Lance Kilkenny
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Riflessioni sulla laicità.Dott.Loprieno
Da:
https://www.riflessioni.it/laicita/riflessioni-sulla-laicita-1.htm
Rispondo per punti al contributo di Donatella Loprieno quotandolo tutto.
Citazione:
Nel contesto delle discussioni in merito a tali materie, tanto negli ambienti cattolici tanto in quelli (sedicenti) laici è divenuto frequente l’uso di locuzioni del tipo: laicità buona, giusta, sana lasciando sottointendere che, da qualche parte o in qualche momento, vi sarebbe una laicità cattiva, ingiusta, insana. Tale profusione di aggettivazioni certamente non contribuisce a fare chiarezza ed, anzi, ha favorito una attribuzione di significati (una sorta di “ermeneutica della laicità”; sul punto si veda V. Pacillo, in www.olir.it) tale da far assumere alla laicità connotati diametralmente opposti. Ora, se pure è vero che il concetto di laicità, come modo di essere dello Stato costituzionale moderno e contemporaneo, presenta una endemica vaghezza e non conosce un unico modello di implementazione, da più parti se ne è attestata (o, forse, auspicata) la crisi ‘profittando’ proprio della indeterminatezza e incertezza dei suoi contenuti, della polisemia e della equivocità a cui si presta.
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dott.Leoprieno, la endemica vaghezza e la equivocità con cui lei definisce lo status attuale della laicità, altro non sono a mio avviso che condizioni essenziali al suo invece pieno svilupparsi nel tessuto e nel dibattito sociale.Posta infatti come pietra fondante il concetto di laicità che escluda qualunque dogmatismo, dobbiamo elidere però anche qualunque di quelli proto-giuridici che sovente assume: ad esempio il concetto di laicità può, deve, ben concedersi di osservare in ordine a sè stesso il dibattito su quale e quanto dialogo intrattenere con i diversi culti, qualunque sia l'interpretazione che si dà del trattato costituzionale.Lei tocca il punto poco più sotto, e pare assumere come "equivoca" la posizione di un laico che intendesse improntare alla contaminazione dialettica il rapporto con i diversi culti, prefigurando la necessità di porre un limite a tale dialogo.Eppure, qualunque culto ha meno bisogno di Lei, laica, dell'assenza di un dialogo oggettivo e secolarizzante, mentre invece prolifera e deriva... nella chiusura ideologica che impedisce tale dialogo.
Citazione:
La laicità, piuttosto, presenta un contenuto inequivocamente giuridico e la edulcorazione della sua consistenza altro non produce se non l’impoverimento del pluralismo che della democrazia resta uno dei principali connotati. Il nucleo minimo ‘indisponibile’ del principio di laicità pretende dallo Stato “equidistanza ed imparzialità nei confronti di tutte le confessioni religiose” (Corte cost., sent. n. 508/2000); impone allo Stato di assicurare pari protezione alla coscienza di ogni persona che si riconosca in una fede, quale che sia la sua confessione di appartenenza e la visione immanente o trascendente dell’esistenza umana (Corte cost., sent. n. 440/1995); richiede ai pubblici poteri di mantenere sempre distinto “l’ordine delle questioni civili” dall’ordine delle questioni religiose. Da quest’ultimo corollario del principio di laicità discende che il sentimento religioso ed il senso di dovere verso di esso che caratterizza i fedeli non possono essere imposti come mezzi al fine dello Stato cui rimane precluso di “ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l’efficacia dei propri precetti” (Corte cost., sent. n. 334/1996).
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Lei conosce certo meglio di me la quantità di scritti in ordine a laicità e costituzione, "come", "quale", "dove".A partire dalla carta costituzionale dunque non è nè semplice nè scontato definire cosa sia in Italia laicità, il diritto appare 'solo' continua elaborazione, questo anche sembrano suggerire le sentenze da lei citate, intervenute per cogenza socio-giuridica 50 anni dopo la stesura di quella carta.E allora non sarebbe necessario dirsi almeno che, anche ove definita giuridicamente diciamo per esclusione, la laicità sia effettivamente conseguibile come fatto solo in seguito al suo aprirsi alla speculazione proprio in quanto concetto polisemantico?Se laicità e pluralismo democratico sono prodromi l'uno dell'altra, quando non sinonimi come lei considera, perchè laicità non può contemplare al suo interno un pluralismo di voci in positivo fermento?Perchè laicità viene fatto coincidere sempre con una nettezza di posizioni che pare avere le sembianze paradossali più del culto dogmatico che del 'veicolo' razionale, democratico e pluralista?
Citazione:
Come può evincersi da queste pochissime notazioni, ad entrare in gioco sono le acquisizioni irretrattabili del modello pluralista e del pluralismo delle fedi e delle visioni del mondo che sono tra le virtù principali dello Stato costituzionale contemporaneo. A voler essere più precisi, invero, occorre ricordare come lo stesso Stato moderno, quale forma di organizzazione del potere politico, nasce sulla premessa fondante e fondativa di vanificare il ruolo della religione come fonte di legittimazione del potere e come collante per una civile convivenza dei consociati. È quantomeno ragionevole pensare che ciò sia accaduto perché le religioni (o meglio le Chiese) non hanno dato sufficienti prove della loro capacità di unire.
La scelta dei Costituenti italiani del 1948, in linea con quanto stava accadendo nel resto della vecchia Europa, fu di inserire nella Carta fondamentale, in forma solenne ed indisponibile a qualsiasi futura maggioranza parlamentare, i principi per una rinnovata convivenza basata principalmente sui diritti e sulle libertà e sulla pari dignità sociale delle persone, senza alcuna discriminazione di sorta. Ciononostante le tentazioni temporaliste della Chiesa (storicamente e socialmente dominante) di esercitare una potestas indirecta ovvero una ingerenza su qualsiasi materia coinvolgente profili religiosi, sopite a seguito del Concilio vaticano II, si sono talmente rinvigorite in questo scorcio del nuovo millennio da aver svuotato di senso e di contenuto l’idea della laicità.
La carica esplosiva insita nell’idea di uno Stato equidistante dalle confessioni religiose perché sufficientemente in grado di determinare da sé l’etica pubblica, avendo come sua stella polare i principi sanciti nella Costituzione, si depotenzia ogni volta che le gerarchie ecclesiastiche ‘suggeriscono’ ai rappresentati del popolo sovrano i parametri cui commisurare la ‘bontà’ della laicità stessa (come chiedere ai rei di reinterpretare la norma incriminatrice).
E si badi bene che non sono per essa rilevanti soltanto le classiche materie in cui la Chiesa ha, da sempre, appuntato la sua attenzione (insegnamento, riconoscimento civile dei matrimoni, famiglia, presenza di ministri di culto nelle istituzioni segreganti, esenzioni fiscali e varie); piuttosto essa tende a farsi portatrice di un ethos generale valido per tutta la società, somministrando ricette per l’immigrazione, le politiche sociali o contro ogni ‘sovvertimento dell’ordine naturale’. La laicità strettamente intesa, ovvero quanto di indisponibile vi è nella sua natura, viene identificata dalle gerarchie ecclesiastiche con il relativismo etico e con il pensiero debole, con lo sfrenato edonismo e l’egoismo individualistico, con il materialismo o con lo scientismo. La libertà di coscienza, il convincimento che valori, fedi, credi sono relativi a chi li professa, sovente vengono spacciati per relativismo etico, per assenza di valori, per indifferenza verso le diverse opzioni etiche.
Possiamo, dunque, dire che, pur non presentando i connotati tragici del passato (anche recente), i problemi legati ad un pieno dispiegamento dei molteplici contenuti del diritto di libertà religiosa (che implica anche una libertà dalla religione essendo assodato che anche gli atei godono di piena cittadinanza costituzionale; sul punto si leggano le interessanti notazioni di E. Lecaldano, Un’etica senza Dio, Laterza, Roma-Bari, 2006) continuano a riprodursi, oggi, con nuove ed inedite sembianze. Sono in molti ad interrogarsi sulle cause che avrebbero determinato questa ‘rivincita di Dio’ e cioè la deprivatizzazione dell’esperienza religiosa che, da fenomeno individuale destinato a declinare a fronte della modernità e dei processi di secolarizzazione, ha rinverdito le sue pretese di farsi coscienza collettiva e vuole ambire a rioccupare gli spazi pubblici.
Anche dove le derive fondamentaliste, tipiche di ogni pretesa che si erge a verità assoluta e non negoziabile, sono meno di ostacolo ad una armoniosa integrazione tra le diverse istanze, la discussione intorno ai temi della laicità delle istituzioni pubbliche, dei suoi apparati e delle sue politiche, ha assunto toni intensi e problematici. Infatti, è assai controverso come il ‘ritorno al sacro’ possa coniugarsi con processi di secolarizzazione, altrettanto forti, osservabili nelle nostre società. Nel passaggio storico sotteso al nuovo millennio emergono nuove contraddizioni. Per esempio, da una parte, i processi di integrazione europea tendono a diluire le specificità nazionali; dall’altra, i processi di complessificazione della società e di erosione della capacità regolativa del diritto (e della politica) nei confronti dell’ordine economico, risvegliano il bisogno di confortanti identità.
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segue
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