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21-05-2004, 14.18.34 | #23 | |
Ospite
Data registrazione: 23-06-2003
Messaggi: 13
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Citazione:
Vedi, il problema in Dostoevskij è proprio questo. Per noi il romanzo non credo debba avere più una morale da insegnare, questo modo di scrivere è stato sepolto da Joyce, da Virginia Woolf, ma anche prima: da Henry James e da tanti altri scrittori a cavallo tra '800 e'900. Per noi il romanzo è una macchina da guerra che spera di suscitare le nostre emozioni, e che non è interessata minimamente alle emozioni dell'autore o a ciò che lui pensa del mondo e della vita. Dostoevskij, scavando e ri-scavando nei personaggi, e costruendo romanzoni proprio solo su questo scavo, finisce per ottundere i sentimenti del lettore, lo vuole condurre per mano verso le sue tesi, lo rende incapace di riconoscersi in essi. Sai, se accetti un paragone indecoroso: ti fanno soffrire e amare e giorire di più i film di John Ford (che sono anche filmicamente dei grandi film) o quelli di Eric Rohmer? In fondo è dall'alba dei tempi che la narrazione è mito, è sogno, è proiezione verso l'impossibile. Dostoevskij ci schiaccia. Ciao. P.S. Sono un maschietto, non una "lei" |
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09-06-2004, 16.53.50 | #24 |
Ospite
Data registrazione: 07-06-2004
Messaggi: 10
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Innanzitutto spero che questo spazio letterario-informatico, possa diventare un angolo di riflessione permanente su Dostoevskij.
Volevo fare due precisazioni: 1) ma qui inizia un'altra storia...una storia romantica, propria della letteratura tedesca, una storia quindi che non mi interessa raccontare (così si conclude Delitto e Castigo, naturalmente le aggiunte sono mie: provate a vedere un po' quante traduzioni vi è possibile vedere e troverete le stesse parole finali.) Raskol'nikov, probabilmente si suicida: il Castigo, la ha già provato, la voce della sua coscienza; Porfirj nulla può, non ha uno straccio di prova, ma lo intuisce dal primo fortuito in contro (che Rodion Romanovic è l'assassino) e lo lascia cadere da solo: i dubbi, non tanto il pentimento, remano contro Raskol'nikov. Ma ripeto altroche Bibbia: scontato il suo castigo penale fittizio, in pagine affrettate, dopo quelle incredibilmente belle del sogno all'infermeria, il destino di R. pare essere quello di Stavroghin e Kirillov. Il Dostoevskij di Delitto è castigo mi sembrò, almeno alla prima lettura, ateo. 2) Raskol'nikov, potrebbe significare, sia scisso in relazione allo scisma della Chiesa D'oriente, sia""schizofrenico"; è un nome messo lì a casaccio. Raskol (scisso) e NiKov (Nicola, imperatore, Napoleone). Dostoevskij dà vita al solipsistico unico di Stirner, mostrando come una certa lettura errata del pensiero stirneriano, se portata al'estremo, posa condure all'illegalità, al nichilismo e all'omicidio, forse anche al suicidio. Ma quello che premevo dire è che D. non conosce Nietzsche, mentre lo psicologo tedesco conosce Dostoevskij (sulla Volontà di Potenza, i riferimenti del filosofo di Rocken sono sia ai Demoni, e se non ricordo male quell'aforisma, o quei due aforismi, ai Karamazov). Per concludere il cerchio, N. conosce Stirner, ma non lo ammette: alcuni ne dubitano, c'è solo uno elemento storiografico, un allievo, che richiede in bibilioteca l'Unico, ma se qualcuno avesse avuto la fortuna di leggersi Der Eigentum, sin dalle prime pagine, quelle dedicate alla spiritualità, troverà straordinari accostamenti con la descrizione nietzschiana dello spirito libero; e poi anche la concettualizzazione dell'egoismo, mi sembra di derivazione stirneriana. Sarei felice se qualcuno volesse confrontarsi con me su questi spunti. Ciao |