Samuel Huntington, nel suo libro sullo "scontro di civiltà" che nel 93 coniò lo slogan, parla accademicamente, con uso abbondante di grafici, statistiche, percentuali di un crescente aumento della competizione economica tra le maggiori aree di sviluppo (asiatica e islamica) e occidente, che va di pari passo, dopo il lungo colonialismo, coll'esigenza di rafforzamento identitario. Alla competizione economica si aggiunge quella politica. per proporsi come soggetti economici autonomi. ma il loro nn è affatto, continua huntington, un antioccidentalismo puro e semplice, è piuttosto lo sforzo per l'individuazione di una terza via tra i sistemi di pensiero occidentali (liberismo e socialismo), che dominano tuttora lo scenario asiatico e islamico (si pensi ad esempio al calderone della rivoluzione di khomeini o al sistema dei partiti indiano). Queste spinte avvengono però sotto il tetto comune della “modernizzazione”. La forza di huntington stà proprio nel recidere il binomio rinascita culturale- fondamentalismo. la matrice che accomuna è il proporsi come soggetti economici, per i quali la individuazione culturale è prerequisito della competizione, possono invece variare le etiche che stanno dietro agli scambi. Sono emblematici a tal proposito i lavori di riforma in paesi come egitto e marocco del diritto commerciale islamico, da sempre settore delicatissimo della sharia, in cui vengono messe a banco di prova diverse istanze filosofiche e culturali con le insormontabili ragioni della pratica economica.
Il neoconservatorismo invece, a differenza della lucida analisi di huntington, a cui pure si rifà, nn separa i due fenomeni della rinascita culturale e del terrorismo. Si ferma alle istanze antioccidentali che pure ci sono nei blocchi asiatico e islamico ma nn va oltre. Si ferma, si potrebbe dire, alla pars destruens del discorso.
Il neoconservatorismo quindi nn offre tanto un discorso analitico quanto piuttosto uno politico. Fornisce legittimità ad un dover essere che dovrebbe essere posto contro un procedimento in atto (lo scontro delle civiltà), colto, con intento politico, soltanto nelle sue potenzialità distruttive.
I giuliano ferrara, i ratzinger, i pera (insomma quelli che fanno accuminate campagne contro la fecondazione assistita per difendere la sacralità dell’embrione e poi strizzano l’occhio alla tortura, perché ,tutto sommato,connaturata ad ogni guerra ) ragionano cosi’:lo scontro di civiltà è sempre esistito e il terrorismo, fenomeno endemico, finisce coll’emergere e col dilagare senza trovare i baluardi di un “pensiero forte”. l’occidente rischia di perdere perché ama la coca-cola mentre loro amano la morte, è debole, effeminato, lussurioso, i suoi unici valori sono il denaro e l’edonismo individualistico, vive in megalopoli frammentate in individualità disgregate e prive di ogni senso comunitario. Avalla i matrimoni gay e i figli nati in laboratorio. Per vincere il terrore invece occorre fare ammenda. Rinunciare quindi alla ubris, all’arroganza relativistica, e riscoprire la forza delle radici comuni da opporre a organismi esotici, invariabilmente portatori del virus della disgregazione e quindi del terrorismo. Insomma esorta, come ferrara ha intitolato il discorso di pera sul foglio, ad una “jihad giudaico-cristiana”. Un “pensero forte” che deve sostituire lo “sbadiglio relativistico” e contrapporsi ad un altro altrettanto forte.
Discorsi di questo tipo,che ripeto non hanno l'ambizione di analizzare ma solo di proclamare (e quindi come proclami vanno trattati), nascondono,a me sembra, un duplice vizio: 1: una petizione di principio (quali sono gli elementi della nuova civiltà occidentale? Non lo dicono e nemmeno lo accennano) 2: il recupero nostalgico di consunte categorie occidentali, per la critica antioccidentale.
Il primo punto non necessita di dimostrazione. Riguardo al secondo invece è possibile osservare come in tutti i proclami dei neocons sono in realtà metafore dei contenuti della vecchia kulturkamft, espressione di una sentimento identitario, quello del volk tedesco, che negava ogni commistione di fatto e di principio all’etica, bottegaia e commerciale di francia e Inghilterra, corrotte dalle mollezze e dall’individualismo. Il konfortismus. Termine che racchiude tutta la mediocrità, la viltà di un etica, quella borghese, in cui o si agisce per soldi o non si agisce. Nella germania sciovinista della kulturkamft, come nella visione del mondo neocons c’è invece un propinare una sorta di antidoto, una volontà da grandeur, alla Stalin, alla mao o alla hitler come antidoto alla corruzione del konfortismus borghese.
Ma la kulturkamft è fallita miseramente, ingurgitata dalle pieghe della storia, e non ha lasciato forse la vera identità occidentale, da difendere con le unghie e coi denti: il relativismo democratico e liberale, la legge come principio diverso dal precetto morale, i valori tutti mercantili (gli unici davvero universalizzabili) della libertà e dell’eguaglianza.
Non varrebbe forse la pena di morire per la coca-cola?!
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