riferimento: stralcio preso da una corrispondenza con Ferdinando Divisi, uno dei pochi casi letterari del nostro tempo.
Caro Ferdinando;
se nel leggermi percepirai il mio rancore,
è perché a quel tempo anch'io
facevo parte di quegli elementi di ricambio,
pronti a rimpiazzare "pelle umana" che si deteriorava,
per gonfiare pance spropositatamente grasse,
di certi nuovi Dei nostrani.
Questo avveniva, quando, ancora fanciullo
entravo in caverne buie e voraci,
come anticamere d'inferno,
per fondere piombo in disuso,
ancora sporco del sangue d'eroi
di guerrieri, di filosofi
e di miei coetanei, per farne soldatini.
Ed io ero così minuto che
la loro grandezza mi somigliava.
Oppure tagliavo morbida latta
per farne giocattoli,
con cui mi era proibito giocare.
E allora,
nella mia smisurata rabbia d'infante
mi piaceva pensare
che l'agire di un qualsiasi uomo,
anche di un singolo,
fosse stato anche mio padre,
avrebbe potuto farmi tornare
a quello che doveva essere
l'unico mio lavoro e dei bambini di tutto il mondo:
il gioco.
Allora caro Ferdinando,
quando mi parli di "gioco fascinoso
che ricompone un piacevole ordine",
mi sono tornati alla mente quei soldatini di piombo
su cui potevo stendere solo colori sgargianti,
fantasticando con la mente
su quante cose e tempo utile, al mio Io,
avrei potuto colmare con loro.
Per concludere questo sfogo,
confrontando lo scorrere del tempo
con il suo navigare erudito e a prezzi scontati
mi sento d'affermare: che anche Abramo, Gesù,
Virgilio, Dante, Einstein e tutti i potenti del mondo,
hanno operato in modo che
la stragrande maggioranza dei bambini
entrassero a far parte di quel magazzino
di pelli usurate, a servizio di quel sudario Occidentale
che avvolge il mondo
e che permette ogni sera a tutti noi
buoni e cattivi,
di mangiare un piatto di minestra calda
e una bistecca di vitello "Cortisonico".
Ciao amico mio.