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25-06-2004, 19.41.39 | #283 |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-05-2004
Messaggi: 2,012
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qualcuno, non ricordo chi mi disse un giorno: ma Dio è semplice....
e invece qui si parla ancora di complessità..... solo che per potere acceder alla semplicità bisogna essere semplici come sono semplici i bambini nei loro slanci affettivi.... nel loro dare e ricevere.. nel loro sentirsi amati.... |
25-06-2004, 19.51.03 | #285 |
Ospite abituale
Data registrazione: 16-06-2004
Messaggi: 139
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Il Circolo della vaghezza o passaggio al Limite...
Lei. La prossima volta che andiamo a New York dobbiamo andare al circolo dei più-più, che ne dici?
Lui. Il circolo dei più-più? Lei. È quel circolo a Manhattan dove si riuniscono le persone che sono il più di ogni cosa, in un senso o nell’altro. Ne parla Saul Bellow verso la fine di Herzog: c’è l’uomo più calvo di tutti i capelluti e il più capelluto degli uomini calvi; il più ricco dei poveri e il più povero dei ricchi; il gigante più piccolo e il nano più alto; il più furbo dei tonti e la più sciocca di tutte le persone intelligenti. Ci sono tutti, anche i ladri onesti e i bugiardi sinceri. Lui. E che fanno? Lei. Al sabato sera fanno una festa, cenano, ballano. Poi fanno una gara.«E se tu riconosci il più capelluto dei calvi dal più calvo dei capelluti—spiega Herzog—vinci un premio.» Lui. È solo una storia... Lei. Sì—ma è una storia curiosa, non trovi? Lui. È una storia bizzarra. Non esistono criteri precisi per separare i calvi dai capelluti; quindi non ha senso pensare di riconoscere il più capelluto dei calvi. Lei. Esattamente. E non è nemmeno una questione di limiti della nostra conoscenza. Ci sono uomini calvi, e ci sono uomini capelluti. Ma tra gli uni e gli altri vi è una zona grigia abitata da tipi che non si sa bene come classificare: uomini stempiati, maestri del riporto, capelloni dal cucuzzolo lucido. Inutile cercare di individuare nelle nostre pratiche linguistiche o nel nostro armamentario concettuale un criterio preciso e fondato per dire in ciascun caso se ci troviamo davanti a un calvo o a un capelluto. «Calvo» e «capelluto» sono concetti vaghi e vaghi sono i loro confini. Lui. Dunque dobbiamo distinguere tre categorie. Ci sono i tipi decisamente calvi (Picasso), ci sono i tipi decisamente capelluti (il conte di Montecristo), e poi ci sono i casi dubbi. Stando così le cose, il circolo di New York potrebbe annoverare fra i suoi membri i rappresentanti estremi di tutte e tre le categorie e la gara dei più-più non sarebbe poi così bizzarra. Lei. Purtroppo le cose non sono così semplici. Due confini precisi non sono meglio di uno. E se è impossibile riconoscere il più capelluto dei calvi è altrettanto impossibile riconoscere il più calvo tra i casi dubbi. La vaghezza di questi concetti non si esaurisce nell’esistenza di casi intermedi: è la mancanza di un confine preciso alle loro condizioni di applicazione che li rende vaghi. Lui. Immaginiamo di trovarci in una stanza col conte di Montecristo e supponiamo di cominciare a strappargli i capelli, uno a uno. All’inizio del processo il conte è capelluto. Alla fine sarà calvo. Ma a che punto preciso smetterà di essere capelluto? A che punto comincerà a essere calvo? Lei. Se anche fossimo onniscienti ci sarebbe impossibile fornire risposte esatte a domande come queste: neanche Dio saprebbe dire quando il conte di Montecristo è diventato calvo. Un ragionamento analogo ci convincerà che non basta nemmeno aumentare il numero delle categorie distinguendo tra casi chiaramente intermedi e casi intermedi di casi intermedi, o casi intermedi di casi intermedi di casi intermedi. Moltiplicare il numero dei confini equivale ad assumere una precisione ancora maggiore di quella che si immaginano al circolo dei più-più. E questo è un problema serio perché dà luogo a un vero e proprio grattacapo logico. Senza farci caso ci ritroviamo infatti in una situazione contraddittoria. Da un lato le due affermazioni seguenti sembrano ovvie: (1) Dopo la rimozione del primo capello, il conte di Montecristo è ancora capelluto. (2) Se dopo la rimozione del capello numero n il conte di Montecristo è ancora capelluto, lo è anche dopo la rimozione del capello numero n + 1. (Che differenza può fare un capello?) Dall’altro lato vogliamo sicuramente poter negare che: (3) dopo la rimozione dell’ultimo capello il conte di Montecristo è ancora capelluto. (A quel punto anche il conte sarà completamente calvo.) Tuttavia l’asserzione (3) segue logicamente dalla congiunzione di (1) e (2). Lui. Quindi o rinunciamo a una di quelle due asserzioni, contrariamente alle nostre intuizioni su cosa voglia dire essere capelluto; oppure ci troviamo costretti a rinunciare ad alcuni elementari principi di ragionamento logico. Lei. È un problema di cui si era preoccupato lo stesso Gottlob Frege, uno dei padri della logica moderna. Frege individuava proprio nella delimitazione rigorosa di ogni concetto uno dei presupposti fondamentali per l’applicazione delle leggi logiche. Ma sapeva anche che questo modo di procedere ha a sua volta conseguenze infelici: i concetti impiegati in matematica e presso le cosiddette scienze esatte sono esenti da vaghezza, ma la stragrande maggioranza dei concetti di cui ci serviamo comunemente sono vaghi. Lo sono gli aggettivi che usiamo per descrivere le persone e le cose che ci circondano (calvo, ricco, bello, giovane, felice, pesante, vicino, profumato), i sostantivi (montagna, città, casa, giardino, vacanza, passeggiata), i verbi (amare, rispettare, picchiare, digerire, correre, sapere, credere), e così via. Lui. A ben vedere, nemmeno i nomi propri che usiamo per individuare le persone sono del tutto esenti da vaghezza. Quali sono, esattamente, i confini del signor Rossi? Sicuramente il corpo di Rossi include il suo cuore e i suoi polmoni e sicuramente non include il cuore e i polmoni di Bianchi. Ma che dire della caramella che Rossi ha appena messo in bocca: fa parte del suo corpo? Ne farà parte soltanto una volta che avrà cominciato a masticarla? Soltanto dopo che l’avrà ingoiata? Solo dopo che avrà cominciato a digerirla? Lei. Ecco dunque il dilemma. Da un lato la vaghezza dà luogo a dei veri e propri paradossi. Dall’altro lato, se applicassimo il criterio di Frege ed eliminassimo dal campo di applicazione della logica tutte quelle parole e quei concetti che esibiscono una vaghezza di qualche sorta ci ritroveremmo con una lingua molto impoverita—una lingua così povera da risultare del tutto inutile. Lui. Del resto non è nemmeno detto che il criterio di Frege sia applicabile davvero. Lo sarebbe (almeno in linea di principio) se esistesse una chiara linea di demarcazione tra ciò che è vago e ciò che non lo è. Ma anche qui ci troviamo dinnanzi a un’ipotesi discutibile: certi concetti sono vaghi e certi sono precisi, ma esistono concetti che sembrano trovarsi in una situazione incerta. Il concetto di persona è vago? Vi è un momento esatto in cui una persona cessa di vivere? Vi è un momento esatto in cui una donna diventa madre? A ben vedere, vi sono dei concetti per i quali la questione della vaghezza è a sua volta indeterminata. Lei. Come scriveva il filosofo inglese John Austin: ‘vago’ è vago. Lui. Se è così, se ne deve concludere che non esiste un confine netto tra i concetti vaghi e quelli non vaghi, proprio come non esiste un confine netto tra gli uomini calvi e quelli non calvi. Lei: Non solo non esiste: è impossibile tracciarlo. Lui. E se è impossibile tracciare un confine netto, è impossibile eliminare la vaghezza. Come hai detto che si chiamava quel circolo di New York...? Abbiamo passato il limite? .... |
25-06-2004, 20.08.44 | #286 |
Ospite abituale
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anch'io ringrazio di essere viva.
ma ringrazio un Dio che è aldisopra del bene e del male perchè anche il male è al Suo servizio ma non è Lui, sono, siamo piccole gocce di consapevolezza che lavoriamo per e con Lui ma non siamo Lui aspiriamo a divenire divini e. come promesso, faremo cose ed abbiamo realizzato cose che credevamo impensabili. quando osiamo immaginare attingiamo ad un mondo ove già tutto ciò che si può esiste e grazie a questi rari lampi l'uomo che accede a questeo mondo delle intuizioni procede in un cammino di progresso e bontà. ma nulla avviene per caso perchè Dio non gioca a fdadi con l'Universo. Egli ha fissato le regole e noi pian piano le scopriamo, ma la Mente Ordinatrice E' e noi non possiamo che cercare di scoprirne le regole attraverso ipotesi e lavorio mentale. |
25-06-2004, 20.12.47 | #287 |
iscrizione annullata
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Messaggi: 2,110
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Perchè devi ringraziare Dio per i progressi della tua "anima", della tua coscienza? Ringrazia te stessa, sei tu che ti stai costruendo, non Dio.
Per quanto riguarda le regole che reggono l'universo esse esistono di per sè stesse, sono necessarie, non c'è bisogno di alcuna Causa Prima, di alcuna divinità. |
25-06-2004, 21.46.25 | #289 | |
Ospite pianeta Terra
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accettazione..infinita Libertà
Citazione:
Paperapersa.... solo parole che interpretano l'ininterpretabile ..in realtà è sempre l'intelletto che cerca rappresentazioni..tranquille rappresentazioni..concettualiz zazioni. Sono pur esse un aspetto del Divino..e quel Divino lo possiamo porre a parole dove vogliamo..fuori, dentro, sotto, sopra, destra sinistra..ma esso E'. Non è sufficiente? Nel nucleo..nel cuore c'è la Comprensione.. perchè il processo di voler "risolvere" e posizionare Dio è infinito...e se non c'è più nessuno che pone domande..dov'è Dio?? Un abbraccio |
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