Umana-mente
di Eliana Macrì - indice articoli
Hegel e il viaggio dello Spirito
Novembre 2021
Siamo in pieno Romanticismo, l’intelletto è sceso dal carro trionfale per lasciare il posto alla ragione. La rivoluzione francese ha esaurito le sue forze e il Congresso di Vienna ha restaurato lo status quo ante bellum.
Ma nella storia degli uomini e dei popoli nulla torna mai realmente com’era prima. Tutto ciò che avviene nel bene o nel male segna il presente e condiziona il futuro, anche quando non ne siamo da subito consapevoli. Non siamo mai quelli che eravamo ieri, né nell’anima né nel corpo, su cui è scritta la nostra storia che condividiamo con gli altri.
Per il filosofo Hegel è un processo a spirale dove non si torna al punto di partenza, semmai si porta con sé il punto di partenza. Una sorta di superamento che è ad un tempo un togliere e un conservare, o forse sarebbe meglio dire un togliere e un sollevare, perché ad ogni spira si è sempre un gradino più in alto sia sul piano della consapevolezza che su quello dell’essere.
Pensiamo alla maieutica socratica, Socrate chiedeva al suo interlocutore la definizione di un concetto o un’idea, attraverso una serie di domande ne sviscerava tutte le sfumature di significato portandone alla luce le contraddizioni e solo da una critica, apparentemente distruttiva, emergeva una seconda definizione. Più vera, più reale proprio perché teneva conto sia della prima definizione (tesi) sia della critica ad essa mossa (antitesi). Avrà con sé il positivo della tesi, ma la solleverà a un livello superiore perché passata al vaglio della negazione. Sarà la tesi sublimata dall’antitesi, quella che Hegel chiama sintesi.
E se ci riflettiamo è un po’ quello che accade ogni giorno a ognuno di noi: abbiamo dei preconcetti su tutto ciò che ci circonda, persone, eventi, cose, che non sono da interpretare necessariamente in maniera negativa. Fa parte dell’uomo e della sua storicità, dirà Heidegger ciascuno di noi si trova costantemente rinviato a una certa situazione interpretativa che gli è stata preliminarmente data e dispone già da sempre di una certa precomprensione di ciò intorno a cui si pone delle domande proprio in quanto l’uomo nasce in un determinato tempo e in un determinato spazio. Non si tratta di prescinderne ma di esplicitarli e interpretarli in modo consapevole e ciò può avvenire solo nel confronto con gli altri. Si tratta di infondere loro il movimento della vita, di gettarli nella pianura dove ognuno di noi combatte la sua battaglia, vive la sua vita, è architetto della sua storia. Una storia che si nutre delle relazioni con gli altri, e nelle relazioni con gli altri è chiamato in causa tutto il nostro essere e il nostro esserci. Ogni uomo a suo modo è un guerriero, un eroe che deve affrontare delle prove, un viaggiatore tenuto a compiere dentro di sé quel percorso che l’umanità ha compiuto nella storia e che l’ha portata a livelli di coscienza e consapevolezza sempre maggiori.
Già Eraclito, il filosofo del divenire, sostenne che la realtà è un confronto-scontro tra opposti e che solo da tale conflittualità può emergere l'unità degli opposti. Ed è proprio alla filosofia eraclitea che Hegel si richiama quando afferma che la vera natura dell’incontro è lo scontro, solo attraverso questa tensione conflittuale si snoda il processo evolutivo del singolo uomo e dell’intera umanità. Che è un processo di conoscenza continua in cui ogni cosa, sia esso uomo o idea, può progredire solo se passa attraverso quello che Hegel chiama il travaglio del negativo. Eraclito aveva notato come il concetto di salute non fosse comprensibile se non in riferimento al concetto opposto di malattia e aveva sottolineato che la strada in salita è anche in discesa, a seconda di come la si guardi. Hegel spinge oltre la riflessione sottolineando come ogni cosa, per divenire ciò che è, deve passare attraverso il momento più doloroso: la negazione di se stessa o meglio di ciò che è stata fino a quel momento. Come ogni nostro pensiero, idea, concezione perfino credenza deve attraversare la porta dell’esperienza, deve essere tirata giù dal cielo alla terra ed essere vista nel gioco delle contrapposizioni, proprio come Socrate aveva spezzato la monoliticità del logos nelle vie del dia-logos, così tutto ciò che esiste deve negarsi come tale per assurgere a un livello superiore. Il seme solo negandosi come seme può divenire pianta, l’adolescente solo negandosi come tale può diventare uomo, il fiume solo negandosi come fiume può diventare mare. Ma la pianta non è solo la negazione del seme, è il seme che è divenuto pianta dopo avere attraversato la travagliata scissione di sé, il fiume non si è perso nel mare ma ha trovato la sua ragione d’essere, così l’adolescente è maturato in quell’uomo che è il risultato delle prove che ha dovuto affrontare.
Ecco che da buon romantico Hegel può affermare che ogni negativo è anche positivo, che nella sofferenza affiori sempre del bene e che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione. Tale organismo non avendo nulla fuori di sé è l’Assoluto o Infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni parziali di esso, coincidono con il finito. Come la parte non può esistere se non in connessione con il tutto, in rapporto al quale soltanto ha senso e vita, così il finito esiste solo nell’Infinito e in virtù dell’Infinito. L’Assoluto o Infinito per Hegel è un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che esiste è un momento o una tappa della sua realizzazione.
Nella Prefazione alla “Fenomenologia dello Spirito” Hegel scrive che vero è l’intero, ma l’intero si completa solo mediante il suo sviluppo e giunge a rivelarsi per quello che è veramente solo alla fine, nell’uomo. Per Hegel solo l’uomo è dotato di spirito e quando parla di Spirito del mondo intende la somma di tutte le espressioni umane, la vita, i pensieri, le culture che nel corso della storia si sono susseguite. Questo Spirito del mondo si evolve verso una consapevolezza di sé che diventa sempre più grande, come i fiumi che si allargano sempre più a mano a mano che si avvicinano al mare, e la storia non è nient’altro che il modo in cui lo Spirito del mondo lentamente acquista consapevolezza di sé.
La conoscenza umana continua ad espandersi ed andare avanti attraverso il farsi dinamico dello Spirito che si articola in triadi dialettiche, in cui il punto di arrivo di ciascuna triade è il punto di partenza per la successiva. L’errore degli Illuministi per Hegel è stato quello di essersi fermati al primo momento in cui domina l'intelletto, senza passare al secondo, quello propriamente razionale. L’intelletto, infatti, definisce, stabilisce limiti, ritaglia la realtà, fa vedere le cose le une indipendenti dalle altre. La ragione mi dice che c'è un richiamo tra le cose, ecco perché il secondo momento è il più dialettico dei tre perché vivacizza la realtà facendo sì che la ragione possa cogliere i rimandi tra i vari concetti e costruire la sintesi, il terzo momento in cui si ha un'unità del molteplice. L’armonia degli opposti di cui parlava Eraclito.
Questo processo per Hegel non è mai casuale: tutto ciò che verrà fuori alla fine è già presente in germe all'inizio, ha solo bisogno di alcuni passaggi per manifestarsi. Non a caso il vero non è solo l’intero ma anche il risultato, ciò che dà senso a tutto il processo.
Il filosofo Nietzsche dirà che la “Fenomenologia dello Spirito” è la storia di come si diventa ciò che si è. E non si diventa mai ciò che si è in maniera indolore.
La Fenomenologia è il viaggio dello Spirito che, attraverso sofferenze immani, erramenti e scissioni, giunge alla piena consapevolezza di sé. È il viaggio della coscienza che passa da livelli bassissimi fino a livelli elevatissimi. È una sorta di grande riassunto dell'intero percorso compiuto dall'umanità nella storia e che ciascuno di noi è tenuto a compiere dentro di sé, individualmente, attraverso i propri limiti, le proprie paure e le proprie imperfezioni. Ma è proprio in queste imperfezioni che risiede tutta la nostra verità.
Eliana Macrì
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