eternità incarnata
Data registrazione: 23-01-2005
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alcune storie Sufi
1) Perché l'ho fatto.
Un giorno un uomo venne a trovare il grande maestro Bahaudin. Chiese aiuto per i suoi problemi e guida sul sentiero dell’Insegnamento.
Bahaudin gli disse di abbandonare gli studi spirituali e di lasciare subito la sua compagnia.
Un visitatore, buono di cuore, cominciò a rimostrare con Bahaudin.
“Avrai una dimostrazione”, disse il saggio.
In quel momento nella sala entrò volando un uccello sbattendo in qua e in là furiosamente, non sapendo come fare per fuggire. Il Sufi attese fin quando l’uccello non si fu accovacciato vicino all’unica finestra aperta della stanza, poi d’un tratto batté le mani. Allarmato l’uccello volò via dritto attraverso la finestra aperta verso la libertà.
“Quel suono ha procurato un bel sussulto a quell’uccello, è stato un affronto persino, non credi?”, disse Bahaudin.
2) Quando le acque furono cambiate.
Khidr, il maestro di Mosè, un giorno scese sulla terra e diede all’umanità il seguente avvertimento: a una certa data tutta l’acqua sarebbe scomparsa, salvo quella che venisse appositamente conservata. La parte scomparsa sarebbe stata sostituita da un’acqua diversa, che avrebbe fatto impazzire gli uomini.
Solo un uomo colse il senso di quell’avvertimento. Raccolse quindi dell’acqua e andò in un luogo sicuro, dove la conservò; poi attese che la natura dell’acqua cambiasse.
Alla data prevista, i fiumi cessarono di scorrere e i pozzi si prosciugarono; e l’uomo che aveva ascoltato, vedendo ciò che stava succedendo, andò al suo rifugio e bevve l’acqua che aveva conservato.
Quando vide, dal suo rifugio, che le sorgenti ricominciavano a sgorgare, l’uomo ridiscese tra gli altri figli degli uomini e scoprì che ormai costoro pensavano e parlavano in modo diverso, e che non avevano alcun ricordo, né di quanto era accaduto né dell’avvertimento che avevano ricevuto. Quando cercò di parlare con loro, si accorse che lo credevano pazzo. Lo trattavano con ostilità oppure con compassione, ma senza alcuna comprensione.
All’inizio l’uomo non toccò neanche una goccia della nuova acqua, ma tornava ogni giorno al suo rifugio per bere dalla sua riserva. Alla fine, tuttavia, decise di bere la loro acqua, perché non poteva più sopportare quel senso di solitudine che provava nel vivere, nel comportarsi e nel pensare in modo diverso da tutti gli altri. Allora bevve l’acqua nuova e divenne simile a loro. Dimenticò persino la sua scorta di acqua speciale, e i suoi compagni cominciarono a considerarlo come un pazzo che aveva miracolosamente ritrovato la ragione.
3) La vita e le azioni dei Maestri.
Domandarono a un derviscio di primo rango:
“Perché la gente impiega tanto tempo e tanta fatica a studiare la vita e le azioni dei Maestri del passato, quando le loro vite potrebbero essere state riferite in maniera errata, e le loro azioni aver prodotto effetti che avevano significato solo a quel tempo, e le loro parole essere piene di un significato nascosto?”
Egli rispose:
“Lo scopo di un tale studio è che lo studente sappia ciò che è stato detto dai Maestri e riguardo a loro. Una parte di esso è utile al livello ordinario. Una parte di esso diverrà evidente quando il discepolo farà dei progressi. Una parte di esso è criptico, cosicché la sua comprensione avverrà a tempo debito, solo quando il Ricercatore è pronto. Una parte di esso serve allo scopo di essere interpretato da un maestro. Una parte di esso esiste per provocare opposizione da parte di coloro che non potrebbero procedere sulla Via, cosicché ciò li trattenga dall’interferire con la Gente del Sentiero. Ricordate bene che il disgusto mostrato nei confronti del nostro lavoro di solito rappresenta per noi un segno del fatto che una certa persona ci evita perché si tratta di qualcuno che noi stessi eviteremmo”.
4) L'uomo di Bagdad.
A Bagdad c’era un uomo molto povero. Viveva di stenti, nella miseria più nera, e non faceva che lamentarsi della sua condizione.
“Signore, aiutami! Dimmi cosa fare! Sai che sono un tuo servo fedele, soltanto un po’ sfortunato. Ho lavorato sodo, ma non sono mai riuscito a guadagnare abbastanza. E ora sto morendo di fame. Ti prego, non mi abbandonare!”.
La stessa notte, l’uomo fece un sogno. Una voce sconosciuta gli diceva: “Va’ in Egitto, non perdere tempo. Nel luogo tal dei tali c’è un tesoro nascosto. Potrai risolvere tutti i tuoi problemi”.
Il poveruomo si svegliò, eccitato. Senza esitare, partì subito per l’Egitto.
“Sono certo che la voce non mente. Il tesoro esiste, e lo prenderò”.
Ma, al confine, fu fermato dai poliziotti egiziani, che lo perquisirono minuziosamente. Stavano cercando un ladro e pensavano si trattasse dell’uomo di Bagdad.
Nonostante le sue ripetute rimostranze, i poliziotti lo trattennero.
“Potresti essere la persona che cerchiamo. Dovrai restare a disposizione finché non arriverà il derubato. Se non ti denuncerà come suo assalitore, sarai immediatamente rilasciato”.
L’uomo di Bagdad fremeva, temendo di perdere il tesoro.
Poiché la vittima tardava ad arrivare, le guardie cominciarono a interrogarlo.
“Ammettiamo pure che non sei il ladro. Perché sei venuto in Egitto? E qual è il tuo alibi, se ne hai uno?”.
“Voglio dirvi tutto” rispose l’uomo di Bagdad “tanto so che non mi crederete. D’altra parte, perché mentire? La verità è sempre la cosa migliore.
Sono qui perché ho sognato che avrei trovato un tesoro”.
“Sì, un tesoro! Sei capitato in un bel guaio, invece. Ma che vuoi dire? Sei venuto in Egitto solo perché vi hai sognato un tesoro?”.
“Proprio così. Mi sono fidato di una voce sconosciuta che me lo ha sussurrato in sogno. Che ne pensate?”.
“Che sei un credulone! Fidarsi dei sogni!”.
Un altro poliziotto si fece avanti, e disse: “Anch’io ho avuto un’esperienza simile. In sogno mi è apparsa una figura che non avevo mai visto, indicandomi un certo luogo di Bagdad dove avrei trovato dei gioielli, o qualcosa del genere”.
L’uomo di Bagdad s’interessò molto al racconto.
“E... che tipo di posto era?”.
“Non ricordo bene, forse all’ingresso della città. Sì, proprio così: la seconda casa dopo la porta maestra. Una molto vecchia, mi sembra”.
L’uomo di Bagdad era stupefatto. Quell’uomo stava indicando la sua casa! Senza tradire l’emozione, rimase in silenzio. Le guardie non sapevano che fosse di Bagdad e mancarono di notarne la reazione.
“Naturalmente, non mi sono preoccupato di cercare il tesoro. Non ho creduto a una sola parola. Nei sogni, dovresti saperlo, non c’è verità” concluse il poliziotto.
L’uomo di Bagdad era assorto nei suoi pensieri. Strano che la guardia avesse accennato alla sua abitazione: non poteva essere una coincidenza.
Finalmente il derubato arrivò. E si affrettò a discolpare l’uomo ingiustamente accusato.
“Tutte le nostre scuse, amico. Ma, come puoi capire, abbiamo fatto il nostro dovere” disse il capoguardia.
L’uomo di Bagdad non lo ascoltava. Lasciò il posto di blocco, e fece per avventurarsi in Egitto. Ma, dopo pochi passi, si fermò. “Sì”, pensò “è inutile cercare il tesoro di un sogno”.
Tornò a Bagdad, e, mentre rincasava, fu colto da uno strano presentimento. Sentì che doveva rimuovere un certo mattone dal muro e...
Uno scrigno di monete d’oro gli cadde sulle ginocchia.
Era andato in Egitto a cercare ciò che aveva in casa!
5) Conversione.
Malik, figlio di Dinar, riferisce questa messa in atto di un comportamento e di una conversione:
Malik stava esercitando la mente riguardo al comportamento dissipato d'un giovane dissoluto che gli abitava vicino. Per un lungo periodo non intraprese alcuna azione, nella speranza che qualcun altro intervenisse, e alla fine la gente cominciò a lamentarsi del giovane.
Malik allora gli si avvicinò e lo rimproverò, chiedendogli di correggersi. Ma il giovane informò Malik di essere il favorito del Sultano, e che nessuno poteva impedirgli di fare ciò che gli garbava.
Malik disse che sarebbe andato dal Sultano; ma il giovane gli assicurò che il sovrano non avrebbe mai cambiato idea su di lui.
"In questo caso" disse Malik "ne riferirò al Creatore, lassù".
Il giovane disse che Dio era troppo misericordioso per rimproverarlo.
Malik era sconcertato, e abbandonò il giovane a se stesso; ma subito la reputazione di questi diventò così cattiva che ci fu una protesta pubblica contro di lui. Malik si precipitò a rimproverarlo di nuovo.
Mentre usciva di casa, però, sentì una voce dall'aldilà gridargli: "Non toccare il mio amico!".
Malik era esterrefatto, e arrivò davanti al giovane in uno stato di confusione.
Appena lo vide, il dissoluto gli chiese per quale motivo era tornato.
Malik disse: "Non posso rimproverarti, ma devo dirti ciò che è accaduto". E gli riferì l'esperienza con la sua viva voce.
Il malfattore fu sconvolto al sentire le sue parole e, assai turbato, disse: "Se davvero è mio Amico, gli darò ogni mia proprietà". Abbandonando le sue ricchezze, divenne un viandante.
Malik Dinar incontrò quest'uomo un giorno alla Mecca.
Il giovane disse: "Sono venuto a trovare il mio Amico" e morì.
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