Religioni?
Il mondo di NonCredo
di Paolo Bancale indice articoli
L'aria soffocante di una vecchia cantina piena di ragnatele
Luglio 2015
Un tizio visita un manicomio e vede che tra i c.d. matti quando uno gridava un numero tutti gli altri ridevano: gli fu spiegato che erano i numeri che loro stessi avevano assegnato alle varie barzellette del loro repertorio per fare prima, ma si divertivano lo stesso. Cioè, basta accordarsi sul metodo per uccidere la monotonia. Già… monotonia…, ma la parte più bella e esaltante della storia intellettuale dell’uomo sono le scintille del suo pensiero, quando innova e crea e contraddice e dubita e si sbaglia, e discute e ci ripensa, cioè quando non è un robot deterministico ma un formidabile creativo in carne ed ossa, una fabbrica di “nuovo” che colpisce l’attenzione, sa stupire e fa pensare.
Ma così non è nelle religioni, in particolare quelle cristiana ed ebraica, quando, nei loro discorsi o scritti, si abbatte la cappa opprimente del ”già detto”, anzi mille volte già menzionato, sempre le stesse citazioni e personaggi delle loro leggende, una profluvie, e sempre lo stesso insulso culto della personalità di quel brav’uomo di Gesù. Si parla sempre di lui, ossessivamente di lui, che si stia trattando di batteri o eclissi lunari. Anche le pietre ne conoscono storia, cronaca, leggende e gossip, ciononostante la grandine di vezzose citazioni ci distrugge. E così per gli abusatissimi nomi e analogie: abrami e isacchi, egitti, babilonie ed esodi, samaritani, vignaioli e maddalene, figlioli prodighi e nicodemi. Potrebbero efficacemente numerarli come i matti dell’incipit dato che si parlano addosso di loro stessi e non nominano uno estraneo alla congrega neppure per confutarlo. Sono un disco inceppato. Basta!!!
Non sanno parlare d’altro se non citandosi, eppure tutta la riserva cognitiva della specie umana è fatta di stupendi distillati di tanti contenuti, da Socrate a Eraclito e Democrito, da Sofocle a Lucrezio e Seneca, e poi Cartesio, Pascal, Locke, Hume, Kant, Darwin, Marx, Freud, Einstein, che contano solo per quello che hanno saputo pensare e non per la loro biografia. Fa testo al riguardo il modo di operare della scienza, che procede per formule, teoremi, enunciati e verifiche senza dover necessariamente personalizzare i temi con i nomi dei relativi scopritori. Quindi, per favore, aria nuova! Allarghiamo i discorsi, apriamo le menti uscendo dal polveroso scafandro delle frasette catechistiche ripetute fino alla noia che inebetiscono la audience, apriamo alla più sana dialettica. In questo apprezzo il Dalai Lama che non cita mai il Buddha, pur ricalcandone il pensiero, ma cita e dà peso alla scienza, mentre apprezzo meno il gesuita Bergoglio quando si esprime come un aedo di stornelli biblico-evangelici, con scontatissime citazioni e lessico da pretonzolo, e non da leader spirituale quale è.
Siamo nel terzo millennio, la scienza galoppa, il pensiero produce, e le religioni, se non vogliono essere davvero il marxiano oppio dei popoli, insegnino pure il discrimine etico dell’esistenza, ma con argomenti, contraddizioni, antinomie, prove, che portino l’uomo a ragionare e a misurarsi al di fuori del consunto chiacchiericcio da giardino d’infanzia che sembrano preferire.
Paolo Bancale
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