Italiani
La chiesa parrocchale di Lussino è nella rocca che limita a destra il porticciolo. Dietro, staccato dalla chiesa, il campanile ricorda quello di San Marco, a Venezia. La rocca degrada verso il mare con il piccolo cimitero. Sulle lapidi si legge Giovanna e Augusto Baricevich, Anna Premuda, Matteo Budininch....
- Chissà se c’è anche il nonno di Paola? –chedo ad Anna
Le campane suonano a festa, capannelli di gente discutono animati in veneto-triestino sul sagrato della chiesa dopo la messa domenicale, ricordano la provincia italiana.
- La messa è in Italiano? -
- E’ in Croato. - Ci risponde un esuberante signore sulla sessantina, e subito dopo:
- Da dove venite?
- Da Brescia. - Rispondiamo ormai smaliziati.
Pare che aspettino solo noi, l’elemento sorpresa che aggiunge brio alla festa, e siamo investiti da un torrente di parole.
- Noi veniamo da Torino, da Genova, da Seattle - continua allegramente - ma siamo di qui e torniamo sempre qui. E -, cingendo una coetanea alla vita e facendole fare un giro di danza, - questa è mia cugina. Qui è bellissimo. Il mare ma anche l’interno sapete? Non ci sono vipere ma bisogna sempre portarsi una borraccia d’acqua.
- E le altre isole?
- Son belle, ma non andateci da soli. Bisogna conoscere. Il mare può cambiare da bonaccia a tempesta in mezz’ora. Lo vedete il ramo di quel pino? Da ragazzo mi tuffavo di lì per andare sempre più in alto.
Oltre quel ramo ragazzi croati sfidano la paura con tuffi sempre più arditi e pericolosi nel mare di smeraldo.
Ossero
- Stanotte ha piovuto ed è ancora nuvolo, non è giornata da mare. - Mi stiracchio ancora intorpidita dal sonno aprendo la porta sul terrazzo.
- Perché non andiamo a Osor? Ossero in Italiano. Suggerisce Vlado sempre pronto a andare a zonzo. - La guida la chiama città museo. Battistero esagonale del secoloV-VI...resti del periodo paleo-cristiano...cattedrale del 1400. Ospita serate musicali.
Ossero è situata sull’isola di Cherso, dove il ponte girevole la collega a Lussino. I resti delle mura che si ergono dal mare sono invasi dal fico, dal mirto e dal rovo. In questa giornata grigia di mare agitato ispirerebbero ai romantici tedeschi appassionate elegie.
Il centro è un campo veneziano con qualche albero nel mezzo e cinto dalla facciata della cattedrale, dal palazzo municipale del XV secolo su cui sventola la bandiera croata, e da altri palazzotti in pietra di Dalmazia. Su un tavolo all'entrata della cattedrale, al posto dei messali, alcuni volantini esaltano le glorie dei missionari croati nel mondo e esortano a pregare per la liberazione della Croazia. Uscendo notiamo sulla facciata est del palazzo municipale lo stemma a schacchiera scolpito nella pietra in mezzo a due lastre di bronzo ancora lucido su cui si legge la storia del sito in Croato e in Inglese:
"La città di Osor fu fondata dalla tribù Illirica dei Liburi all'inizio del I secolo A.C. A metà del IV secolo D.C. è menzionata del cronista greco Pseudo-Skylatos. A partire dal I secolo D.C. fece parte dell'Impero Romano e dal V al IX secolo fu sutto la giurisdizione di Bisanzio. Appartenne allo stato croato a partire dal secolo X. Distrutta dai Genovesi fece parte della Repubblica Veneta dal 1409 al 1797, quando passò alla giurisdizione Napoleonica fino al 1813. Dal 1813 al 1918 fece parte dell’impero austo-ungarico. Appartenne all'Italia dal 1919 al 1943. Il 20 Aprile 1945 fu incorporata nella sua madre patria: la Croazia”
In silenzio proseguiamo per la calletta che porta veso il mare. Sotto un arco una pietra sporge dalle altre: è il bassorilievo del leone di San Marco.
L’isola di sabbia
- Vale la pena di andare a Susak?
- A Sansego quando piove bisogna rifare gli scalini perché la pioggia li ha sciolti.
Ci avevano informato gli Italiani. La guida la reclamizza per la lingua arcaica, il costume tradizionale, l’abbazia benedettina dell’XI secolo e il buon vino.
Quattro vecchi sdentati vendono il vino dell’isola, mentre le vecchie si mettono in posa per farsi fotografare con le loro sudicie gonne ampie e il corpetto bianco e sdrucito. Porte aperte nelle casupole di pietra lasciano intravedere cucine sporche e buie.
- 600 case, 200 abitanti e 3000 emigrati in America -, mi informa Goran. - E’ l’isola più vicino all’Italia e la più anticomunista. Tito non ha mai potuto mettere la bandiera della Jugoslavia qui.
La bandiera croata sventola vicino a un radar girato verso l’Italia. L’isola, coperta di canne e vite selvatica, sembra un fortino di quelli che costruivamo da bambini con la sabbia dell’opposta sponda dell’Adriatico.
Pero
La colazione alla pensione “***” è di per se stessa una vacanza. All’ombra del fico ce la serve Rita che mescola caffè e latte, italiano e croato, sguardi imbronciati e sorrisi luminosi. Il gattino grigio della casa vicina ci viene a dare il buongiorno e a chiederci il suo boccone del mattino. Pero innaffia il giardino, sistema le piante e ci saluta cordialmente.
- Lei è dell’isola? - Gli chiede Goran quando ormai si è stabilita un po’ di confidenza.
- Di Vukovar -, risponde Pero allontanandosi per poi riavvicinarsi subito dopo : - Da quattro anni aspetto di tornare. - E va a sistemare la canna. Ritorna e sussurra a Vlado:
- Mia sorella e suo marito sono stati ammazzati e gettati nelle fosse biologiche. Mi è toccato dirlo a mia nipote che studia medicina a Zagabria. Ne erano così orgogliosi... Il giardino l’ho sistemato io qui.
Io e Goran ci aggrappiamo al nuovo argomento e gli facciamo i complimenti per il buon lavoro.
Pero va a sistemare i vasi ai piedi della scala. Rimettiamo in movimento il coltello che era rimasto a mezz’aria per imburrarci il pane fresco e morbidissimo.
- Nella mia casa ci sono i Serbi adesso. Trattori e tutto si sono presi. - Ci sentiamo colpire alle spalle. - Ma è meglio che la casa sia abitata così non va in rovina. Adesso i nostri li cacceranno via come i conigli. Faremo presto a risistemare tutto, siamo lavoratori noi.
Nel centro di Lussino, dietro un palazzotto asburgico, un enorme giardino produce un ombra buia e fresca anche a mezzogiorno con una grande varientà di piante. Tavoli da ping-pong, altalene a altri giochi da bambini hanno l’aria abbandonata. I profughi della Slavonia giocano a carte vicino alla porta di ingresso, sprofondati in una lunga vacanza mediterranea che non sembrano aver fretta di terminare. Doda ci informa che in tempi non lontani quella era una colonia per i bambini della Germania dell’Est che soffrivano di malattie polmonari. Ci racconta anche che il palazzotto vicino apparteneva a un ristoratore di Belgrado e che una famiglia croata ci si è installata. Casa, ristorante e tutto.
- Fanno come il cuculo. - Ci sorprende ridendo Luigi che se ne era stato zitto fino a allora.
All’indomani è Pero che ci viene a dare il buongiorno. Ha l’aria contenta. Ci racconta che ogni giorno fra le due e le tre scende al mare ed esalta i benefici del salso e del sole che lo proteggeranno dai reumatismi per tutto l’inverno.
***
La mattina del quattro agosto non sono i gabbiani a svegliarci, ma il rombo sinistro di un aereo da guerra. A seguito della mancanza di conclusione dell’ennesima conferenza di pace a Ginevra, i combattimenti sono ripresi. I giornali stranieri invitano i pochi turisti a lasciare le coste più meridionali della Croazia.
Il cormorano pesca vicino al porto sulla superficie liscia del mare che stamane non è solcato dalle barche. Oltre l’isola di Rab le Alpi dinariche tagliano con una linea più scura il confine tra il blu del mare e l’azzurro del cielo. Non ci sono i ragazzi a tuffarsi dagli scogli. Le radio accese trasmettono bollettini di guerra, marce militari e apologie del presidente.
Con nostra sorpresa N. ci rivolge la parola per gridarci un vivace “come va oggi?” dall’altra parte del giardino e comunicarci con euforia: - I nostri avanzano e fra qualche giorno tutto sarà a posto!
Mentre preparo le valige ascoltando una sinfonia di Beethoven per coprire l’audio della televisione di N. che trasmette la guerra in diretta, sento salire il desiderio recondito e assurdo che i collegamenti con la terra ferma siano interrotti costringendomi così a prolungare il soggiorno, nella speranza forse di avere il tempo di trovare risposta alla domanda primordiale: “Perché?”.