Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino
La genesi del mondo moderno
Marzo 2009
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Prima di avviare una riflessione riguardo al tema di questo articolo, considero necessaria una piccola precisazione: la maggior parte delle notizie che ho riportato è tratta dall’opera di un autore straniero, che le riporta in forma molto più dettagliata di quanto io le abbia esposte. Si tratta di un bravo esoterista con vastissime conoscenze storiche, non sospettabile né di filoebraismo né di antisemitismo; se c’è qualcuno che vuole approfondire, mi scriva e gli darò il titolo.
Invece in Italia - al di là dei cenni storici sulla setta dei Sabbataisti, che si possono reperire in varie parti della rete - i soli accenni al loro progetto si trovano in siti di tendenza antisemita, che però tendono a integrarlo nel teorema di un complotto ebraico volto alla rovina del genere umano: inutile dire che l’imperativo di ottemperare a questa esigenza – non diversamente da qualunque altro pregiudizio ideologico – è un letto di Procuste che mutila e deforma la realtà.
Per esempio: è assurdo affermare che la diffusione della Qabbalah nel Rinascimento - fenomeno riconducibile alle iniziative individuali di alcuni esoteristi europei - possa essere associata a un presunto “piano” ordito dagli Ebrei come popolo per preparare l’avvento dei Sabbataisti; di più se si tiene conto che le teorie sabbataiste furono caratterizzate fin dalle origini da una vivace polemica nei confronti dell’ortodossia ebraica.
E’ giusto consentire che idee di questo genere siano pubblicate, perché il proibizionismo produce risultati opposti a quelli voluti; ma rappresentano un brutto sintomo della situazione culturale del nostro Paese, e c’è da augurarsi che in futuro diventi nuovamente possibile dibattere dell’influenza ebraica sulla civiltà occidentale come di un argomento qualsiasi: ovvero per puro amore della conoscenza, senza sentirsi obbligati a prendere posizione in favore o contro.
Pur sempre critica, anche se più moderata, è la posizione dei tradizionalisti di scuola guenoniana: che antisemiti non sono, ma trovano verosimile che il Progresso – la loro grande “bestia nera” – possa essere sorto dall’azione di gruppi esoterici praticanti una forma di “Qabbalah deviata”.
Per quanto concerne il loro punto di vista, ritengo sbagliato sostenere che tutti gli Alti Gradi massonici possano essere derivati dall’influenza dei Sabbataisti, e ancora di più che sia opera dei Sabbataisti la rivalutazione massonica del Templarismo: queste due ipotesi fanno a pugni con la storia a un punto tale che non mi sembra nemmeno il caso di confutarle.
Invece un merito della posizione guenoniana è di porre in risalto che la classificazione del non-fare sabbataista è strettamente legata alla nostra opinione sul Progresso. Se il Progresso è il Male, allora è senz’altro vero che Sabbatai fu il Diavolo, o perlomeno un suo importante emissario. Se invece è il Bene, o se può esserci nel Progresso del bene, allora il suo non-fare è stato un legittimo tentativo di governare la meccanicità delle masse mediante idee consapevoli (emozioni positive) come da sempre alle organizzazioni esoteriche è deputato di fare; e la ragione della sua segretezza andrebbe ricercata semplicemente nel fatto che i suoi obbiettivi erano tanto avanzati da risultare indecifrabili per gli uomini del Settecento, per cui vennero tenuti coperti a scanso di malintesi.
In questo senso credo vadano intesi gli accenni di Zevi alla penetrazione in campo nemico, che solo se presi alla lettera possono essere interpretati in chiave di un complotto; mentre avevano in realtà lo stesso significato del simbolo della jihad così come viene comunemente utilizzato in ambito Sufi.
Il Progresso è il Male o il Bene? Lascio al lettore la risposta. Personalmente, sono senz’altro disposto ad ammettere che lo stretto legame con il mondo della materia cui il Progresso ci ha costretti presenta effetti fuorvianti: edonismo, valori falsati, avidità, chi più ne ha più ne metta. Ma niente è davvero cambiato: chi sente il richiamo della conoscenza ci arriva comunque, potendo inoltre contare sull’appoggio di mezzi e strumenti che i nostri nonni non si sognavano neppure.
A proposito, io ho cinquantatrè anni, ho viaggiato e vissuto dove il Progresso non è arrivato e ho visto come se la passano i miei coetanei da quelle parti: sdentati, malati, estenuati dalla fatica, il loro primo pensiero è la morte ormai vicina. Io sto bene, lavoro, scrivo articoli, faccio progetti, e se dovessi ammalarmi qualcuno – bene o male – mi curerà.
I danni in quei Paesi non sono opera del Progresso ma del capitalismo, ovvero della distribuzione ineguale delle ricchezze; ma oggi c’è la tendenza ad accomunare sbrigativamente i due concetti nella stessa condanna. Sarei disposto a dare ragione a chi la pensa in questo modo se fosse coerente, ma non è mai così: viaggia su internet, si cura con la penicillina, insomma approfitta di tutti i vantaggi del Progresso senza farci caso, e se ne parla è soltanto per addossargli la colpa di tutti i misfatti che sono opera del capitalismo; col sottinteso che, se il Papa non avesse dato retta al suo cuore tenero e avesse bruciato Galileo, il mondo in cui viviamo sarebbe infinitamente migliore.
Personaggi di questo genere si trovano, in verità, sia a destra che a sinistra, ma per ragioni diverse. Il tradizionalista di destra mira a distogliere l’attenzione dalle colpe del capitalismo perché non vuole che sia abbattuto; quello di sinistra perché la storia gli ha insegnato che a parlare male del capitalismo si va nei guai, mentre il Progresso è un’entità astratta e paziente che continua a largire doni anche a quelli che lo maledicono.
Comunque la si pensi, per chiunque sia disposto a riconoscere la possibilità di un rapporto tra l’azione magica e i fatti della storia è d’obbligo osservare che il successo del non-fare sabbataista fu clamoroso. Nel 1733 l’inglese John Kay inventò la spoletta meccanica, che a colpo d’occhio non sembra un’invenzione fenomenale, ma grazie a questa e ad alcune altre fortunate scoperte (come ad esempio il telaio meccanico e il motore a vapore), per la prima volta nella storia una minoranza di esseri umani poté dedicarsi alla produzione di merci in quantità molto maggiore a quelli che erano i suoi bisogni: la rivoluzione industriale era nata.
In verità sono ben consapevole che, oggi come oggi, a riconoscere la possibilità di un rapporto tra l’azione magica e i fatti della storia non siamo in tanti. Saremo forse qualcuno in più specificando che non è mia intenzione proporre il non-fare dei Sabbataisti come spiegazione alternativa dei fatti che portarono alla rivoluzione industriale: ovvero, non intendo negare che questo o qualunque altro avvenimento storico possa e debba essere spiegato mediante l’analisi dei processi economici.
E’anche vero, però, che la contrapposizione tra materialismo e un ipotetico spiritualismo è uno dei principali e più deleteri pregiudizi che inibiscono all’uomo la piena comprensione del mondo in cui vive. Quanti credono nell’azione di “Dio” o di altre ipotetiche forze occulte tendono spesso a scambiare le proprie illusioni con la realtà, e si rivelano carenti nell’analisi dei fatti legati al mondo della materia; e d’altra parte, chi si sforza di limitare il proprio giudizio ai soli aspetti razionali ha spesso la sensazione che “qualcosa” gli stia sfuggendo, e che il corso degli eventi si stia beffando delle sue previsioni.
E’ quindi forse più opportuno evitare di legarsi a regole generali sui rapporti di causa e effetto (è nato prima l’uovo o la gallina?) e sposare una qualche forma di marxismo prudente non nei fini ma nel metodo; così fece Marshall McLuhan in uno dei miei libri preferiti, Understanding Media, dove suggerisce che l’evoluzione della struttura sociale e quella dei media non possono in nessun modo essere trattate separatamente, in quanto si tratta esattamente della stessa cosa.
Lo stesso principio vale ancora di più per il rapporto che lega struttura sociale ed esoterismo, in quanto da sempre quest’ultimo si rimodella consapevolmente proprio in base alla legge di analogia.
Per questo non c’è da stupirsi se, nello studio dei non-fare sciamanici ed esoterici, troviamo eventi magici che hanno il loro corrispettivo in eventi storici consumatisi simultaneamente o poco dopo; sarebbe già un bel primo passo se gli scettici si risolvessero a prenderne atto, omettendo di relegarli nell’ambito della superstizione o dell’ideologia. Dopodiché, l’analisi delle concatenazioni causali legate a un non-fare porterebbe a comprendere come e perché funziona, e la produzione di non-fare utili all’umanità potrebbe diventare una scienza in grado di strappare alle reti Mediaset il monopolio sull’emozionalità delle masse (con costi minori).
E’ risaputo, del resto, che molte tecniche cosiddette scientifiche utilizzate in pubblicità (analisi transazionale, programmazione neurolinguistica eccetera) sono in realtà di origine esoterica, e in certi loro tratti si avvicinano abbastanza alle tecniche utilizzate nei non-fare. Se ne differenziano in quanto mirano a obbiettivi molto più circoscritti: persuadere la gente a comprare un dato sapone piuttosto che un altro – perdipiù con il sostegno di un possente apparato economico e mediatico – non richiede un grande approfondimento della teoria generale dell’esoterismo, basta la conoscenza di alcune semplici regole legate alla meccanicità.
Formare le opinioni politiche è già un po’ più difficile, ma non di molto: basta associare alle idee che si intendono promuovere emozioni piacevoli, ed ovviamente emozioni sgradevoli alle idee opposte. Per fare questo sono necessarie conoscenze già un po’ più approfondite, ma siamo ancora lontani dall’efficacia operativa di un vero non-fare: per quanti grattacieli Bush possa buttar giù a colpi di aeroplano, non ha nessuna speranza di raggiungere un decimo dell’effetto ottenuto da Gesù con una sola Crocifissione.
In definitiva, quello che ci ha salvato finora dalla scoperta delle leggi fondamentali del non-fare da parte del mondo capitalista è il suo pragmatismo: a nessuno interessano davvero gli obbiettivi a lunga scadenza. Se no, staremmo freschi.
Non sarebbe niente male se provassimo a colmare la lacuna e a scoprirle noi.
Daniele Mansuino
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