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18-09-2002, 23.50.42 | #8 |
Ospite abituale
Data registrazione: 09-08-2002
Messaggi: 80
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Ciao!
Ho letto con molto interesse il lungo colloquio tra i personaggi, e credo che sia uno scritto di davvero profonde intenzioni.
Forse non era proprio intenzione dell'autore rispondere al quesito se Lazzaro fosse davvero o no soddisfatto del suo tornare in vita, ma l'occasione per trattare dell'esperienza della morte era buona. Gesù fece tornare in vita altre due persone nei vangeli, ma nemmeno di queste si scrissero i commenti. Cosa pensare? Sicuramente un ebreo quale Lazzaro (e qui entra in campo la mentalità del luogo), difficilmente si sarebbe espresso in quel modo, anche perché nessun profeta può essere accusato di un miracolo, perché essendo proveniente da Dio, sicuramente buono. E proprio per il suo essere tornato in vita, Lazzaro non potrebbe dubitare che Gesù venga da Dio (perché per un ebreo solo chi ha il favore di Dio può fare miracoli). Vedrei meglio un Lazzaro che si domanda il perché, piuttosto di un Lazzaro che protesta. Ma nella fine del racconto vedo bene la frase che disse san Paolo: «per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» Fil 1,21 San Paolo fu rapito in Paradiso e poté vedere cosa si celava dietro il mistero della morte, ma poi non seppe descriverlo... anche se vi rimase molto legato col cuore. Credo che ugual cosa possa essere capitata a Lazzaro, ma crederei anche un'altra cosa. Nella fede cattolica la vera felicità consiste nel fare la volontà di Dio, ossia nell'amare senza limite né giudizio. C'è un altro bel passo dove è scritto: «Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» Rm 8,35ss. L'amore di Dio è l'unica fonte di gioia e poco importa se vissuta sulla terra o in paradiso (ne morte o vita), importa solo non distaccarsene mai. Io credo che nessuno che non abbia già in sé il paradiso nel cuore vi possa andare (se esiste). Così in sintesi: se Dio mi vuole qui, io sarò felice di essere qui, se mi vuole lì, io sarò felice di essere lì, perché la mia felicità è fare ciò che a lui è gradito, e nulla importa di tutto il resto, perchè l'essenziale è sapere di essere amato. Questo dovrebbe essere per un cristiano il Paradiso! PS: Naturalmente a nessuno piace soffrire se può essere evitato (e Gesù ce lo dimostra bene nell'orto degli ulivi), ma in amore la sofferenza è la dichiarazione più eloquiente. Ciao! |
19-09-2002, 20.48.50 | #9 |
Data registrazione: 30-03-2002
Messaggi: 250
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x Atha
Rispetto al modello neotestamentari, pochi sono gli elementi di affinità e molti quelli di pura fantasia. Giovanni narra di un uomo richiamato alla vita da una condizione simile a quella del sonno, cioè da uno stato di assoluta incoscienza. In quei giorni lazzaro sarebbe rimasto placidamente addormentato nella tomba in attesa della resurrezione (Atha correggimi se sbaglio, che per gli ebrei significava ritorno alla vita sulla terra), di conseguenza non è in grado di raccontare nulla sull'essere stato nell'aldilà. Ma alcuni frammenti apocrifi che sono stati tramandati, e a cui questa opera di Gibran sembra sia più vicino, concordano che Lazzaro sì, era immerso in un sonno profondo, ma che ciò non gli impedisce un esauriente racconto sull'aldilà: infatti pare che abbia raccontato di un luogo oscuro in cui una lunga processione di anime attende la luce di Dio, ma reca perfino a Gesù i saluti di Adamo, il padre del genere umano. Tu cosa sai in proposito? |
19-09-2002, 23.47.47 | #10 |
Ospite abituale
Data registrazione: 09-08-2002
Messaggi: 80
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Purtroppo so molto poco!
Dei testi apocrifi ho letto molte cose, ma nessuna che mi abbia fatto pensare quanto questo testo di Gibran. E quindi preferirei leggere Gibran.
Il fatto è che molti testi apocrifi narrano delle cose assurde, come di alberi che si chinano a porgere i frutti a Maria (madre di Gesù) o Gesù che insegna ai suoi maestri di scuola, o Gesù che vince una gara di lavoro con la creta perché oltre che fare degli splendidi uccelli, gli da anche la vita e li fa volare... A Messina c'è anche una lettera di Maria (da cui il titolo la Madonna della lettera) e quello che vi è scritto è parecchio "ortodosso", ma... se mi fossi impegnato un po', avrei potuto scrivere anch'io le stesse cose... e ancora... a un certo punto, dopo aver letto molto, credo ci si renda conto di come occorra puntare all'essenziale, quello che io so che non avrei potuto mai scrivere perché NUOVO e DISCONTINUO con il pensiero precedente. Quando lessi alcune cose sull'Islamismo, c'erano anche lì una lunga serie di altre fonti "apocrife", ma in ogni caso il nocciolo è sempre alla fonte prima della religione, quindi nel Corano. Per me è già difficile comprendere l'essenziale di un credo, e solo al pensiero di impegnarmi nel conoscere anche tutto il contorno... mi stanco! Cmq da quel che so io (voglio dire da un punto di vista teologico) i morti sono fuori dalle condizioni dello spazio e del tempo, e quindi per Adamo sarebbe stato inutile salutare Gesù, perché la storia, per i morti, si è già conclusa tutta, e quindi Gesù sarebbe già stato lì! Il pensiero ebraico afferma: 1) il ramo più antico: dopo la morte non vi è nulla e tutta la giustizia divina si realizza sulla terra, il bello del vivere è essere accompagnati da Dio ed essere saziati da Lui; 2) ramo nuovo: dopo la morte si va nello sheol, dove è solo un mondo di ombre, senza emozioni; 3) ramo innovativo (ancora non legato al Nuovo Testamento): dopo la morte l'anima vive ancora e per essa si può anche pregare per migliorare le sue condizioni in caso di peccati commessi in vita (soprattutto è scritto sul libro dei Maccabei). Il pensiero cattolico è questo: L'uomo è nel tempo e nello spazio e vive tutto secondo un prima un poi e un luogo. I morti usciti da queste condizioni (immagina un globo al cui interno vi sia il tempo e lo spazio e dal quale i morti escono) si troverebbero in uno stato in cui esiste solo l'eternità, non come tempo infinito, ma come assenza di tempo, dove tutto è dall'eternità e tutto è già accaduto da sempre (l'«oggi sarai con me in Paradiso» è indice dell'imminenza del compiersi di tutto per il morente). Chi afferma che i morti dormono fino al compiersi dei tempi, ossia fino al giudizio universale, afferma una inesattezza (proprio per la frase di Cristo al ladrone pentito). Gesù sul Tabor parla con Elia e Mosé, e questo a dimostrazione che non dormivano! So che è complicato... specie se si pensa al Purgatorio quale stato in cui, nel tempo, l'uomo ricerca se stesso per poter comparire in piena coscienza davanti a Dio. Cmq... degli apocrifi non so dire altro se non quello che vi è scritto (i commenti che ho letto non mi hanno dato molto... ossia... il gioco non mi è valso la candela!). Mi spiace di non essere utile in questo caso... Ciao! |