Il problema è che sono in troppi ad essere innamorati del Pensiero,e ad ammantarlo,incondizionatamente -e sempre e comunque-di un'aura metafisica,dimenticando la sua natura "strumentale"(peraltro preziosissima ed insostituibile ,nel proprio ambito di competenza).
Condivido pienamente le tue affermazioni sul pensiero. Il pensiero ha valore strumentale. Permettere al mondo delle idee di sostituirsi alla realtà è Maya. Esiste un punto nel quale Conoscere ed Essere coincidono. In quel punto le parole non hanno più senso.
Sulla percezione del passato e della storia del pensiero occidentale invece ho una percezione diversa di cui ti passo la sintesi.
Platone, (facendo parlare Socrate), non fece altro che portare a compimento la ricerca del “principio eterno”, intrapresa dai presocratici. Egli individuò il principio eterno in una Verità, (assoluta) e dialetticamente perseguibile.
Con quel passaggio i filosofi greci tentarono di consegnare l’immortalità, che prima era proprietà degli dei del mito, agli uomini. Quello che successe, ahimè fu che racchiusero gli uomini nel mito. Se oggi pochi di noi ne sono coscienti è proprio perché, di questo mito, ne siamo parte.
Prima dei pre socratici c’erano i sofisti…. Che insegnavano “il bene” e che furono accusati di fare mercimonio della conoscenza…… In realtà l’acredine di Platone verso i Sofisti non era dovuta tanto al fatto che si facessero pagare. Quello che stava succedendo, ai tempi dell’antica Grecia, era un’immane lotta tra il “Bene” dei Sofisti e la “Verità” dei Dialettici per contendersi il possesso della mente umana per i secoli a venire. Lotta che fu vinta dai dialettici ed ecco da dove esce il nostro “mondo di pensiero”, la nostra fede nell’indagine speculativa e la nostra arroganza nel pensare di poter raggiungere l‘assoluto con la nostra mente.
Ma la cultura nella quale siamo immersi oggi non è frutto solo del pensiero greco, che, per altro, avrebbe generato un maggior positivismo scientifico. La nostra cultura è il frutto dell’incontro, (operato per opera di Paolo di Tarso), tra la concezione, prima asiatica, e poi ebraica, della religione imperniata sul “Dio unico”, con la cultura dei romani, eredi naturali del pensiero greco.
E’ con questo passaggio che l’uomo legittima il suo intelletto abbassando Dio al punto di renderlo contenibile nella sua mente, mentre, la “Verità”, (dei filosofi greci), subisce una mistificazione, in quanto passa da un assoluto dialetticamente determinabile, ad un assoluto trascendente ed ipotetico.
L’orrore di questo sincretismo non verrà mai compreso abbastanza.
Ciao.