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Riflessioni sulle Scienze - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica |
03-09-2008, 18.27.30 | #1 | |||
Moderatore
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Un linguaggio senza fraintendimenti
https://www.riflessioni.it/scienze/li...tendimenti.htm
Lo scopo principale dell'articolo è di evidenziare una peculiarità del linguaggio di programmazione (parlo in generale, senza riferirmi ad uno specifico linguaggio di programmazione). Al contrario di altri linguaggi che sono vaghi e ambigui, il linguaggio di programmazione permette di esprimersi "senza fraintendimenti" perché "non si può nascondere niente". Naturalmente condivido questa tesi principale. Ci sono alcune cose, però, che stonano (sono pignolo, lo so ), quindi provo a metterle qui in risalto. Sulla prima parte, quella sulle intese tacite non ho nulla da obiettare: la mancanza di una biettività tra la sintassi e la semantica risiede nel fatto che questa due sfere non sono esaustive, infatti manca la pragmatica. Pure sulla parte sul codice dei calcolatori non ho nulla da obiettare, mentre ho qualcosa da dire sull'ultima parte, quella sulla verifica. Citazione:
E' strano che tu abbia portato proprio questo esempio, infatti Wiles scrisse il suo teorema in linguaggio matematico, e il linguaggio matematico è uno dei linguaggi famosi per il loro rigore e non-ambiguità. In effetti le dimostrazioni matematiche sono rigorose, il problema è che sono lunghe e complesse, è difficile per un essere umano seguire tutti i punti senza commettere errori. Poi aggiungi: Citazione:
Questo, però, è inesatto, infatti la verifica (completa e) automatica del software è un problema non computabile. L'esempio classico è il problema della fermata: non è possibile determinare in modo automatico se un programma generico su input generico terminerà o meno. Se il programma termina e fornisce i dati attesi, può essere che funzioni su quell'input, ma chi può dirlo in generale per un input qualsiasi? Questo problema è indecidibile. E' vero che si può fare un'analisi "umana" su un programma e scoprire se terminerà (e funzionerà come deve) oppure no, ma se il programma ha qualche migliaio di righe di codice? Oppure qualche miliardo? Qui ci ritroviamo come nel caso di Wiles e della sua dimostrazione del Teorema di Fermat (anzi, il caso mi sembra anche peggiore). Questo ci spiega, tra l'altro, perché ogni programma che esca sul mercato ha sempre dei bug, anche dopo infiniti aggiornamenti... Citazione:
Mi sembra che possa confondere mettere sullo stesso piano teorie e programmi. Inoltre è vero che l'informatica è utile (e rilevante?!) ma lo è anche la medicina. E' vero che potrebbero esserci delle teorie mediche non utili, ma ci sono anche molti (infiniti) programmi che sono inutili. |
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08-09-2008, 13.53.07 | #3 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
Dall'articolo:
Citazione:
A maggiore ragione è possibile dire che un linguaggio rigoroso come quello matematico induce a diverse interpretazioni in un linguaggio comune. In meccanica quantistica, per esempio, comprendere che le "ampiezze di probabilità" sono diverse dalle "probabilità classiche" non è così facile da intendere. Infatti nell'ipotesi a molti mondi (una delle interpretazioni piu in linea con la M.Q.) le probabilità classiche NON vengono tenute in considerazione. Il modulo quadro diventa un artefizio matematico, cosa che invece diventano la realtà stessa nel linguaggio comune per chi invece ingloba anche le probabilità classiche. Il concetto di "realtà", a quel punto, è "impossibile" comprenderlo, ma solo "intuirlo". Sta di fatto però che senza la possibilità dell'interpretazione, che parte certamente dalla conoscenza del linguaggio rigoroso, non avremmo alcuna possibilità di creare una nuova teoria . Ecco che la "comprensione" stessa del linguaggio diviene parte integrante del linguaggio stesso. Un linguaggio senza fraintendimenti è invece un linguaggio che non comprende se stesso. Servirà solo per scopi "organizzativi" (banche, supermercati ecc.). |
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09-09-2008, 09.29.41 | #4 | |
Moderatore
Data registrazione: 30-08-2007
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
Citazione:
Può darsi che sia così, però lo si dovrebbe dimostrare … |
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09-09-2008, 12.25.17 | #5 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
Citazione:
Non è facile, tento di dimostrare ciò che dico: Ho fatto l'esempio di ampiezze di probabilità e probabilità classiche perché mi sembrava più semplice. Entrambi sono linguaggi rigorosi, matematici. E' possibile anche mettere nel calderone la geometria Euclidea e quella Iperbolica (per esempio). Ogni linguaggio è rigoroso. Ma possiamo prendere come partenza per la nostra indagine, concetti non molto rigorosi, come il concetto di "realtà". Questo concetto deve necessariamente coincidere con quello rigoroso se vogliamo ottenere una risposta definitiva ed esaustiva. Se però rimaniamo nei linguaggi rigorosi, senza alcuna interpretazione di esse, ogni linguaggio è giusto. Quindi usiamo un linguaggio rigoroso per "scopi" vili e organizzativi a seconda dell'obiettivo prefissato, e riserviamo le interpretazioni di esse per ottenere sia nuovi linguaggi che nuovi concetti piu prossimi a quelli di "realtà". Ci si può domandare quindi se per indicare rigorosamente il concetto di realtà bisogna utilizzare le probabilità classiche o le ampiezze di probabilità. Se lo scopo è quello di ottenere un risultato probabilistico o piu prettamente fisico, utilizzerò le probabilità classiche (quindi userò il famoso modulo quadro) altrimenti, se volessi concepire la realtà in modo diverso devo lasciare le cose così, e mantenere le ampiezze di probabilità. In questo caso ogni linguaggio è rigoroso, ma non abbiamo alcuna definizione esaustiva di "realtà". Per questo abbiamo bisogno delle interpretazioni. Ogni interpretazione poi si svolgerà attorno al linguaggio rigoroso (non è quasi mai una interpretazione campata per aria, anche se alcune volte possono essere utili anche quelle), a seconda del concetto di realtà che riusciamo a "comprendere". Un linguaggio rigoroso che non comprendesse se stesso non avrebbe alcun modo di dare una interpretazione differente. Questa è, in definitiva, l'interpretazione che non si adegua al linguaggio, ma lo utilizza di volta in volta per gli scopi. Chiaro che un programma per Banche potrà utilizzare vari modelli interpretativi, essi dipenderanno da delle quote precise dettate all'inizio,per esempio utilizzo un programma per tutti quelli che sono sotto i 1000 euro, un altro programma per quelli che sono sopra. Ma voglio solo mostrare che l'utilizzo di un programma con un linguaggio rigoroso è diverso dalla interpretazione realistica. Così un programma rigorso che preveda una soglia di 1000 euro può essere alzato a 1500 per la bontà espressa dal direttore o per fini pubblicitari. Se quindi rimaniamo nell'ambito del concetto di realtà, l'interpretazione secondo cui la realtà è quella che soggiace sotto il linguaggio rigoroso non dovrebbe essere giusta, ma si avvale dell'interpretazione e dell'intuizione. In definitiva è possibile chiedersi: la realtà soggiace al linguaggio rigoroso delle probabilità classiche o a un altro linguaggio? Se i linguaggi potessero parlare direbbero che, ognuno di essi, è il piu prossimo al nostro concetto di "realtà". Trascendere il linguaggio, comprenderlo, alcune volte utilizzarlo, altre volte concependo qualcosa di diverso a seconda del nostro concetto personale di realtà, è invece una prerogativa non del linguaggio in se, che non comprende, ma di chi lo "comprende" come modello altro da sè, meccanismo che permette di mettere in evidenza un concetto che non è ivi compreso nel linguaggio rigoroso. E' chiaro che in questa visione l'interpretazione diviene parte fondamentale del linguaggio. Il linguaggio da solo è invece, senza interpretazione, un modello per scopi utilitaristici, o come dici tu vili |
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10-09-2008, 14.17.21 | #6 |
Ospite abituale
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
secondo forse qui si sta mischiando un po' troppo il meta-linguaggio con il linguaggio oggetto di formalizzazione.
Sul problema della realtà del linguaggio, per essere breve, vorrei citare una cosa detta da Odifreddi che suona pressapoco così: " la conoscenza inizia con l'intuizione che appartiene alla meta-fisica, procede a costruire una teoria con la matematica, e poi alla sua verifica con la fisica." ciao! |
11-09-2008, 14.13.19 | #7 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
Citazione:
Correggo (non l'avevo fatto prima perchè mi è sfuggito)! E' quasi il contrario. Mi ha illuminato l'esempio portato da Crono80. Si parte dal concetto umano di realtà che si esprime attraverso un linguaggio (comune). Attraverso la matematica troviamo un linguaggio rigoroso e poi lo "verifichiamo" attraverso la fisica. Il problema è che il cerchio può non chiudersi, e il linguaggio umano (e il suo senso di realtà) può non identificarsi con la verifica fisica. Ecco perchè ho portato come esempio due linguaggi rigorosi matematici che portano a definire (in modo indeterminato) due tipi di realtà come le ampiezze di probabilità e le probabilità classiche (esempio che mi sembrava il più vicino al concetto che volevo esprimere). Quindi, rispondendo alla tua domanda, da un linguaggio rigoroso non si ricavano diverse interpretazioni. Al contrario, secondo me, è attraverso l'interpretazione che sosteniamo un linguaggio rigoroso come "modello" piu prossimo a quello di "realtà". Noi esprimiamo infatti (così credo), attraverso la matematica, sempre "modelli" più prossimi alla realtà, che possono corrispondergli più o meno fedelmente. Ma il senso di realtà è sempre legato in prima istanza alla meta-fisica (termine che ricopio da Crono) e poi al linguaggio matematico, quest'ultimo non sempre è legato alla verifica sperimentale. Cosicché abbiamo tre linguaggi che si intrecciano. Dire che spetta alla fisica dichiarare la verità o la falsità è un "metodo" di lavoro. Fatto sta che il concetto di realtà (meta-fisico) può essere legato anche ad un concetto matematico ma questo può non avere avuto una verifica sperimentale. A questo punto tutto dipende dal concetto di realtà che riusciamo a concepire; questi concetti ora li appiccichiamo ai linguaggi matematici,ora li riserviamo solo alle future sperimentazioni. Qual è il linguaggio preminente tra quello mentale,matematico e fisico? La matematica può anche essere concepita come un mondo a se, che va solo scoperto e che può non essere direttamente legato al mondo fisico . La fisica è quella parte della realtà che ci è piu vicina. La mente invece esprime un linguaggio in grado di mediare tra i due mondi... ma spesso riesce anche a trascenderli. A questo punto ritengo che sia solo questione di interpretazione o di "metodo". Il metodo scientifico è certamente quello che ha dato piu risultati, ma senza l'apporto dell'interpretazione (per esempio l'ingresso di una nuova teoria basata su un nuovo modello matematico) non avremmo possibilità di concepire la realtà in modo differente da quello che "fisicamente" ci appare. A quel punto l'interconnessione tra mente,matematica e fisica diviene un rapporto dinamico in grado di portare il concetto di realtà verso una più rifinita identità. [p.s. ho fatto l'esempio della teoria dei molti mondi perchè lì si evince nettamente come un modello matematico, unico alla nostra capacità di intendere un mondo "reale" differente da quello fisico, fa sorgere un'idea appunto di una realtà differente... chi riuscirà meglio a concepirla, anche attraverso la matematica, troverà il modo, forse, di verificarla sperimentalmente... ma se è reale lo è sempre, anche ora, come lo sono tutte le idee matematiche nel mondo platonico, e questo lo dobbiamo alle possibili interpretazioni del concetto di "realtà" e ai modelli che gli affibbiamo] |
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11-09-2008, 20.02.36 | #8 |
Ospite abituale
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
penso che quanto hai espresso sia molto saggio nel senso che centra in pieno la vera questione del problema epistemologico della scienza e della matematica.
da qualche parte dovremmo pure partire quindi si assume che l'io interiore e la mente sia distinta dal "mondo là fuori" ovvero dal c.d. mondo "fenomenico". Ora il percepire non sempre rispecchia la "vera" realtà "là fuori". Questo già lo intuirono i greci con i loro famosi paradossi della percezione. Per contro nemmeno il puro ragionamento mentale invece non sempre riesce a sintetizzare o ad analizzare appieno la relatà fenomenica fuori e dentro di noi. La consocenza (e quindi i linguaggi - a seconda dell'occorrenza - piu' appropriati che di volta in volta la modellizzano) è un rincorrersi di stati mentali "a priori" e di fatti sperimentali "a posteriori". Di fatti la mera percezione umana ha una forma contingente (determinata dall'evoluzione della specie, dal ns DNA, dal modo di intuire il tempo e lo spazio, ecc ecc ecc) che Kant chiama appunto mondo "sintetico a priori". A volte questa consocenza sbaglia. A volte per arrivare a qualcosa di utile serve unire ad essa la consocenza dei dati sperimentali che saranno interpretati nell'unico modo in cui siamo capaci d farlo: cioè con i nostri paradigmi teorici. Il capire il quando e il come comunque la ns mente sappia fare "scelte" , sappia "intuire" la strada "giusta" , sappia quindi vedere in qualche modo i sui STESSI limiti, è argomento meta-fisico che per forza di cose trascenderà sempre i linguaggi che essa usa! In effetti i cortocircuiti della logica (cioè del linguaggio del puro ragionamento mentale) si hanno sempre (come anke qui già sapevano i greci) quando all'interno del linguaggio formalizzato o si parla di "infinito" oppure si costruiscono concetti "autoreferenziali" tali da trascendere appunto il linguaggio in cui sono espressi (si pensi alle famose forme del paradosso del mentitore e del teorema di Godel). facciamo un altro passettino: la fisica. Perchè sembra che la natura si comporti cosi "elegantemente" ai nostri occhi? In altri termini, xkè la matematica (costruizione astratta) sembra funzionare cosi bene al punto da far credere ai fisici che la natura sia davvero matematizzabile? Chiudiamo il cerchio: la matematica stessa e la logica classica aristotelica non sono altro che modi di parlare della ns mente ricavati dai FATTI. Ecco allora che nn stupisce se poi applicando ai fatti stessi del mondo quei modelli costruiti per astrazione da essi, questi modelli funzionino! Attenzione: di fatti per capire x es. alcune proprietà della MQ, la logica cosi detta classica non serve piu a un bel niente! occorre una logica che non contempli x esempio il principio del terzo escluso. Quindi dire che la matematica funziona sempre, è vero solo limitatamente alle esperienze (fisica classica) da cui essa stessa viene astratta! MA cmq vadano le cose noi siamo sempre vigili e riusciamo sempre a guardare le cose "dal di fuori" (qsta è l'anima del ns spirito critico no alla fine?) attraverso a sintesi di concetti a priori, e di concetti ricavati dall'esperienza, uniti a volte in modo "strambo" e forse casuale, ma che c portano a dire frasi come: "questa strada è corretta" o piu semplicemente "il fine che m prefiggo è A anzichè B". Ultimo passo: quello che chiamiamo quindi meta-fisica quindi da dove deriva? forse appunto da una miscela (casuale forse) di intuizioni a priori e di idee sintetiche a posteriori. cmq sia... ogni linguaggio umano sarà sempre un gioco complessissimo che continua a saltare tra forma e meta-forma a seconda d schemi "meta-fisici" cioè che trascendono il linguaggio stesso. ecco xkè scnd me nn è utile mischiare linguaggio e cose inerenti alle sue regole , se no cadiamo nei soliti infiniti minestroni. ciao |
14-09-2008, 17.59.42 | #9 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
Citazione:
Io condivido, però il guaio è che ci troviamo difronte ad un problema concettuale che non riesco a comprendere. Alberto ci dice che bisogna dimostrare quello che si dice. Ma è proprio ciò che pretendo io. In pratica molti sono "convinti" che il linguaggio, anche quello mentale, sia una forma computabile. Da cosa lo deducono? Dal fatto che tutto è computabile (e i neuroni non sono altro che mini computer). Per cui la mente deve essere computabile. Ma è questo che va dimostrato. Se ci soffermiamo alla deduzione [ non conosco nulla che non sia computabile, per cui tutto è computabile] ci dimentichiamo di dimostrare il risultato, ovvero che la mente è computabile. Visto che non vi è alcuna dimostrazione che il linguaggio della mente sia computabile poichè ce se saremmo già accorti, non è ovvio che la mente sia computabile. Se i fisiologi e tutta la scienza fosse di questo avviso, a me poco importerebbe poichè dalle loro deduzioni "teoriche", in pratica, non sarebbe uscito, fino ad oggi, alcun marchingegno che assomigli a un linguaggio e un pensiero umano. Il fatto che si continui a dire che i neuroni sono miliardi, mentre i poveri computer sono microscopici, sono "scuse". Il fatto è che ad oggi non vi è alcuna prova di quello che si sostiene, sia in un verso che nell'altro. Ecco perchè io e te continuiamo a distinguere le regole del linguaggio con il linguaggio stesso. Molti invece tendono a non fare differenze. Ma se non ce ne fossero ce ne saremmo già accorti. Quando il mio pc si scassa, o ha un problema, devo farlo vedere da un programmatore. Fino a che utilizziamo i pc per alcuni lavori ben precisi e ben programmati (computati) va tutto bene. Ma se voglio chiacchierare col mio pc su questioni filosofiche o sentimentali, insomma quelle caratteristiche che sembrano non computabili (che ci fanno capire che un uomo "comprende" ciò che gli si dice perchè quelle fanno parte anche della sua personale e soggettiva analisi interiore) devo telefonare ad un amico o un'amica della mia stessa specie "Homo". Alcune volte anche un animale sembra "comprendere" quello che gli si dice piu di qualsiasi pc ultra-moderno. ciao |
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15-09-2008, 13.48.27 | #10 |
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Riferimento: Un linguaggio senza fraintendimenti
diciamo che hanno dimostrato che il linguaggio naturale e mentale è tutto fuorchè Turing-computabile.
Forse è computabile in altri sensi, ma oggi cme oggi un computer costruito con i principi classici dell'informatica non potrà mai emulare la mente e quindi ambire a costruire una I.A.. Potrebbe ingannare x qlke istante forse un'altra persona di essere anch'egli umano, superando per un berve attimo il famoso test di Turing ma questo come avete già detto (e concordo) nn ne fa x forza di cose un essere pensante. Nessuno garantirebbe che al suo interno - per quegli attimi - la mole di interconnessioni dei bit faccia emergere in esso la "coscienza del sè". Perchè appunto la coscienza non va cercata nel calcolo come dicevate, ma altrove probabilmente. Il calcolo è solo una forma, una struttura di cui la coscienza si serve per raggiungere certi scopi e funzionare. ma non è l'essenza di essa. |