Riflessioni dal web Indice
Animismo e società
(prima parte)
di Antoine Fratini
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Ognuno faccia i propri conti, dipendenti, liberi professionisti, "padroncini" o semplici operai non cambia molto nella sostanza, perché la maggior parte delle volte chi ottiene di meno non lo fa per scelta, ma invidia chi ottiene di più. Oltre al tempo addebitato alla ricerca del guadagno, dobbiamo poi aggiungere anche le ore passate quotidianamente alla ricerca e al godimento dei beni di consumo, dei beni tecnologici e della loro riparazione (lavastoviglie, computer, automobili, condizionatori, TV...). Aggiungiamoci anche otto ore di sonno e un paio d'ore per nutrirsi e non rimane che spiccioli, ritagli di tempo da dedicare eventualmente alla relazione con se stessi e con gli altri, alla contemplazione, alla meditazione, alla lettura, alla scrittura, all'attività artistica e a tutte quelle attività che nobilitano l'anima. Questa analisi si basa su segnali così diffusi, ripetitivi e lampanti che quasi non necessita di dati oggettivi o statistici a supporto. I miei strumenti sono in questo caso l'occhio, cioè l'osservazione, e la sincerità, cioè l'anima. Non mi aspetto che molti si riconoscano riflettendosi al mio specchio, poiché l'immagine che via via prende forma durante le lettura di queste righe riguarda una parte importante dell'Ombra dell'umanità. Il primato accordato alla matematica, alle scienze "dure" e alla tecnologia nei sistemi scolastici di tutto il mondo determina chiaramente la direzione dell'evoluzione dell'uomo e della sua società: il cosiddetto "sviluppo". Come potrà essere l'uomo del futuro se non ancora più cinico e distaccato dalla propria anima? Forse mi si obietterà che proprio le tecnologie potrebbero in futuro costituire l’ancora di salvezza dell'uomo: nuove fonti di energie più pulite e inesauribili, sviluppo della medicina e della chirurgia, monitoraggio ambientale costante... Mi chiedo però in tutta franchezza se possa valere la pena che questa umanità si salvi. Tutto ciò che l'uomo di bello e di buono può fare deve sottostare alle leggi del Mercato e quindi essere redditizio. L'odierna guerra nei paesi industrializzati verte proprio su questo: il Mercato. Il che vuol dire, per esempio, battaglie delle grandi multinazionali per l'acquisizione dei diritti sul genoma umano, sullo spazio e su altre risorse che dovrebbero essere di tutti, quindi non privatizzate e neanche sfruttate in operazioni contrarie al senso etico. Ora, proprio l'etica costituisce un problema per il profitto e quindi per l'andamento e lo sviluppo del nostro sistema. Al contrario, l'etica era uno dei valori principali reali delle civiltà tribali. Il materialismo ha praticamente eliminato l’animismo dalla coscienza dei popoli. Da sacri, i luoghi, le cose ed infine le persone sono diventati potenzialmente sfruttabili, entità distaccate dalla nostra anima. Madre Terra è stata abbattuta selvaggiamente e non si intravedono modi per farla risorgere dal cumulo di materia sopra il quale giace sepolta.
Tutti i popoli tribali intrattengono rapporti di sacralità con i luoghi della terra in cui entrano in risonanza. Questo, perché essi accordano una importanza primaria alle cose dell'anima, ai sentimenti, alle intuizioni, ai momenti vissuti, alla memoria e alla tradizione. Noi invece, al massimo erigiamo un monumento "à la grandeur" di qualche uomo politico nelle piazze delle nostre città. Eppure, coloro tra di noi, giovani o anziani che siano, che percepiscono maggiormente l'anima e il tempo che passa si affezionano al loro quartiere, alle loro colline se abitano in campagna e persino agli alberi che li circondano, testimoni silenziosi di momenti di vita trascorsi. Costoro, sono certo che mi possono capire quando parlo di anime e di sacralità. L'importanza vitale di recuperare le tradizioni, di rispettare il mondo anziché stravolgerlo per mero profitto, deriva soprattutto dal fatto che le cose che rimangono e che seguono il corso della Natura favoriscono il contatto con i valori trascendentali dell'anima. In termini junghiani questo atteggiamento favorisce la realizzazione dell'asse Io/ Sé, permette cioè all’Io di ritrovare le proprie origini e di mettere in relazione la propria dimensione individuale con il Tutto, trovando così un senso alla propria vita. Questo passaggio dall’Io al Sé tanto auspicato dal saggio di Kusnacht potrà verificarsi su scala collettiva e sociale solo quando i valori della società passeranno dal profitto e dal potere, all'armonia e alla realizzazione dell'individuo. Per questo il confronto con le culture animistiche è particolarmente utile e stimolante in quanto armonia e realizzazione individuale sono per loro i valori centrali su cui poggiano la struttura stessa della loro società. In una società massificata, in una macrosocietà, i singoli faticano oltremodo a percepire il senso della loro esistenzia e i rapporti sono forzatamente improntati all'egoismo, all'agonismo e all'antagonismo. L'Altro è percepito per esempio molto di più come colui che porta via un posto di lavoro che come colui che grazie alle sue qualità e funzioni specifiche aiuta gli altri a seguire la propria strada e a realizzarsi nella società. Il sentimento di sfruttamento è estraneo alle civiltà tribali, mentre è onnipresente nella nostra. Durante la preparazione del rito del Peyote, gli indios messicani dell’etnia Huichol percorrono, come in un pellegrinaggio, i luoghi sacri della terra degli antenati fino a scoprire, ad un certo punto, "l'immagine di sé riflessa nello specchio delle montagne della Sierra". Per loro le tappe di questo pellegrinaggio sono altrettanto incontri con le divinità dei luoghi (come i genius loci degli antichi romani). Questo sentimento oceanico di fusione con la Terra, con i suoi luoghi e paesaggi, è completamente estraneo alla nostra cultura, ma non al nostro inconscio. Si tratta quindi di recuperare ciò che, come dice la famosa massima alchemica a proposito della pietra filosofale, oggi è deriso, "calpestato nel fango dalle bestie da soma e dei greggi". Il problema, mi sembra, è fare passare questi valori, percepibili attraverso metodi e atteggiamenti contemplativi di cui il nostro inconscio si nutre, dalla psicologia individuale a quella collettiva, cioè alla cultura.
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