Chi non ha mai pensato in quale epoca avrebbe voluto vivere? O in quale paese? Ce lo chiediamo per gioco ma la risposta che diamo rispecchia di certo il nostro sentire. Io avrei voluto vivere nel 700 a Weimar. Weimar è ancora oggi un piccolo centro di una ridente piana della Turingia, il cuore verdissimo della Germania. A metà del ’700 era la minuscola capitale di un microscopico ducato. Goethe quando vi entrò nel 1775 commentava che in città vi erano seimila abitanti, galline comprese. Eppure proprio in quel buco, forse in virtù all’intelligenza del duca Karl August, un sovrano realmente illuminato, si radunò nel giro di pochi anni l’élite artistico-intellettuale della Germania: Wieland, il principale romanziere dell’illuminismo, Goethe, il massimo poeta tedesco di tutte le epoche e poi Herder, il suo ispiratore e il più geniale pensatore dello Sturm und Drang e infine Schiller, lo scrittore più grande del teatro tedesco e poi ancora Jean Paul, romanziere bislacco a cavallo tra illuminismo, classicismo e romanticismo. E intanto a poche miglia, a Jena, sede dell’università, anch’essa piccolissima, ma autorevolissima (vi insegnarono Fichte, Schelling e perfino Hegel), la giovane generazione, alla fine del secolo, impazziva per il romanticismo, la nuova corrente poetica e intellettuale, fondata da studenti geniali come i fratelli August e Friedrich Schlegel, da Tieck e soprattutto da Novalis.
È straordinario e misterioso che nel giro di qualche decennio e in un’area limitatissima ci fosse un tale appuntamento di anime spiritualmente eroiche che riscrissero la storia culturale d’Europa, e inaugurarono il pensiero della modernità.
E vi siete mai chiesto che personaggio avreste voluto incarnare? Io avrei avrei voluto essere Herder, teologo eretico e il più geniale pensatore dello Sturm und Drang. Herder aveva le funzioni di una specie di vescovo della chiesa protestante, ma era di formazione fortemente libera, radicata sia nell’illuminismo tedesco (era stato allievo di Kant) sia nella tradizione del pietismo baltico. Era un teologo eterodosso, che aveva portato il suo pensiero eretico all’interno della scolastica illuministica, scompaginandola con i virus dell’irrazionalismo di antica ascendenza luterana. Con Herder, che traduce l’ardua e angolosa visione del mondo di Hamann nel lessico della modernità, si crea una miscela intellettuale esplosiva con tanti nomi.
Uno di questi è storicismo, nel senso che Herder interpreta il destino dell’uomo, della comunità e delle civiltà in senso storico, fornendo a ogni individualità una sua identità storica a partire dal singolo uomo per estenderla alla nazione e alle comunità di nazioni. Herder segna un distacco da tutto il medio evo germanico, quello in cui ritroveremo il Faust goethiano che evoca Mefistofele. Sì, Herder parte per l’Occidente per rinascere, ma porta con sé un patrimonio straordinario che in contatto con la filosofia dei francesi esplose tragicamente.
Uno strano, buffo episodio segna questa detonazione. Herder deve interrompere il suo viaggio in occidente per una dolorosa e faticosa operazione agli occhi a Strasburgo. Si sistema in una locanda e qui deve trascorre un periodo in completa oscurità. E riceve le visite quotidiane di uno studente di giurisprudenza, appena ventenne, assai curioso, che aveva letto qualche suo scritto. Si tratta di Goethe che trascorre mesi interi al capezzale del suo mentore e maestro, di appena sei anni più grande. Per Goethe è una sorta di ritorno nell’oscurità fetale: ne uscirà rinato, e quando uscirà sarà la genesi della letteratura tedesca, sarà la nascita dello Sturm und Drang. E tutto ciò avverrà ascoltando i discorsi ispirati di un teologo eretico, per giunta bendato. Anche Herder tornerà alla luce e conoscerà la sua grande stagione, redigendo il diario di viaggio, scrivendo il Saggio sull’origine del linguaggio, che ancora oggi è una pietra miliare della linguistica, più che mai attuale se è vero (come è vero) che la nostra cultura novecentesca sorge con la rivoluzione linguistica di Saussure, Wittgenstein e del Circolo di Praga. E la fase creativa di Herder prosegue con uno scritto intrigante, poetico e filosofico: Ancora una filosofia della storia per l’educazione dell’umanità. E questa apertura a tutte le modalità possibili del nostro essere su questa terra culmina e trascende nell’invocazione finale che ci trasmette il brivido di questa cultura: così Herder raggiunge il culmine della sua illuminazione ed è quella luce che irraggerà per decenni da Weimar su tutta la Germania e su tutta l’Europa, inaugurando il secolo tedesco della cultura e della scienza.