all'estero
A all'estero cosa ne pensano? Quando Berlusconi fu assolto con
prescrizione nel processo Sme, El Pais, Suddeutsche Zeitung, Taz,
Liberation, The Independent, New York Times, scrissero parole di fuoco
che certo non migliorarono l'immagine dell'Italia in Francia,
Spagna, Germania, America, Inghilterra.
Siamo certi che se i nostri giornalisti si comportassero allo stesso
modo nelle trasmissioni televisive, il capo del governo non ne
uscirebbe con le ossa rotte e non sarebbe costretto alle dimissioni e
non da oggi?
Ma il caso Mills pone anche un altro problema di grande rilevanza,
ignorato dal governo e da Tremonti, che, purtroppo, non trova spazio
nel programma di Prodi. Ed è il problema delle società off shore
collocate nei paradisi fiscali.
Tutte le vicende giudiziarie riguardanti enormi evasioni fiscali,
costituzione di fondi neri, crac finanziari, scalate a banche e
industrie, fatti di terrorismo, chiamano in causa società off-shore e
paradisi fiscali.
Inoltre è lì che la finanza pulita si incrocia e si mescola spesso
con la finanza sporca.
In un articolo sull'Espresso di Moises Naim (8 settembre 2005) si
legge: «L'attivo delle principali banche centrali del mondo è
cresciuto dai 6,8 trilioni di dollari del 1990 ai 19,9 trilioni di
dollari del 2004; il volume giornaliero di valuta cambiata è passato
dai 590 miliardi di dollari al giorno del 1989 agli 1,88 trilioni del
2004».
Per farla breve: «Il mondo è diventato il paradiso dei trafficanti di
denaro sporco e l'incubo dei governi che cercano di monitorare e
regolare tale riciclaggio».
L'Espresso scrive che «secondo il fondo monetario internazionale oggi
il riciclaggio di denaro sporco rappresenta tra il 2 e il 5 per cento
del Prodotto interno lordo mondiale, ovvero tra gli 800 miliardi e i
due trilioni di dollari».
Il rischio di una condanna per chi traffica in denaro sporco è di
circa il 5 per cento annuo. Secondo Nigel Morris Cottrill direttore del
World Money Laundering Report chi ricicla denaro sporco cerca una
struttura legale capace di fornirgli un rifugio e gli Stati Uniti sono
un vero e proprio paradiso fiscale. Il regno Unito non è da meno.
Cosa si può fare?
Una grande battaglia nell'Unione Europea mettendo il problema al
primo posto dell'agenda politica dei prossimi tre anni con
l'obiettivo di portarlo, con l'Europa compatta, in sede Onu.
L'Italia potrebbe dare l'esempio vietando alle società quotate e
alle banche di aprire sedi nei paradisi fiscali. Perché anche i fondi
neri, l'evasione fiscale e i proventi della corruzione costituiscono
denaro sporco.
Argomento in it.politica
Ultima modifica di klee : 27-03-2006 alle ore 16.45.48.
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