...simile difficolta'...proprongo questa lettura ...differenza... se' versus ego, secondo Jung...lo intendete allo stesso modo?
Amy Edelstein: Cos’è l’ego, secondo Jung?
James Hollis: L’ego, così come è stato definito da Jung, è il complesso centrale della consapevolezza. Quando sentiamo la parola complesso, siamo portati a pensare a qualcosa di patologico, mentre in realtà un complesso non è altro che un grappolo di energia affettivamente carico. Il complesso dell’ego comincia a formarsi quando ci stacchiamo dall’altro primario, che in genere è nostra madre; cioè, quando ci stacchiamo dal seno. E se da un lato questa separazione è necessaria per la formazione dell’individuo, dall’altro è molto dolorosa, perché rappresenta la perdita di quella primitiva esperienza di unità e sensazione di appartenenza.
Jung considerava essenziale per la consapevolezza la formazione dell’ego. La consapevolezza implica la divisione tra soggetto e oggetto: per diventare conscio, devo conoscere ciò che non sono. Ho bisogno di percepire ciò che è là come opposto a ciò che è qui. Inoltre, egli vedeva l’ego come un elemento necessario dell’intenzionalità, della concentrazione e della risolutezza. In che modo io e te siamo riusciti a combinare un incontro per parlare dello stesso argomento? Grazie alla “risolutezza dell’ego”, un elemento che ha fatto sì che questa conversazione accadesse.
L’ego, in quanto complesso, è estremamente malleabile e “occupabile”. Quando viene occupato dai contenuti dell’inconscio, quando è sotto il controllo di altri complessi, diventa insicuro, manipolato ecc. Vedi, ciò che spesso chiamiamo ego è in realtà l’ego posseduto da uno o più complessi, per esempio il complesso dei soldi, del potere, del sesso, dell’aggressività. Tali complessi non sono la natura essenziale di un individuo, ma hanno il potere di usurpare o possedere l’ego.
Amy Edelstein: L’ego, secondo Jung, equivale a ciò che chiamiamo io?
James Hollis: In generale, “chi penso di essere” è lo stato dell’ego. Ma il problema è che “chi penso di essere” può anche essere un complesso. Posso essere nato in una famiglia di schiavi e avere l’identità di uno schiavo. L’unico momento in cui siamo in uno stato di puro ego, penso, è quando stiamo reagendo in modo strettamente riflessivo al momento. Durante un’attività sportiva, non si è normalmente in un complesso. Il battitore può essere tanto nervoso da non riuscire a ruotare la mazza, ma di solito quando la palla viene lanciata, si è totalmente concentrati e presenti sul momento. Quello è uno stato di puro ego.
Amy Edelstein: Quali erano le idee di Jung sulla relazione tra la coscienza e l’ego?
James Hollis: Prima di rispondere a questa domanda, lasciami fare un passo indietro. Vedi, per Jung la realtà sovraordinata è ciò che chiamava il Sé, che non va confuso con l’ego. Nella prima metà della vita, il nostro compito è sviluppare un ego, una consapevolezza di noi stessi abbastanza salda da permetterci di lasciare i genitori e andare nel mondo dicendo: “Assumimi, posso fare questo lavoro”, “Fidanziamoci, sono affidabile”, ecc. Se non sviluppiamo sufficientemente la consapevolezza dell’ego, restiamo bambini. Il dialogo, nella prima metà della vita, è il dialogo con il mondo. Cosa mi chiede il mondo?
Invece, nella seconda metà della vita, diceva Jung, l’ego deve cominciare un dialogo con il Sé. A questo punto, la domanda è: “Cosa mi chiede il Sé?”. Questo è un dialogo molto più interiorizzato; potremmo dire che è un dialogo religioso. Infatti, il Sé potrebbe condurci in una direzione sgradita all’ego, volta non all’autoesaltazione, ma al sacrificio. Per esempio, se l’aspirazione del Sé è essere un artista, è probabile che nella nostra cultura patirai la fame. Ma se questo è ciò che il Sé chiede e l’ego continua a scappare in altre direzioni, il risultato sarà un’enorme sofferenza interiore. Quindi, alla fine, l’ego deve rispettare le richieste del Sé; ha la responsabilità etica e religiosa di dialogare con quest’ultimo, continuando però a vivere nel mondo reale. E tra i compiti dell’ego c’è anche il far fronte al possibile conflitto derivante
Amy Edelstein: Cos’è il Sé, secondo Jung? È ciò che rappresenta o ci invita a realizzare il nostro potenziale più elevato di esseri umani?
James Hollis: Il Sé sarebbe la saggezza dell’organismo. La totalità dell’intenzionalità di ciò che siamo, che trascende la consapevolezza.
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