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28-03-2007, 00.55.20 | #10 |
Utente bannato
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Messaggi: 274
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Riferimento: La Reicarnazione nella fede dei primi Cristiani
Torino, 28/03/07
Come da invito del web ecco le fonti: http://camcris.altervista.org/butreincar.html Anche se alcuni dicono che questi due elementi agiscono come una sorta di memoria conscia delle vite precedenti, non possono rappresentare una terza natura ontologica (differente sia dal sé che dal dominio psico-mentale), che potrebbe giocare il ruolo di memoria personale trasmissibile da una vita all'altra. Il karmashaya e il sukshma sharira sono mere espressioni del modo in cui il karma registra i debiti del passato. Dal momento che il karma rappresenta una legge meccanica e impersonale che funziona con precisione matematica, il karma stesso non può giustificare lo stato di una persona ad un certo momento. In altre parole, l'uomo non può comunicare con il suo karma. Il karma spinge semplicemente l'individuo in uno scenario preordinato, senza comunicare quali debiti devono essere pagati dalle vite precedenti. Anche se ci sono delle tecniche di meditazione speciali per ottenere alcune informazioni limitate sulle vite passate (lo Yoga-Sutra menziona ad esempio la pratica del samyama), esse sono disponibili sono agli yogi avanzati. E anche allora, la veracità di tali informazioni ottenute in stato di coscienza alterata è quantomeno dubbio. Il debito karmico della persona può al massimo essere immaginato per intuito. Ad esempio, i reincarnazionisti suppongono che un uomo che viene assassinato abbia ricevuto la giusta ricompensa per l'aver egli stesso commesso omicidio in una sua vita precedente. Neppure i ricordi di tali vite possono dare informazioni sui "peccati" commessi durante quelle vite. Queste esperienze non cercano di provare la giustizia del karma, ma solo che le vite passate sarebbero reali. In altre parole, gli scenari "ricordati" non indicano quali fattori delle vite precedenti hanno prodotto l'incarnazione attuale, ma si limitano a convincerci che abbiamo vissuto delle vite precedenti e che dobbiamo credere alla reincarnazione. A causa delle considerazioni metafisiche sopra menzionate, molti guru orientali non considerano i ricordi di vite passate come prove valide per la reincarnazione. Nel periodo in cui Stevenson stava compiendo i suoi studi tra dei bambini indù che affermavano di ricordare le loro vite precedenti, incontrò uno swami indù dell'ordine Ramakrishna. Egli commentò così quei casi: "Si, è vera [la reincarnazione], ma non fa alcuna differenza, perché noi in India abbiamo tutti creduto nella reincarnazione e l'abbiamo accettata come fatto, eppure non ha fatto nessuna differenza per noi. Abbiamo tanti roghi e uomini malvagi qui in India come li avete nell'occidente" (Venture Inward Magazine, settembre/ottobre 1995). Tali ricordi sono ricercati e apprezzati principalmente dagli occidentali, probabilmente a causa della loro errata comprensione della dottrina della reincarnazione e anche a motivo dell'apparenza pseudo-scientifica. L'argomento principale per la reincarnazione in oriente ha tutt'altra natura e sarà ora analizzato. C) LA REINCARNAZIONE E LA GIUSTIZIA COSMICA L'argomento principale per la reincarnazione è di ordine morale. Si ritiene cioè che il karma e la reincarnazione siano il modo ideale per realizzare la giustizia nel mondo terreno, in quanto tutte le opere e i pensieri delle persone vengono retribuiti nelle loro vite future. Questa retribuzione si manifesterà sotto forma di circostanze positive o negative, con esattezza matematica; ciò significa che tutto ciò che si fa sarà giustamente punito o ricompensato, sia a livello quantitativo che qualitativo. Questo sistema spiegherebbe anche le disuguaglianze che vediamo tra le persone, dà conforto a quelli che non riescono a comprendere la loro attuale situazione negativa, e dà loro speranza per una vita futura migliore. Secondo il karma, non esiste alcun perdono per le proprie colpe del passato, ma soltanto l'accumulo di debito karmico, seguito dal pagamento delle conseguenze nelle vite future. Swami Shivananda dichiara: "Se l'uomo virtuoso che non ha commesso alcun atto malvagio in questa vita soffre, ciò è dovuto a qualche atto malvagio che può aver commesso nella sua vita precedente. Avrà una compensazione nella sua nascita successiva. Se l'uomo malvagio che compie il male giorno per giorno apparentemente si gode la sua vita, questo è dovuto al karma buono che ha avuto nella sua vita precedente. Avrà una compensazione nella sua nascita successiva. Soffrirà nella sua prossima vita. La legge della compensazione è inesorabile e senza pietà" (Swami Shivananda, Pratica del Karma Yoga, 1985, p. 102). Considerando che il debito karmico che ogni uomo accumula nel suo passato è assai grande, una sola vita non è abbastanza per espiarlo. Pertanto, per ottenere la liberazione, diventano necessarie molte vite. Nel panteismo, in cui è assente un dio personale come Realtà Definitiva, l'uomo è solo nella sua lotta col proprio passato. Anche i rami teisti delle religioni orientali sono incapaci di risolvere la solitudine dell'uomo nel proprio combattimento, in quanto i concetti di karma e di grazia divina non possono essere conciliati senza stravolgere completamente l'uno o l'altro. La grazia, concessa da un dio o da un guru, contraddice la regola base del karma e renderebbe inutile la sua azione. Ne risulta che le affermazioni di alcuni guru riguardo all'essere in grado di cancellare il karma dei loro discepoli è assurdo. Attraverso l'ascetismo e la meditazione, l'uomo deve guadagnarsi la salvezza con le proprie mani, o essere abbandonato a subire i dettami del karma. Anche se potrebbe sembrare che il meccanismo del karma e della reincarnazione offre una spiegazione alla questione della giustizia sociale, vi sono due obiezioni principali che la contraddicono: 1) Fintanto che la sofferenze (o la ricompensa per il bene compiuto) può essere sperimentato solo a livello personale (fisico o psichico), e l'uomo cessa di esistere come persona dopo la morte fisica, è chiaro che un'altra persona, generata in un altro corpo fisico, subirà le conseguenze dettate dal karma dell'altra persona defunta. Il sè impersonale (atman o purusha) che si reincarna non ha niente a che fare con la sofferenza; è un semplice osservatore dello svolgimento della vita psico-mentale. Se, al momento della morte, non è rimasto alcun debito karmico da scontare, la separazione del sé dal coinvolgimento illusorio con il mondo fisico e psico-mentale è permanente, e ciò rappresenta la liberazione. Se no, il sé è obbligato a entrare in una nuova associazione illusoria con la personalità finché tutti i frutti delle sue vite passate vengono consumati. Per conseguire ciò, una nuova persona nasce ogni volta che il sè entra in un nuovo corpo umano. La nuova persona porterà le conseguenze del karma prodotto dalla persona precedente, abitata dallo stesso sé. Questo meccanismo, in cui una persona accumula il karma e l'altra ne porta le conseguenze, è alquanto ingiusto e contraddice fondamentalmente l'idea di poter realizzare una perfetta giustizia. Non è dunque possibile spiegare con il karma i disastri naturali, le piaghe e gli incidenti che affliggono gli innocenti. Per questi motivi, il detto "si raccoglie ciò che si è seminato" non può essere usato per esprimere le idee dei reincarnazionisti (in realtà queste parole sono state prese dal Nuovo Testamento, Galati 6,7, dove hanno un significato molto diverso). Secondo il meccanismo della reincarnazione, una persona semina e l'altra raccoglie, dato che nessuna caratteristica personale può essere preservata da un'incarnazione del sè impersonale alla successiva. Nel Buddismo, che rigetta l'idea stessa di un sè che trasmigra, l'idea di seminare e raccogliere è ancora più assurda. Vediamo ad esempio il seguente testo: "Se accade che uomini e donne buoni, che ricevono e ritengono queste parole, sono oppressi, i loro destini malvagi sono l'inevitabile risultato retributivo dei mali commessi nelle loro vite mortali passate. Mediante la virtù delle loro sofferenze attuali l'effetto del loro passato sarà espiato, ed essi saranno nella posizione di conseguire il Completamento dell'Incomparabile Illuminazione" (Sutra del Diamante, 16). |