gli abiti delle donne. Io compro la mia stoffa e la sarta o il sarto mi fanno la gonna di seta o di pelle che voglio. Non devo fare altro che prendere le mie misure ogni volta che ci vado. Nè la sarta nè io sappiamo esattamente la misura della gonna nuova. Lo scopriamo insieme mentre la si fa. A nessuno interessa la mia taglia in Marocco fintanto che pago le tasse per tempo. Attualmente non so proprio quale sia la mia taglia, a dire il vero. (...)" La Mernissi nota in questa occasione che "l'Occidente è l'unica parte del mondo dove la moda della donna è affare dell'uomo". Il problema sembra avere radici più profonde che affondano nella preservazione dell'egemonia maschile, in una società essenzialmente patriarcale. Ma mentre l'uomo musulmano ha limitato il raggio d'azione della donna nello spazio, con la realizzazione dell'harem e dello hijàb che rappresenta una barriera tra lo spazio pubblico e il privato, l'uomo occidentale ha imprigionato la donna in una dimensione temporale: quella dell'eterna adolescenza. Una donna matura è più pericolosa e meno controllabile di una che abbia le sembianze di una quattordicenne, esile, passiva, indifesa. Secondo Naomi Wolf: "Una fissazione culturale sulla magrezza femminile non è un ossessione sulla bellezza, bensì un ossessione sull'obbedienza femminile ... Le diete sono il sedativo più potente di tutta la storia delle donne: una popolazione fatta di pazzi tranquilli è molto manipolabile". A questo proposito afferma ironocamente la Mernissi: " Noi donne musulmane abbiamo un mese solo di digiuno, il Ramadan, ma le povere donne occidentali sempre a dieta devono digiunare dodici mesi all'anno". La donna occidentale sente di esistere solo quando sa di essere osservata; solo attraverso lo sguardo dell'uomo il suo essere (esse) è un essere percepita (percepi). Questo stratagemma del tempo in cui viene imprigionata è ben più subdolo e pericoloso di quello dello spazio perchè è impresso nella sua stessa pelle. "Imparando a diventare un bell'oggetto, la ragazza impara l'ansia - forse persino il disgusto - verso la sua stessa carne. Scrutando ossessivamente nei reali così come nei metaforici specchi che la circondano, desidera letteralmente "ridurre" il proprio corpo. Nel diciottesimo secolo questo desiderio di essere bella e fragile portò all'uso di corpetti stretti e a bere aceto. La nostra epoca, invece, ha prodotto innumerevoli diete e digiuni "controllati", così come lo straordinario fenomeno dell'anoressia adolescenziale". Sandra Gilbert e Susan Giubar: Tha Madwoman in the Attic (1979). Conclude la Mernissi intuendo ciò che rende le donne occidentali inconsapevoli e mute di fronte al loro problema: "Immagina i fondamentalisti, se obbligassero le donne non solo a mettere il velo, ma un velo di misura 42! Come si fa a organizzare una marcia politica credibile e gridare nelle strade che i tuoi diritti umani sono stati violati perchè non riesci a trovare una gonna che ti va bene?" Lidia Verdoliva http://www.donnamed.unina.it/velo_opi03d.php |
21-06-2006, 12.27.58 | #35 | |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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Re: Re: Re: Come al solito
Citazione:
hai criticato perfettamente la mia parola magica. In effetti mentre la scrivevo un pensiero affiorava dal subconscio dicendo quello che hai detto, ma l'ho subito ricacciato nell'oscurità. mi informo un pò meglio e torno |
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21-06-2006, 13.13.38 | #36 |
Ospite abituale
Data registrazione: 08-06-2005
Messaggi: 697
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Se si proibisce l'uso del velo, io suggerisco che si proibisca anche l'uso del tanga sotto pantaloni semi trasparenti.
Non sempre ho voglia di essere esposta a un'esibizionismo che è espressione di una sottocultura invadente, che non tutti i membri della società hanno voglia di condividere e che non mi appartiene. |
21-06-2006, 18.47.33 | #37 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-04-2006
Messaggi: 48
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Citazione:
E quei bei vestiti larghi tradizionali..che pacchia, si può essere grassottelle sotto. Il burka? A volte lo vorrei, almeno non avrei il rovello di cosa mettermi e non sarei punta dai moscerini. Scherzo, per dire che l'importante è non essere costretti dalla società, moda o religione, poi, se uno vuol mettersi una tuta da palombaro a passeggio..fatti suoi, se lo decide lui. Se si è liberi di vestirsi come si vuole, velo o burka vanno bene. |
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22-06-2006, 01.25.09 | #38 |
Moderatore
Data registrazione: 10-04-2006
Messaggi: 1,444
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- Rispetto alla taglia 42. Le taglie 40 e 42 sono la norma. Le taglie anomale come quella di cui lei ha bisogno si possono comprare in negozi specializzati. All'improvviso in quel tranquillo negozio americano in cui ero entrata così trionfalmente nel mio legittimo status di consumatrice sovrana, pronta a spendere il proprio denaro, mi sentii ferocemente attaccata:
- E chi decide la norma? Chi lo dice che tutte devono avere la taglia 42? - La norma è dappertutto, mia cara, su tutte le riviste, in televisione, nelle pubblicità. Non puoi sfuggire. C'è Calvin Klein, Ralph Laurent, Gianni Versace, Giorgio Armani, Mario Valentino (...) Da che parte del mondo viene lei? e perche non vi ribellate a questo stato di cose?..perche vi costringete a voler apparire come hanno deciso gli altri per voi?.. perche a cominciare da adolescenti vogliono tutte fare le veline?..che responsabilita hanno i genitori,forse ancora di piu una mamma in questo caso?..che esempi hanno dentro le mura di casa? |
22-06-2006, 10.48.13 | #39 | |||
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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Girovagando per il web e spulciando informazioni sul velo mi sono accorto che il significato di questo pezzetto di stoffa è tutt'altro che unico, anzi. E' caricato di una grande varietà di significati, in relazione al periodo storico, alla situazione sociale, culturale, individuale in cui è collocato. Perciò non è realistico interpretarlo esclusivamente come simbolo di plagio maschilista. Sarebbe una semplificazione pregiudizievole.
Infatti può venire abbassato a baluardo di difesa del valore dell'intelligenza femminile, spesso messa in secondo piano dall'allupato sguardo maschile perso nell'appassionata perlustrazione delle forme più gustose.. : Citazione:
Quest'interpretazione del velo come difesa dalla sessuomania maschile, molto vicina alla mancanza di rispetto per tutto ciò che trascende la fisicità agognata, come ad esempio la persona femminile, l'ho trovata più di una volta: Citazione:
Mi viene spontaneo chiedermi se la fisicità femminile così protetta dagli sguardi di tutti i maschi nelle vicinanze sia veramente un simbolo di possesso da parte del marito\padrone, il sigillo alla schiavitù della donna. Oppure sia veramente, da questo punto di vista, un esempio del rispetto nettamente maggiore riservato da tale cultura alla donna, in confronto a quello riservato dalla nostra, che propone modelli femminili seminudi alla portata di tutti. Forse che la disapprovazione verso la donna vestita, motivata dall'interpretazione di tale copertura come prigione, sia l'animalesco escamotage travestito con il manto dell'eticamente retto prodotto da una cultura che concepisce la libertà femminile principalmente nel senso di "mettersi in libertà" davanti a chiunque, ossia libertà dai vestiti? Citazione:
Mi farò risentire quando troverò nuove interpretazioni e testimonianze Ultima modifica di r.rubin : 22-06-2006 alle ore 10.50.19. |
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26-06-2006, 20.24.04 | #40 |
Ospite
Data registrazione: 29-04-2006
Messaggi: 3
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identità
Leggendo quelle che ancor più oggi ritengo valide riflessioni di Hertz (etnografo fine '800) il quale attraverso uno studio sui riti funebri è arrivato a considerare il culto della religione come il culto della stessa società di appartenenza (quindi religione come inconsapevole necessità di identità/appartenenza), mi sembrano esagerate, oltre che infondate, le considerazioni di chi ritiene l'uso del velo come una sottomissione ad un ente superiore.
Qualcuno, forse senza mai averci riflettuto o conosciuto una donna islamica, afferma che una donna che porta il velo è una donna chiusa alle relazioni. Se il velo è portatore di identità, il fatto che una ragazza occidentale porta i jeans che sono elemento di ideità anch'essi, la rende forse "non sociale"? ...non mi pare proprio. Non conosco nemmeno suore "non sociali",al di là dei limiti personali. Nell'approccio personale più che il velo si deve guardare al fattore culturale, che mai è negativo, solo diverso da cultura a cultura. Forse non sono rappresentativo della media, ma non vedo differenza tra un velo ed un paio di Lee a vita bassa (ad occhio, perché poi è ovvio che le considerazioni di fondo sono diverse). Anzi, generalmente trovo più sensuale il primo. |