Testi per Riflettere
L’Illuminazione ed errori simili - Il libro di Karl
Di Karl Renz
- Unica versione in italiano
Karl Renz nacque nel 1953 in una famiglia di contadini nelle montagne attorno al fiume Weser in Germania. Ebbe una formazione agricola e poi artistica. Dal 1980 vive come musicista e pittore a Berlino e nelle isole Canarie. Alla fine degli anni ’70 ebbe un’esperienza di morte e la realizzazione dell’immortalità. In questo stato di coscienza seguirono poi anni di dolorose emicranie e di altri mutamenti nel fisico. “L’eterno presente” si manifestò in ogni sua cellula o strato della sua coscienza e l’assenza di tempo divenne realtà. Così ne parla:“Una luce purissima iniziò a sgorgare dalla parte posteriore della testa riempiendo tutto il campo della mia percezione. Nell’assoluta accettazione di quello che era, il tempo si fermò. Solo rimase l’assoluta certezza che quello che sono veramente è prima del tempo.”
Karl Renz tiene i suoi “talks” o dialoghi in numerose città dell’Europa, in America del Nord e del sud, in Australia, India e Israele.
Di seguito alcuni capitoli di:
L'Illuminazione ed errori simili - Il libro di Karl
Unica versione in italiano, traduzione di Isabella di Soragna
(Il testo tedesco integrale non è stato ancora tradotto ufficialmente e si cerca un editore) 14-10-2004
Presentazione
Come ci riesce costui?
No grazie. Mai piu’ Karl Renz! Dopo venti minuti questo mi era perfettamente chiaro. A quel tempo Christian Salvesen ed io facevamo visita a parecchi maestri di satsang per il nostro libro “Arrivano gli illuminati”. Proprio alla fine del giro ci proposero Karl Renz. Dovevamo includerlo nel libro perché aveva avuto l’esperienza del risveglio. Era penetrato in qualcosa che per noi era ancora impenetrabile. E poi aveva un pubblico fedele in varie città.
Che l’uomo non valesse gran che, a mio avviso, era chiaro. Parlava troppo. Non era silenzioso. Non prendeva il tempo di immergere a lungo il suo sguardo negli occhi di un astante. Non creava alcuna atmosfera spirituale. Era lì seduto come un conferenziere qualunque, senza fiori, senza candela, senza il ritratto di un saggio maestro, insomma senza il minimo segno di spiritualità. Avevo assistito a ben altri satsang! Maestri con un’aura. Quelli che stanno all’inizio a lungo con gli occhi chiusi, finché il silenzio si allarga in ogni angolo della sala. Maestri che vedono nel profondo dell’anima del richiedente. Quasi santi, che rilasciano una parola quasi fosse una prelibatezza. Attorniati da musica, fiori, incenso ed icone di grandi maestri.
Niente di tutto questo con Karl Renz. Nessuna veglia. Nessuna atmosfera. Nulla di meditativo. Peggio ancora, era perfino anti-meditativo! Avevo meditato per vent’anni, ogni mattina ed ogni sera. Questa, mi disse Karl in poche parole,(kurzerhand) era una pratica assolutamente inutile! Un colpo di cancellino e via! Ogni cammino un errore, ogni sforzo senza scopo, ogni ricerca un caso senza speranza. Così diceva lui. Gli altri astanti, verosimilmente una sorta di pubblico abbonato, rideva di cuore. Io invece, fui felice quando il dialogo si concluse. Ma poi mi senti “high”, proprio subito dopo esser sceso in strada, mentre m’incamminavo verso casa. Poi nel mio appartamento. E ancora il giorno dopo. Era come se durante il colloquio mi avessero propinato una droga proibita di felicità! Un’iniezione di scacciapensieri. O una medicina rilassante. Incredibile. Doveva essere accaduto qualcosa al di fuori della chiacchierata.
Per assicurarmene sono tornato. E ancora. E da allora non perdo nessun colloquio se egli viene nei paraggi. Certo, parla sempre un po’ troppo per me. Due ore alla volta, interrotte solo dalle domande degli uditori. Alla fine egli sembra fresco come una rosa e ha l’aria di voler continuare. Gli uditori invece sono sfiniti. Sfiniti perché tutto quello che pensavano o proponevano era gettato al vento. Ogni argomento sollevato è scartato. (aushebeln)
Karl Renz non dà valore a nulla. Nessun sapere spirituale. Nessuna frase dorata di spiritualità. Nessuna conoscenza che provenga da profonde esperienze. Niente. Alla fine del colloquio non rimane più niente. Niente resta, di quanto un brav’uomo abbia potuto pensare o credere prima. Assolutamente nulla. E questo è deprimente. Ma quanto ci si sente leggeri!
Occasionalmente si vedono persone cadere in stato di shock, poi alla fine ne escono per non ritornare mai più. Succede anche che in pieno dibattito, uno spettatore dall’aspetto irato ma silenzioso o in aperta protesta lasci la sala. La maggior parte però sembra divertirsi un mondo tanto quanto più a lungo procede il colloquio. Si scatenano delle risa contagiose come all’asilo. All’inizio questo mi dava ai nervi. Se io mi preparo una domanda seria, mi spingo ad esprimerla e gli altri si sbudellano dalle risa, reagisco e mi irrito. Ed ancora adesso mi disturbano le buffonerie se ho la sensazione di non aver capito il perché del ridicolo.
Eppure è proprio così. Poiché la vera storiella nei dialoghi di Karl Renz è: colui che si sente imbarazzato sparisce. Colui che può reagire ed irritarsi non c’è più. Naturalmente lo spettatore è ancora lì seduto allo stesso posto. Però non lo si può più disturbare. Tutto quello che egli credeva di dover difendere si è eclissato. Quello che la persona sembra o crede di fare, la cosiddetta identità, volteggia e se ne va durante le conversazioni. Dunque tutta la rete di credenze, esperienze, immagini di sé. Sembrava complessa, ora semplicemente si scioglie. Le rappresentazioni di come deve essere il mondo, io stesso o gli altri, spariscono. Quello che avrebbe dovuto accadere per sentirmi felice, ma certo, che qualcosa comunque avrebbe dovuto succedere per soddisfarmi, perde significato. Alla fine resta quello che si suole nominare “presenza”, una gaia chiarezza che non ha bisogno di nulla.
Suona bene! Ma come ci riesce costui? Lui sosterrà che non fa assolutamente niente. E in un senso è vero. Il maestro che ha riconosciuto la sua “vera natura”, che ha anche osservato di essere lo schermo e non il film che vi si proietta, che egli è il cielo e non le nuvole che vi si rincorrono, che sa anche che egli è silenzio – quello non fa nulla. Non vuole niente, non ha intenti, egli è soltanto lì. Ma la sua presenza produce qualcosa verosimilmente. Egli assorbe in sé l’inquietudine. Qui valgono le parole di Paul Brunton su Ramana Maharshi: “Egli è un vuoto in cui i pensieri degli altri cadono”. Basta così. Non serve più nient’altro.
Ma con Karl Renz c’è dell’altro. Questo spiega perché lo invitano in tanti paesi. Per questo si riempie la sala quando arriva in gennaio a Tiruvannamalai, la Mecca dell’Advaita. Li corrono americani, israeliani, australiani, inglesi e tedeschi e anche qualche indiano. E senza preoccuparsi troppo, nel suo inglese semplificato riesce a tener banco, come forse faceva da ragazzo quando stava nella rustica taverna dei suoi genitori contadini: è un attore, è una miniera di motti di spirito, un comico.
Un comico, soprattutto con le parole ed il loro senso profondo. Egli le torce, le strappa, gioca a bandiera con esse, scopre un doppio e terzo senso ed arriva - a volte ne è il primo a meravigliarsi - ad un significato che illumina. E’ il clown dell’illuminazione.
Se poi aggiungiamo che lì sotto si nasconde un Socrate, questo dà alla sua arte buffonesca un che di magico. Come il saggio filosofo greco, egli porta i coraggiosi ascoltatori che gli pongono domande fino all’”Aporia”. Questo è l’amichevole appellativo filosofico per denominare la strada senza uscita. Socrate dimostrava a chiunque credesse di sapere qualcosa, come in realtà non sapesse nulla. Questo succede anche con Karl Renz. Chiunque si sieda ai suoi “talks” crede all’inizio di sapere qualcosa, crede per lo meno di aver capito un pochino o di aver fatto qualche progresso nel sentiero dell’illuminazione. Con spirito e senza mai cedere di una virgola, egli macina e sbriciola qualsiasi concetto al riguardo.
Qualunque domanda un astante ponga e in qualunque controversia egli si trovi, quell’uomo è un videogioco che vince sempre. Alla fine l’interrogante - e la persona che la pensava come lui – cede, quasi alleggerito. Ma la vittoria dell’uno e la sconfitta dell’altro sono la stessa cosa. Là ci si ritrova. Ecco la sensazione di leggerezza. Consiste nella constatazione liberatoria che è la mente stessa a porsi dei problemi e che poi si affanna a tentare di risolverli. E che la verità, l’essenza, il Sé si trova “prima” della mente. Allora la mente potrà pur continuare a girare in tondo come nella ruota del porcellino d’India, il Sé non se ne preoccupa.
Che questo Sé sia indiviso, che sia lo stesso nella persona dell’ascoltatore come nella persona del maestro, lo conferma Karl: “Parlo solo a me stesso”. In inglese nomina i suoi interventi “Self talks” ossia “dialoghi del Sé” o “il Sé parla”. E naturalmente il Sé ascolta anche. Infatti le differenze che si fanno sono solo differenze nel pensiero.
Questa è l’essenza del pensiero indiano Advaita (“a-dualistico”, “non-dualistico”) al quale si ricollega Karl Renz: la separazione è solo un’illusione, mantenuta solo dalla mente. Non appena i pensieri si riposano, ecco sparire la separazione. Sparisce anche il desiderio di volere qualcosa. La paura sparisce. “Gli altri sono l’inferno” diceva Jean Paul Sartre. Karl Renz fa una variante:”Finché credi che vi siano altri, vivi in inferno.”
Inferno è forse un’esagerazione. Lo stress basta già. Ma se c’è qualcosa che annulla quest’inferno, che pone fine allo stress, allora sono proprio questi dialoghi. Dialoghi con un insegnante che sa che l’inferno non esiste, che non esiste separazione. Naturalmente è soprattutto la presenza vivente di un insegnante a rigenerarci. Ma anche la sua presenza sulla carta stampata ha i suoi vantaggi. Prima di tutto non ci sono quelle pause quasi vuote che avvengono in ogni talk: lì abbiamo accorciato. In secondo luogo non dobbiamo sederci su dure sedie o perseverare scomodi accoccolati per terra. Terzo, possiamo interrompere quando vogliamo il fiume di parole di questo commediante e riprenderlo a tempo debito. E non è necessario pagare ogni volta 10 euro per l’entrata!
Il carosello
Benvenuti! Benvenuti al mercato annuale! Come posso vedere sei già entrato nel carosello! Guidi alla grande! Hai un’auto coupè elegante. Hai un acceleratore e un freno, ma soprattutto un volante. Con questo puoi prendere ottime curve e così stai facendo. Strano però che l’auto giri sempre in tondo. Ti dirigi verso destra poi a sinistra, freni, acceleri, ma in fondo vai sempre in una sola direzione.
E’ così che guida il tuo Io. Il cosiddetto ego. Si dirige verso destra, verso sinistra e non è mai troppo contento del risultato.”Adesso guardo come fanno gli altri” pensa. “Come guidano loro? Quello là in fondo come si mette in fila? Quello là si butta più deciso nella curva…” Allora anche tu lo imiti. E la corsa continua. Ogni tanto tutto il carosello si ferma. Una pausa breve. I tibetani lo chiamano “Bardo”. Allora ti scegli un'altra vettura. “Stavolta prendo il cavallo perché ho voglia di cavalcare”. Sei furbo. Oppure veramente saggio: prendi solo il piccolo monopattino perché, dopo tanti giri faticosi, ora sei pieno di modestia ed umiltà.
Certo, il tuo Io dopo tanti giri di manovella è maturato un sacco. E se per caso ti trovi a seguire la stessa direzione del carosello puoi dire trionfante: “Guarda come sono stato bravo! Adesso ho capito l’antifona!” Adesso hai capito come funziona tutto il gioco.”Guardate, ora ho tutto sotto controllo!” Sei in armonia con il cosmo, in sintonia con la creazione. Un Io in simile accordo prende esattamente la direzione del carosello. “Guardate come dirigo bene il mio veicolo! Tutto il carosello si muove perché lo dirigo io talmente bene! Ma guardate, gu-ar-date!” Quando hai fatto abbastanza pratica e sei abile in quell’arte puoi anche dire agli altri come devono guidare:”Su, fate così come faccio io”!
Orai sei un autista completamente sveglio. Un paio di persone entusiaste dicono:”Andiamogli dietro!” Tanto vale prendere un mezzo di trasporto più capiente:”Salite tutti sul mio autobus e sedetevi dietro di me! Io sono in sintonia con il carosello!” Allora diventi un guru. Se vuoi agire ancora meglio in silenzio, puoi assumerti anche altri compiti, puoi anche prendere l’auto dei pompieri o l’ambulanza. Oppure segui solo l’ambulanza per sicurezza.
L’unica cosa importante è che tu mantenga la vigilanza. Che al momento giusto tu acceleri e freni al momento giusto. E soprattutto che tu guidi con grande destrezza. Questo aiuta tutti gli altri. In tal modo riesci non solo a mantenere la tua vettura perfettamente in strada, ma porti con te sulla via l’intero carosello! Se soltanto tutti guidassero come te! Hai tutto in pugno.
Finché una volta per caso, lasci andare il volante. Ma no!? Adesso sì che ti meravigli. Ma guarda, sa dirigersi anche da solo! Quest’attrezzo si muove anche da sé. Il Sé guida. Non hai bisogno di sforzarti. Puoi rilassarti e godertela. Comunque finisce sempre direttamente nella felicità.
Presentazione - Primo capitolo
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