FILOSOFIA QUANTISTICA e Spiritualità
La chiave per accedere ai segreti e all’essenza dell’essere. Di Ulrich Warnke
Traduzione a cura di Corrado S. Magro
In esclusiva assoluta per l'Italia, per gentile concessione dell’autore e dell’editrice Scorpio la traduzione del libro di Ulrich Warnke: Quantenphilosophie und Spiritualität.
Capitolo 5 - Febbraio 2015
Realtà e Informazione: Cosa sono per noi?
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5.5 Il ruolo dell’osservatore nella realtà quantistica
Scienziati eminenti sono tutti d’accordo nell’affermare che nella realtà quantistica l’osservatore assume un ruolo decisivo.
Niels Bohr dice: «Una visione, un fenomeno, è soltanto tale quando è un fenomeno osservato». E John Wheeler sul concetto di decisivo aggiunge che ciò vale a dire che colui che osserva, «è qualcuno che si serve di un’apparecchiatura di osservazione e si associa all’origine del significato». (Yam 2003)
Wheeler dice ancora: «L’insegnamento più importante della fisica quantistica è che i fenomeni fisici vengono definiti attraverso la domanda che ci poniamo su di essi». E il francese Zurek, basandosi sugli esperimenti da lui eseguiti, si esprime in forma ancora più generale: «Il sistema diventa decoerente (decoerenza = quando un sistema interagisce con l’ambiente) perché le informazioni trapelano verso l’esterno». (Yam 2003)
La risposta alla domanda: «In quale stadio del processo di misurazione, rispettivamente osservazione, avviene il collasso?» suona così: «Quando un essere umano si rende consapevole di una osservazione/misurazione»
Come funziona questo?
Ogni azione reciproca con un elettrone o anche con ogni altra particella elementare, idonea a rilevare una qualsiasi proprietà sulla particella, appartiene alla categoria “misurazione”. Ecco come si esprimono su ciò Paul Davies e John Gribbin: «Non appena viene eseguita una misurazione quantistica, l’oscillazione si collassa perché il processo di misurazione modifica la nostra conoscenza del sistema, cosa che di ritorno influenza il comportamento del sistema misurato». (Davies/Gribbin 1993)
L’osservazione/misurazione genera dunque un fenomeno quantistico elementare. La particella fissata attraverso l’osservazione, corrisponde ad una misurazione di luogo e noi apprendiamo la “Realtà” per lo sviluppo seguente delle forze sulle masse.
Contemporaneamente viene definito per quanto tempo deve durare lo sviluppo di queste forze.
«Senza la percezione sensoriale non esiste alcuna osservazione. Senza osservazione, senza misurazione noi non siamo in grado di assegnare una qualsiasi proprietà ad un sistema». (Zeilinger 2003)
Esistono frammenti di nuclei atomici che negli anni tra il 1980 e il 1987 furono analizzati in molti laboratori e ai quali venne dato il nome di “Anomalons”. Un Anomalon vive solo frazioni di secondi e i suoi effetti sono visibili solo attraverso metodi di dimostrazione molto complessi. La particella mostra una iterazione inconsueta e forte con altre particelle, ma le sue proprietà si modificano anche sotto le identiche esatte condizioni di laboratorio. La sua realtà dipende da chi di volta in volta la trova, rispettivamente di come se l’immagina chi la scopre (Thomson 1984). Nei laboratori sovietici vennero scoperti una serie di neutrini dotati di massa, ma niente parallelamente nei laboratori americani (Sutton 1985).
Sembra addirittura come se gli scienziati non scoprissero le particelle del mondo subatomico ma le creassero essi stessi. Da ciò si può dedurre: il mondo è da una parte nell’evento e l’evento è dall’altro lato incluso nel mondo. Ogni evento s’impossessa del proprio mondo.
Se i fisici non scoprono il mondo subatomico ma lo creano, per quale motivo allora gli effetti di certe particelle, poniamo il caso degli elettroni, hanno una realtà stabile? Perché caratteristiche ed effetti di un elettrone sono sempre gli stessi, indipendentemente di chi sta ad osservare gli effetti dell’elettrone? La soluzione del rebus potrebbe essere che l’elettrone quale grandezza efficace è noto da tanto e che i dettagli su di esso si siano ormai diffusi da tempo. Si potrebbe quasi dire che si sono accordati e generalmente accettati.
Se allora non possiamo prescindere dall’individuo e dalla sua autoistanza per svegliare le forze che commutano la realtà, dove rimane l’obiettività quale criterio più importante per la scienza e del quale noi andiamo così orgogliosi?
L’oggettività non esiste. Quando l’intelletto umano “oggettivizza” il proprio mondo, esso rimane per forza di cose all’esterno, poiché secondo la propria essenza non è oggettivabile, dice Schrödinger. Però, siccome tutto quello che esiste nei nostri pensieri e nella consapevolezza viene esclusivamente prodotto dall’intelletto/spirito, questo resta sempre l’artefice di tutto anche della scienza e dei suoi risultati. Schrödinger, nella stesura delle letture di Tarner che nell’ottobre 1956 furono presentate in suo nome presso il Trinity College di Cambridge, in un momento in cui era degente, riassume così: «…mentre l’immagine del mondo, è e rimane essa stessa e per ognuno una creazione del proprio spirito, e oltretutto non possiede alcuna esistenza dimostrabile, lo stesso spirito rimane nondimeno un estraneo all’immagine, egli non vi trova posto e all’interno non s’incontra in nessuna parte».
Suona paradossale. Il nostro spirito proietta la sua forza con l’aiuto dei pensieri e della consapevolezza verso l’esterno in una propria costruzione spazio-temporale e crede fermamente che il divenire possegga una realtà indipendente da se stesso.
Schrödinger dice ancora: «L’intelletto, confrontato con questo compito veramente ciclopico (la costruzione del mondo esterno reale da “sostanze spirituali”, come annota l’autore) non può farcela altrimenti e non gli resta che tirarsi indietro dal suo stato comprensibile di spossatezza mediante un artificio semplicistico». (Schrödinger 1989)
Possiamo dunque fissare il concetto che tutto viene pilotato dall’intelletto. Argutamente potremmo dire che il nostro agire è ascientifico, quando non ci poniamo la domanda sull’intelletto e del suo effetto sulla materia e sulla vita. La carenza di conoscenze che ne deriva, si fa notare massivamente nella società odierna.
Gli effetti della dipendenza quantistica, specifica all’osservante, emergono anche nell’universo macroscopico. I grandi oggetti, sono in ogni caso sempre composti in esclusiva da piccole unità. Incontreremo naturalmente sempre scettici che applicano i principi della fisica classica sugl’individui e vogliono lasciar fuori la consapevolezza dei medici e del paziente coinvolto. Sennonché, proprio perché si tratta della salute delle persone si dovrebbe evitare l’errore comune d’ignorare le componenti intellettuali che giocano un ruolo decisivo sull’essenza della vita e di assumere invece il ruolo dell’osservatore sempre più consapevolmente. Ciò, secondo Shimon Malin, consiste «nel creare determinate condizioni, finalizzate per la transizione del possibile al reale». Tali condizioni stabiliscono «il tipo di realtà che emerge alla superficie», ma non le sue particolari proprietà. (Malin 2003)
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