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16-01-2008, 00.53.51 | #32 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
Sarebbe una lotta implacabile ,dura,efferata per la conquista della cima... Ciò non può che produrre angosciosi dubbi ed impennate di "fortissimamente volli" di romantico retaggio.. In fondo,giù nella valle ,invece ,è tutto un cedere armi all'abbraccio della Grande Madre,un dolce defluvio d'Amore oltre ogni volontà e desiderio,che nulla cerca e tutto ha. Una Fonte a cui abbeverarsi .. quaggiù fra le umide membra del Tutto.. Grazie Visechi.. |
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16-01-2008, 12.35.29 | #33 | ||
Utente assente
Data registrazione: 21-07-2004
Messaggi: 1,541
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Scusate l'off-topic.
Citazione:
Dal link sopra puoi capire che è Giuseppe Flavio a parlare di questo personaggio (Giuda il Galileo o di Gamala; non [il presunto figlio] Giovanni di Gamala). E se sei curioso a riguardo e vuoi saperne di più, puoi andare a leggere i testi di persona, scaricabili qua: Scritti di Giuseppe Flavio Giovanni di Gamala, da quanto si può leggere su Wikipedia, è un personaggio inventato: Giovanni di Gamala Da quanto so Giuseppe Flavio parla solo di un Johannes von Gischala (Giovanni di Gischala che non è Gamala). Ah, nonostante ti abbia scritto, dimenticati di Cascioli, Donnini, e CO. Citazione:
So solo che il Paolo neotestamentario non dice in alcuna delle sue lettere di essere di Tarso. Ciò non significa che non sia vero, ma questa informazione l'abbiamo da Luca, e quindi bisogna andare un po' cauti (arrivare persino a dire che ci sono due Paolo da Tarso mi pare alquanto osé ed esagerato). Senza dimenticarci che Gerolamo parla persino di Gischala [!] come luogo di nascita di Paolo (ma non ditelo a Cascioli, se no ne inventa un'altra delle sue ). Chiuso l'off-tipic. |
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16-01-2008, 15.01.42 | #34 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
L’abbandono cui fai riferimento – altro affascinante tema, ma senz’altro anch’esso OT – richiama molto il ‘distacco’ eckartiano. Senza dubbio concetto assai intrigante, che giunge a professare la necessità ‘d’ignorare d’ignorare’, fino a giungere alla ni-enti(e)-ficazione del soggetto, per conseguire il totale ed assoluto annientamento della rappresentazione dell’(D)Io. Immagine anche poetica, se vuoi, ma sicuramente poco pratica. In fondo alla Valle, per proseguire nell’allegoria da te suggerita, è possibile che non vi si scorga l’Amorevole Abbraccio della Grande Madre, più probabile che si reperisca il romitaggio e la solitudine del non senso, dell’impermanenza, della caducità. Probabilmente, la fede è la risposta più autorevole a questo bordeggiare inesausto; essa è il consenso dell’animo alla speranza che qualcosa di meno friabile si sporga oltre l’orizzonte esistenziale di ciascuno di noi, come un vacuo mostro dalle fauci aperte, un’idra terrifica quanto tenebrosa, abnorme e numinosa è la percezione del Nulla metafisico. Ma si tratta della oggettiva percezione di una realtà, ancorché nascosta, pur sempre reale, oppure soltanto l’ipostasi del nostro animo che rifugge l’angoscia esistenziale, lo spleen? Su ciò non vi può essere certezza assoluta, né nella negazione, né nell’affermazione, giacché, qualora si trattasse d’oggettivazione dell’animo, non sarebbe agevole osservare il proprio occhio che osserva se stesso, neppure ponendosi di fronte allo specchio del prossimo, perché questo restituisce la medesima vacua immagine di una figura irrisolta; viceversa, dovendosi trattare di realtà celata ai più, ma desiderosa di svelare la propria essenza, a chi confuta tale eccelsa realtà non è dato aver certezza del suo argomentare avversativo, proprio perché la negazione sarebbe premessa e resa necessaria dall’assenza di una siffatta esperienza (mistica?). Mancando quest’esperienza, mancherebbe anche il presupposto indispensabile per una sua negazione. Non resta altro che conformarsi alla Vita, che è negazione ed affermazione di se stessa, quindi tensione, Pòlemos e verace incertezza… nel conformarsi alla Vita si espande l’incertezza, puntellata, talvolta, da una fede mai indefettibile, che sovente vacilla, erosa dal dubbio e contestata dagli accidenti (innumerevoli) della Vita stessa. Ciao |
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16-01-2008, 15.52.33 | #35 |
Utente assente
Data registrazione: 21-07-2004
Messaggi: 1,541
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Mi sono scordato di dire e segnalare che Don Silvio Barbaglia ha scritto un libro che commenta "La favola di Cristo" di Cascioli:
La Favola di Cascioli. |
16-01-2008, 19.32.41 | #36 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 16-08-2007
Messaggi: 603
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
Citazione:
Scusate, ma un uomo può benissimo pensare che la sua verità non sia vera al 100% perché metabolizzando la verità nella propria mente e trasformandola in logica e parole essa si spoglia obbligatoriamente un pò di sé stessa... e questo può capirlo anche chi non ha fede... quantunque pensassi alla mia verità e parlassi della mia verità essa non sarebbe mai la mia verità, ma soltanto una (ulteriore) verità "psicologizzata" (si può dire?), detta e comunicata... ma non voglio soffermarmi su questi particolari... Mi tange più sapere da voi eruditi dove sta scritto che Gesù dubitò della (sua) verità? Ho difficoltà ad individuare l'episodio che interessa questa questione da voi evidenziata... che Gesù soffrì, che Gesù chiese di allontanare da lui quel calice amaro, etc... ce l'ho ben presente, ma non ho ancora capito dove sta scritto che dubitò della verità... o forse sono delle umane deduzioni logiche quelle espresse dicendo che Gesù dubitò? Per cui, gentilmente vi prego di supplire alle mie carenze conoscitive... se potete... Vi ringrazio sin da adesso per la collaborazione (anche perché per un pò non sarò sul forum, quindi vi ringrazio prima)! (Ciao Visechi!) Pace |
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16-01-2008, 22.28.29 | #37 | |
Ospite di se stesso
Data registrazione: 29-03-2007
Messaggi: 2,064
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
unico Momento dello Spirito.. Con la mente e col cuore,INTEGRALMENTE. Questo è l’affidarsi senza paura all’Amore. Questa la Resa alla Grande Madre. E più ti abbandoni ad Essa,più si concede l’Esperienza. Qui nessuno sforzo è più permesso,qui tutto è pioggia che scorre verso un’unica Gravità che non è in Alto né in Basso. Qui inesauribile arde il Fuoco Perenne che acceca ed incenerisce ogni desiderio. Perché qui v’è l’unico Desiderio di cui siamo strumenti. Aprite la Porta del Dolore piuttosto che rimuoverla, piuttosto che costruirci intorno cattedrali di parole,sino a che tutti i mostri e le paure si liberino Sino all’ultimo velo Non lasciando scampo che alla Pura Luce . |
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16-01-2008, 23.01.29 | #38 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 27-01-2006
Messaggi: 72
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
Per farti capire l'enormità che hai detto ti faccio un esempio pratico. Ammettiamo che il comandamento cristiano "Non uccidere" sia una verità universalmente riconosciuta. Adattando il tuo discorso a questo ambito, ne viene fuori che io posso pensare tale verità non sia vera al 100% ("perchè metabolizzando......."). Mettiamo che sia vera al 99%. Ciò significa che un uomo si astiene per principio dall'omicidio il 99% dei casi. Nel restante 1% dei casi, è leggittimato a uccidere dal principio stesso! Ti potrei portare centinaia di esempi simili ma penso che tu abbia già capito. |
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16-01-2008, 23.11.00 | #39 | ||
Ospite abituale
Data registrazione: 27-01-2006
Messaggi: 72
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
Io non lo pretendo. Anzi. Citazione:
Il tuo nulla è ciò che rimane delle tue superstizioni. E ti assicuro che il nulla cui sei approdato è di gran lunga più sensato di tutte le teorie che mi hai sciorinato sulla teologia negativa. |
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17-01-2008, 09.51.30 | #40 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
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Riferimento: Sulla natura di Gesù
Citazione:
[45]Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. [46]Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». [47]Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». [48]E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. [49]Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!». [50]E Gesù, emesso un alto grido, spirò. (Mt. 27 – 45,50) Nel Getzemani, Gesù esorta il Padre ad allontanare da lui il calice amaro che si accingeva a bere. Entrambi chiari segnali di un vacillare. L’urlo disperato di Gesù sulla croce è la sintesi del dolore dell’uomo sulla terra. La disperazione del giusto crocifisso è inscritta nell’episodio: Gesù, vero Dio, Padre a se stesso, Figlio a se stesso, abbandonò se stesso e fu abbandonato da se stesso; è, al tempo stesso, l’abbandonato che abbandona. L’antinomia che, nel momento del sacrificio supremo, emerge da questa correlazione fra Padre e Figlio è il mistero che cela la relazione esistente fra i due; entrambi patirono l’abbandono. Gesù non lamenta il dolore fisico, neppure l’ostilità riservatagli dai suoi aguzzini, la disperazione è strettamente connessa all’abbandono del Padre. Il Calice amaro che nel Getzemani si accingeva a bere, è il calice della separazione dal Padre, da lui presagita, ovverosia l’immagine ipostatizzata dell’Inferno. Emblematiche e di grande intensità le parole rivolte a Dio da Madre Teresa nei suoi non rari momenti di sconforto. Anch’ella vacillò, la sua fede fu provata e messa in discussione dal dolore che la circondava. Il dolore è la misura della lontananza dal Padre, non la benefica ancella che riconduce all’Origine… Anche Gesù misurò la propria sofferenza non con il metro dei chiodi e del legno che accolsero i suoi ultimi istanti, ma con il metro della separazione dal Padre, la sua sofferenza sulla croce è appunto il termometro della riprovazione divina. Questo è il vero concetto cristiano di peccato, al di là d’ogni semplicistico moralismo. Cadere nel peccato, o, per dirla con Dante, entrare nell’antro buio del peccato – come un locus esistente ed immanente – significa penetrare in una dimensione ove la presenza di Dio svanisce. Il dubbio è la linfa che nutre la percezione della separazione, la fede, viceversa, dilegua il dubbio e la connessa sensazione che induce sofferenza. Gesù percepisce la separazione, l’allontanamento, come si trattasse di un fatto già realizzatosi, infatti urla “perché mi hai abbandonato”. Lo registra nel proprio cuore ed esprime il dolore conseguente a questo fatto attraverso quell’urlo che da allora echeggia sulla terra, che si coniuga con il doloroso e disperato inquisire di Giobbe – anch’egli percepì e registrò sulle proprie carni la lontananza di Dio -. Lamenti che sono il suppurante racimolo delle sofferenze dell’uomo, del giusto, dell’innocente immolato alla vita. Giobbe inquisisce Dio, così pure Gesù chiama in causa il Padre, anche se alla fine entrambi si piegano: l’uno, Giobbe, all’impossibilità di conoscere Dio; Gesù alla volontà suprema e superna del Padre. Siano fantasie o meno, non so proprio dirlo; certo è che il dolore, soprattutto quello innocente, non riconducibile a colpe dell’uomo, senza meno inquisisce Dio. Un caro saluto anche a te. |
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