Riflessioni sul Sufismo
di Aldo Strisciullo indice articoli
Il canto è preghiera
Maggio 2008
I sufi cantando e danzando raggiungono stati estatici. Il canto è parola, la parola è suono e ritmo, il suono, infine, è vibrazione. Tutto nell’universo per esistere deve “vibrare”, “ruotare”, come affermano gli stessi sufi. La danza, movimento e vibrazione anch’essa, accompagna il canto nel suo divenire.
Nella poesia mistica il verso trasforma il tempo e lo spazio. Il verso vibra e muove, nel ritmo, per sconfinare nell’oltrespazio, svelando e rivelando le dimensioni più intime dell’essere.
Nel mondo fenomenico ogni elemento ha la sua vibrazione complementare, presente nel tempo e nello spazio: bene e male, personalità e carattere, vita e morte, suono e silenzio. Dove c’è suono c’è vibrazione e dove c’è vibrazione c’è vita. Al contrario, dove c’è silenzio c’è inattività, e dove c’è inattività c’è morte, non esistenza.
Poiché la psiche è una parte materiale dell’essere il canto mistico, con le pause e il respiro ritmato, armonizza le energie psichiche, stabilizza quelle fisiche, consentendo gradualmente all’anima di manifestarsi. Il sufi, cantando, attraversa le nebbie e le pieghe della materia, giungendo di là dal contingente. Per questo, il tutto è una preghiera completa, espressione manifesta del misticismo, del trasporto verso il divino.
La preghiera è fatta di parole (suono), azione e intenzione, per l’adorazione di Dio. Le parole sono vibrazioni esprimenti l’intenzione che insieme all’azione agiscono sulle forze consce e inconsce. I sufi dicono: «Dio con l’azione crea l’energia e con il pensiero le leggi che governano l’energia nelle sue infinite varianti, sino alla creazione del piano fenomenico costituito da elementi opposti (un positivo e un negativo, due positivi e due negativi...ecc.)».
Âbû Maydan ha scritto: «Di’: “Dio”, e abbandona l’esistenza e ciò che ci attornia, se desideri il compimento della perfezione. Se ci pensi bene, tutto, eccetto Dio, è nulla sia nel particolare sia nel totale». Il sufi, nel dhikr rituale collettivo, invoca l’unicità di Dio, «lâ ilaha illâ Âllâh»: «non vi è altra divinità che Dio». Il sufi invoca l’unità in sé del sé, unità psichica e psicologica allo stesso tempo, che raccoglie dalla frammentazione, dalla devianza, da tutto ciò che è altro dal Sé. Infatti, il sufi persegue l’interezza e l’integrità psichica, etica e spirituale.
L’emiro ‘Abd âlKâder ha detto: «la realtà totale si divide tra la non-manifestazione precipua dell’essenza divina, e la manifestazione specifica dei Nomi divini. Tocca dunque al fedele d’essere sempre fra queste due contemplazioni: quella cui è nascosta l’Essenza e quella in cui sono apparenti i Nomi. Così Dio ha dato al fedele due modi di vivere: uno esterno, l’altro interiore. Con l’interiore egli guarda il non-manifestato; con l’esterno vede il manifestato. Si ha allora una sorta di istmo fra i due mondi, ed egli non deve sprofondare interamente nell’uno ad esclusione dell’altro. Se lo fa è perduto». Così il canto e la danza mistici sono la porta tra il mondo manifesto e quello non-manifesto, essendo il canto e la danza l’aspetto formale, simbolico e l’estasi il contatto intimo con il non-manifesto. I Nomi di Dio, recitati e ripetuti continuamente, sono gli attributi della realtà esterna che evocano la manifestazione, tralasciata gradualmente nell’abbandono durante la preghiera cantata, durante la discesa nel sé. Nel dhikr, come scrive lo sheikh Mandel Khan, «lo stimolo ritmico è uno degli aspetti base del processo cognitivo e intellettivo, dilata il concetto dell’essere nella sua trascendenza, sino alla dimensione spirituale. Viene sollecitata l’attivazione dell’area associativa quella che ci dà la cognizione della nostra individualità collocandola nello spazio. Vengono intensificati il senso del ritmo, dell’olfatto, si stabilisce un senso di calma, cui seguono sensazioni di rapimento congiunte a una dilatazione essenziale del concetto dell’io». Nel dhikr, il ritmo è portato dal tamburo - suono e vibrazione - a cui si aggiunge la simmetria dei movimenti, delle parole, del canto e dei gesti del rituale. Il ritmo distingue l’essenza dal caos. La simmetria è ciò che conduce al raggiungimento dell’equilibrio delle forme psicofisiche e spirituali.
Ecco, allora, che la preghiera è parola-suono-azione governata da ritmo e simmetria. Nell’Islâm la preghiera riassume nel rituale, nelle parole e nei gesti tutti i valori della teologia musulmana, il cui culmine è l’unicità di Dio, la sottomissione e l’intimità con Dio stesso.
Aldo Strisciullo
- Articolo apparso sulla rivista Sufismo, n°2/2008
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