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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse. >>> Sezione attiva sul forum LOGOS: Tematiche Culturali e Sociali |
06-03-2008, 06.23.58 | #34 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 28-02-2008
Messaggi: 2
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Riferimento: Etica e società
Citazione:
Grazie, e buon giovedì 6 marzo. E tanti auguri per la vs festa di dopodomani. La tua riflessione mi è molto piaciuta: condivido quasi tutti i tuoi obiettivi "utopici". Il problema però è trovare un approccio efficace e giusto per realizzarli. E qui, scusami, trovo il tuo approccio del tutto sbagliato. Sbagliato perchè "ideologico". Cioè parti dall'idea giusta e poi dici: realizzarla dobbiamo, si dovrebbe, dovremmo, ... Alla fine ti ritrovi con in mano un'inutile tautologia: l'idea è giusta e dobbiamo (o, peggio, dovete come fa Beppe Grillo) realizzarla. Ma coooome, porca miseria. Per me l'approccio migliore è: io faccio qualcosa che in piccolo realizzi quell'idea. Anche per dare un esempio agli altri e cercando di coinvolgerli. Certo che "in grande" l'impresa è quasi sovrumana, per cui credo che un approccio possibile ed efficace sia fare le cose "in piccolo", partendo da sè. E' vero: ho scoperto l'acqua calda. Scusami. |
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06-03-2008, 10.26.20 | #35 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 05-09-2007
Messaggi: 113
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Riferimento: Etica e società
Citazione:
No non hai scoperto l'acqua calda, hai solo fatto una affermazione saggia e pragmatica. Come te, anch'io condivido il pensiero di Mary, ma ci andrei piano a parlare di utopie. Quelli delineati da Mary sono dei prerequisiti di un modello organizzativo della società, abbastanza generici da essere condivisi da molti. (Mary riveli delle buone doti da politica). D'altronde anche tu hai ragione a dire che non ci si può fermare ad una sterile enunciazione. Vi propongo un utile esercizio. Proviamo a proporre delle soluzioni pratiche su un nuovo modello di gestione dello stato che coniughi comunismo e capitalismo. Se qualcuno ha avuto lo stomaco di leggere il mio polpettone precedente, ricorderà che il modello comunista è stato generalmente abbandonato. Ed è anche facile capire perchè, nel caso URSS. Ma anche il modello capitalista sta soffrendo di una grave crisi. Io ipotizzo che la crisi del capitalismo sia da attribuire generalmente ad una prevalenza dei grandi patrimoni finanziari rispetto ad una base produttiva che viene soffocata. Questo squilibrio fra i "poteri forti" ed i "poteri deboli" in campo economico assomiglia alla situazione che ha causato il fallimento del modello comunista, dove un'oligarchia forte ha sopraffatto un proletariato fin troppo debole. Per fortuna, al contrario del comunismo, il capitalismo è un modello liberale, quindi consente che vengano posti in atto meccanismi correttivi. E' più elastico, quindi più forte. Mary suggerisce di coniugare comunismo e capitalismo. Io voglio estendere il suo pensiero. Siccome la base produttiva è debole bisogna renderla più forte per riequilibrare il sistema. Due esempi pratici e che si possono fondere provengono dall'Emilia Romagna e da Israele (è questo l'unico paese in cui il socialismo ha dimostrato di poter funzionare). Nella regione rossa il cooperativismo ha reso più forti i piccoli produttori in campo agroalimentare. Tale modello può anche essere esteso ad altri settori produttivi. E questo potrebbe contrastare le grandi industrie sul piano della concorrenza. Per non parlare di una maggiore equità nella distribuzione dei profitti. Bello vero? Ma questo riguarda solo i settori produttivi. E gli altri (che fra l'altro comprendono la maggioranza dei cittadini)? Ed ecco Israele con i suoi kibbutz. Io ritengo che il socialismo sia bello, pratico e funzionale finchè rimane nell'ambito dei piccoli sistemi. Non può essere troppo esteso, neanche a livello di singolo comune. Ma il kibbutz riesce ad essere eterogeneo come componenti, equo e democratico. E' molto più di una cooperativa, è una famiglia allargata che contiene tutti, anche gli elementi più deboli e non produttivi, dando ad ognuno il minimo vitale. Ed è socialista al 100%. Nella sua accezione originale non contempla la proprietà privata ma tuti i beni sono comuni, anche se dati in godimento esclusivo. P.es. tutti hanno una casa e ne possono fare quello che vogliono. Ma la proprietà della casa è del kibbutz. E' una piccola società nella quale tutti i soci sono proprietari della stessa quota, ma non tutti ricevono lo stesso compenso. Chi lavora di più, riceve di più. E chi lavora all'esterno del kibbutz, lavora per conto del kibbutz: quello che percepisce va al kibbutz. Il kibbutz, poi, remunera ogni componente in base alle disponibilità e differenziando in base alle necessità e alla produttività di ognuno. Il kibbutz è più forte delle singole famiglie che ne fanno parte, riesce a raccogliere maggiori risorse, può diventare anche proprietario di una o più piccole imprese industriali nelle quali lavorino sia operai del kibbutz che operai di altri kibbutz. I kibbutz si possono consorziare per affrontare progetti di sviluppo più grandi e che, quindi, richiedono maggiori risorse. In tale situazione sono più forti di una cooperativa: diventano un consorzio. E tutti i kibbutz dovrebbero pagare le tasse allo stato che provvede ai servizi essenziali, veramente essenziali. Un kibbutz non deve diventare necessariamente un piccolo villaggio, anche se questo migliorerebbe parecchio; lo stesso quartiere di una città può contenere diversi kibbutz. Io vedo il kibbutz come cellula, più grande della famiglia, che compone quel complesso organismo che è lo stato. Per soddisfare rafano42 direi che la realizzazione di un primo esempio può prescindere da grandi trasformazioni sociali e legislative: può essere creato come una cooperativa che preveda nello statuto la finalità di amministrare i beni comuni, che si affidi ad un amministratore competente, che sia sempre aperta all'ammissione di nuovi soci, e che preveda la redistribuzione delle risorse. Mi sembra che già così il kibbutz sia costituito. E' molto più facile che una simile struttura si realizzi in un'ottica di produzione agricola, ma si può creare in qualsiasi realtà produttiva. Il kibbutz, per definizione, è una realtà produttiva fondata su una comunità di famiglie e provvede ai bisogni di tutta la comunità. Perdonatemi il post molto lungo, ma non sapevo come sintetizzare ulteriormente il discorso. |
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06-03-2008, 10.36.33 | #36 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 21-02-2008
Messaggi: 1,363
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Riferimento: Etica e società
Citazione:
...ma direi che sarà acqua calda, ma è anche l'unica cosa che puo' funzionare...in luogo delle utopie globali che vorrebbero sempre che gli altri facessero. E' anche cio che l'uomo ha sempre fatto nella sua evoluzione da ominide ad HSS...magari anche senza accorgersene, adattandosi via via alle eisigenze...i migliori si sono anche sforzati ...fisicamente e intelletualmente. E' anche cio' che la FdQ (cui ho accennato nel mio post precedente) predica da alcune decine di anni: ognuno sia il meglio di se stesso e faccia di giorno in giorno o globalmente cio' che ritiene meglio...e sempre piu'...e il mondo sarà migliore...non perfetto...ma migliore. Se ognuno aspetta sempre che il meglio lo facciano gli altri stiamo freschi. ciao |
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06-03-2008, 21.43.40 | #37 |
Ospite abituale
Data registrazione: 16-12-2007
Messaggi: 196
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Riferimento: Etica e società
ripeto:
Dovrebbe far parte dell'etica del comune senso del buon vivere insieme il fatto di non disperdere le energie in cose inutili o mantenendo fannulloni....il problema è che se il privato sperpera o mantiene fannulloni in breve fallisce, mentre la cosa pubblica può continuare a disperdere buone energie nell'etere senza fallire, abbassando solo il tenore di vita e le aspettative dalla cosa pubblica da parte dei suoi cittadini. Questo concetto non dovrebbe essere patrimonio ne dell'etica delle culture ne di destra ne di sinistra, e ne tantomeno dei grandi sindacati che dal 68 in poi si sono confusi con una certa politica che si vede rende bene visto che i loro capi prima opoi vanno tutti a finire in politica ed a che livelli!!!!!! |