Riflessioni sull'Esoterismo
di Daniele Mansuino indice articoli
Controcultura, esoterismo e droghe
Maggio 2010
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Quando parlo di controcultura, parlo di qualcosa che non corrisponde esattamente al significato odierno della parola, che è la traduzione letterale del counterculture americano. Nell’Italia degli anni settanta, il termine controcultura aveva assunto un senso più specifico: si riferiva a una realtà politica nata più o meno a metà strada tra i due grandi movimenti giovanili del 1968 e del 1977, ereditando parecchi contenuti dal primo e anticipandone altri del secondo.
Sta forse proprio in questa collocazione cronologicamente ibrida una delle ragioni principali del suo oblio, che è davvero impressionante: oggi, quando racconto a qualcuno di essere stato un hippie, ben poche persone comprendono esattamente ciò che voglio dire.
Eppure la controcultura italiana poteva contare, al sommo della sua gloria (ovvero all’incirca il periodo 1973-74), su una rete di contatti a livello nazionale che copriva l’intera penisola. Ne facevano parte più di un centinaio di gruppi giovanili indipendenti : centri di controcultura nelle città e comuni di campagna. Circa una metà facevano riferimento a Re Nudo di Milano, l’altra metà a Stampa Alternativa di Roma.
Quest’ultima non aveva ancora assunto la veste della casa editrice che si sarebbe affermata in seguito con i libri a mille lire. Era un’agenzia di stampa che si faceva portavoce delle principali istanze del sottoproletariato giovanile dell’epoca : l’esigenza di decommercializzare il mondo della musica, la lotta contro la famiglia, la battaglia per la liberalizzazione delle droghe – tutte battaglie gloriosamente perdute.
Guardando alla controcultura oggi - a quasi quarant’anni di distanza - credo di poter affermare che si trattò del momento più elevato di una concezione introdotta a livello di massa dal Sessantotto, e che ai nostri giorni è lontana come può esserlo un’altra galassia : l’unificazione della politica e della vita – la politica vissuta come esperienza formativa a livello interiore.
Da questo punto di vista ci sono tratti in comune con l’esoterismo, e in effetti negli anni del riflusso il passaggio dalla controcultura all’esoterismo avvenne per me come un processo spontaneo, senza che avvertissi nessun senso di contraddizione.
In verità, pur essendo ragazzi scappati di casa che per sopravvivere si affidavano alla colletta, rispetto alla media dei nostri coetanei di allora eravamo coltissimi. Fummo tra i primi, credo, a rilevare e dibattere le analogie tra lo sciamanesimo degli Indiani d’America e i principali filoni della spiritualità orientale ; divoravamo gli studi di Albert Hoffmann e Timothy Leary sull’LSD, intuendo la loro correlazione col verbo della contropsichiatria predicata da Cooper e Laing e con la società dello spettacolo che Vaneigem vaticinava.
Insomma eravamo consapevoli – anche se in modo abbastanza pionieristico, infantile e confuso – delle enormi conseguenze che la “scoperta” degli stati alterati di coscienza avrebbe implicato di lì a poco per l’intera civiltà occidentale.
Al di là di tutto questo, vivevamo nella certezza di star sperimentando nuove forme di aggregazione sociale destinate a trasmettersi a tutto il genere umano dopo la rivoluzione, che si credeva fosse imminente. Anche se tra noi i livelli di politicizzazione erano diversi (molti coglievano soprattutto l’aspetto ludico della cosa), non mancavano quelli come me, che vivevano la controcultura come una forma di severa militanza, e si arrabbiavano molto per la disaffezione mostrata nei nostri confronti da parte dei gruppi della sinistra extraparlamentare.
Disaffezione che non sarebbe durata a lungo : nel 1975 Lotta Continua – dopo un famoso congresso – deliberò di accogliere nelle sue file anche l’ultima generazione di hippies, innescando il fenomeno che avrebbe dato origine al movimento del 77 e a quel che seguì.
Tutto questo per dire che il mio approccio al mondo delle droghe avvenne in un modo “fortunato” che oggi sarebbe del tutto inconcepibile : ovvero, dopo il severo studio di un bel po’ di manualetti e documenti di Stampa Alternativa sull’argomento, i cui capisaldi teorici potrebbero essere ancora oggi Vangelo.
1 – bisogna stare molto attenti a non consumare droghe di cattiva qualità o tagliate con sostanze nocive ;
2 - hashish e marijuana sono completamente innocui per la salute e non danno assuefazione fisica ;
3 – tutte le “droghe chimiche” (eroina, cocaina, anfetamine ecc.) fanno male ;
4 – fa eccezione l’LSD, perché la quantità di sostanze chimiche assimilate dal corpo è minima ; però la sua assunzione sottopone il cervello a uno stress notevole, quindi per evitare danni occorre consumarlo con la garanzia di poter soggiornare in un ambiente rilassante e protetto, possibilmente in compagnia di persone amiche e non aggressive.
Attenendomi a questi principi, la mia esperienza con le droghe fu idilliaca per almeno 3 anni. Poi, nell’inverno tra il 1976 e il 77 (almeno, dalle mie parti avvenne in quel periodo, altrove non so) l’influenza delle organizzazioni criminali sul mercato delle droghe divenne più forte, e venne a mancare la possibilità di esercitare un controllo su quella che oggi verrebbe definita la filiera. Progressivamente, le piccole organizzazioni spontanee di hippies che curavano il commercio furono sgominate per mezzo di soffiate, e negli anni seguenti alcuni miei amici che si ostinavano ad occuparsene vennero addirittura uccisi.
L’influenza delle mafie determinò anche il boom dell’eroina, che fino ad allora (almeno in Italia) era stata una droga largamente minoritaria. Le conseguenze furono nefaste : la figura sociale del “capellone” (prima tollerata e guardata con una certa simpatia, soprattutto perché associata agli artisti che avevano fatto grande la musica giovanile) divenne sinonimo di “tossico” – persona che fa del male a sé stesso e agli altri, ruba e fa danni : a chiunque avesse la colpa di portare i capelli lunghi, i baristi cominciarono a negare l’accesso alle toilettes dei bar…
Insomma, vennero a mancare le condizioni perché l’esperienza hippie potesse continuare. Poco dopo arrivò anche il rapimento Moro, i cui sviluppi politici chiarirono definitivamente – a chi non l’avesse capito – che la rivoluzione non si sarebbe fatta tanto presto, ponendo il definitivo suggello al magico Doposessantotto.
A migliaia fummo costretti ad affrontare il problema di inserirci nel mondo del lavoro, riuscendoci più o meno brillantemente. Poiché hashish e lavoro sono realtà abbastanza incompatibili, decisi di smettere : passai da un giorno all’altro da circa 20 spinelli al giorno a zero, senza nessun problema (per quanti ancora oggi sono convinti che l’hashish dà assuefazione), e da allora la mia vita non si è più incontrata con le droghe.
Quello che mi è rimasto è soprattutto una mobilità del punto d’unione molto superiore alla media, che mi consente ogni tanto di sognare in modo assai diverso da come sognano le persone normali, visitando consapevolmente diversi stati dell’essere. Devo dire però che questo dono cominciò a manifestarsi nella mia persona circa 10 anni dopo aver chiuso con le droghe (in simultanea con eventi di un ordine completamente diverso, come l’ingresso in Massoneria), quindi mi chiedo se davvero le droghe abbiano avuto un peso o se il processo non si sia innescato in seguito ad altri avvenimenti : ad esempio, le iniziazioni sciamaniche che ho ricevuto nel 1980 in Nuova Zelanda.
Il punto d’unione è l’organo, di cui ho trattato in diversi articoli (vedi ad esempio L’ipnosi di massa) che consente all’uomo di selezionare le energie sottili destinate poi ad essere analizzate dai sensi. L’arte di imparare a spostare consapevolmente il punto d’unione è la chiave del processo di trasmutazione interiore (almeno per quanto riguarda le scuole trasmutatorie che utilizzano metodi operanti direttamente sulla psiche ; ne ho parlato in articoli come La genesi del mondo moderno e Sull’esoterismo tradizionale).
Senza l’ausilio di droghe, spostare il punto d’unione con la sola forza di volontà è molto difficile : praticamente, la sola possibilità risiede nel lavoro sui sogni, che è la tecnica praticata pressoché universalmente in seno alle scuole sciamaniche dirette. Da questo punto di vista il lavoro di ricerca svolto con le droghe è prezioso, a condizione che chi lo mette in opera sappia ciò che fa.
Nelle scuole sciamaniche dirette (per la distinzione tra scuole dirette e indirette, si veda l’articolo Sulle influenze C in Massoneria), è prassi comune che il maestro somministri al discepolo – almeno nel corso della prima fase dell’insegnamento – sostanze psicotrope che spostano forzatamente il punto d’unione : non tutti i discepoli hanno bisogno di passare per questo stadio, ma per alcuni è necessario, come spiegò benissimo Carlos Castaneda nei suoi primi libri (ben presto però le reazioni sdegnate dei moralisti lo costrinsero a fare marcia indietro, e da un certo punto in avanti di droghe non parlò più).
Un altro caso di droga utilizzata nell’ambito di scuole trasmutatorie dirette è quello della kava (droga peraltro leggerissima) nel Pacifico occidentale, di cui ho trattato nell’articolo John Frum ; ma innumerevoli altri esempi potrebbero essere fatti passando al setaccio l’attività degli sciamani in tutti i continenti.
Quanto alle scuole sciamaniche indirette – ovvero quelle ordinariamente classificate nell’ambito delle macumbe interetniche latinoamericane – è comune l’utilizzo di droghe legali, come gli alcolici, per favorire il processo di contatto tra il praticante e i misterios (o loa, ecc.), e in certe aree – come l’Amazzonia o il sudovest degli Stati Uniti – vengono utilizzate anche sostanze vegetali, come erbe o funghi.
Anche in questi casi, l’uso delle droghe è regolamentato e rigidamente sottomesso all’attività dei maestri ; inoltre è da notare che, anche nei casi in cui sembra più libero - come nel voodoo haitiano o in certe scuole di Rio de Janeiro – l’obbiettivo non è mai il raggiungimento dello stato orgiastico fine a sé stesso, come una certa letteratura scandalistica tende talvolta a ipotizzare.
Passando all’esoterismo “classico” di scuola occidentale, la prima cosa da dire è che quasi nessuna scuola contemporanea prescrive, né tantomeno consiglia, l’uso di droghe. Fanno eccezione quelle che derivano più o meno direttamente dalla stregoneria delle campagne, in cui si usano pozioni e pomate di origine vegetale (il cui principale ingrediente è spesso la belladonna) allo scopo di favorire il distacco dal corpo (OOBE o OBE) ; come ho spiegato nell’articolo Il lavoro sui sogni, si tratta di un primo passo importante per acquisire la completa mobilità del punto d’unione, quindi se il maestro lo prescrive l’uso di tali sostanze è senz’altro consigliabile - naturalmente facendo bene attenzione a non violare la legge, e facendosi sempre guidare da una persona veramente esperta per evitare possibili danni alla salute.
Sono a mio avviso da evitare tutti gli “sballi” magici aventi come unico fine di far cadere i freni inibitori e di stordirsi. Anche se negli ultimi decenni autorevoli esponenti del mondo esoterico (perfino facenti riferimento alla destra : a quella destra che in Parlamento non vuol sentir parlare nemmeno di legalizzare la marijuana…) si sono espressi con una certa indulgenza in tal senso, non esiste ai nostri giorni (almeno che io sappia) nessuna scuola trasmutatoria esoterica fondata su pratiche orgiastiche, per quanto senza dubbio ne siano esistite in passato ; quindi è legittimo il sospetto che si tratti in realtà di un modo per fornire un alibi culturale allo sballo fine a sé stesso – divertente faccenda contro cui non ho obiezioni di carattere morale, ma che con l’esoterismo non c’entra niente.
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