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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 28-04-2006, 23.49.28   #11
Spaceboy
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"Spiegatemi il senso della vita...poi deciderò se essere felice o meno".

Non è mia, ma la sento molto mia...

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Vecchio 29-04-2006, 00.35.08   #12
Fragola
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Citazione:
Messaggio originale inviato da Spaceboy
"Spiegatemi il senso della vita...poi deciderò se essere felice o meno".

Non è mia, ma la sento molto mia...


Ma il senso della vita è essere felici! Quale se no?


ps ... semmai ci sarebbe da discutere di cosa sia veramente la felicità
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Vecchio 29-04-2006, 12.00.12   #13
Elijah
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Re: L'arte di essere felici

Citazione:
Messaggio originale inviato da arsenio
Schopenhauer...

Siete d'accordo? Chi vuol raccontare le sue palliative strategie anti-infelicità?

Ciao,
premetto che non ho mai avuto la fortuna di perdere del tempo a leggere il filosofo in questione...
Ma vorrei comunque - se mi viene concesso - fare alcune osservazioni personali...

Prima di iniziare qualsiasi discorso - oltre a dover definire la felicità, cosa impossibile o quasi -, a mio modo di vedere, bisognerebbe distinguere
tra la felicità del singolo individuo, e la felicità del gruppo nel suo insieme,
tra una felicità raggiunta in uno stato di quiete e una felicità che si raggiunge in uno stato alterato del nostro corpo (amore, sport, successo, droga, e tutte le volte in cui il nostro corpo contiene euforizzanti - chimici o non),
tra una felicità con desideri insoddisfatti, e una felicità che si possiede solo quando si raggiungono gli obiettivi prefissati,
ecc.

Credo che ognuno di questi componenti, sia importante...
Non basta essere felici noi stessi da soli, senza che gli altri lo sono... come non basta che il gruppo nel suo insieme è felice, se poi il singolo da solo è infelice...
Bisogna cercare di raggiungere il giusto equilibrio, e "lavorare" su più fronti...

Leggendo il riassunto di bside su Schopy...
Citazione:
bside scrive
L'indifferenza come regola di vita. (Per Schopy)

Nonostante non abbia mai letto cosa scrisse, io cercherei di leggere o di interpretare questo suo pensiero in modo positivo...
Forse, quello che Arthur voleva evidenziare, è il seguente aspetto...
La vera felicità la bisogna cercare in uno stato di quiete, nel nostro stato insomma normale, in cui il nostro corpo non è influenzato dalla droga che il nostro corpo può sprigionare di fronte a un bel partner, come anche dopo un successo, o altro ancora...
La vera felicità, va innanzitutto cercata in noi stessi, nella nostra solitudine, e quando la nostra vita è piatta...
Se non possediamo questa di felicità, non penso che sia possibile raggiungere la felicità stando con gli altri, con il nostro prossimo, quando viviamo esperienze incredibili...

Il punto è ora però... E immagino che anche Arthur se lo sia chiesto...
Se noi siamo già felici da soli, nel nostro stato di quiete, perché mai dovremmo interessarci degli altri? Perché mai dovremmo cercare esperienze amorose, o il successo, o amicizie, o un buon lavoro, o cercare di realizzare i nostri sogni?
Voglio dire... se noi siamo già felici nel nostro stato naturale, perché voler altro?

A riguardo, vorrei prendere in considerazione quanto scritto da Adele...
Citazione:
Adele scrive
Felicità: per me essa non può essere staccata dal benessere degli altri.
Forse è questo uno dei punti centrali...
Gli altri...
Ammettiamo che noi, siamo felici... E se gli altri non lo sono, che fare?
Le parole e in particolar modo l'agire di Yoshua - ma potrei anche prendere altri esempi -, possono esserci d'aiuto in questo frangente, per farci capire o intuire, che una volta che siamo in grado di amare noi stessi, il che comporta che raggiungiamo questa felicità, si dovrebbe passare ad amare il nostro prossimo, come noi stessi. Se si toglie uno dei due componenti, il tutto crolla...

Il fatto che la regola d'oro sia espressa in modo positivo in bocca a Yoshua, è anche un qualcosa che dovrebbe far riflettere...
Fai agli altri, quel che vorresti che fosse fatto a te...

Detto in altro modo, una volta raggiunta la tua felicità personale, nello stato di quiete, non devi fermarti lì e non fare agli altri quel che non vorresti che fosse fatto a te...
Non devi restare passivo, e pensare esclusivamente a te stesso...
No, devi essere attivo, devi interagire con gli altri, e cercare la felicità di tutti assieme...

Questo mi pare l'obiettivo...
Se è raggiungibile o no, non lo so...
Forse è un'utopia, un sogno molto bello, ma solo un sogno...
Ma forse no...
E forse se noi possediamo già la nostra di pace interiore, di felicità, allora, che si raggiunga o meno la felicità di tutti, non importa...
Non importa, nel senso che non dipenderà più da noi, se noi diamo già noi stessi per questo obiettivo...
Quelli che mancano, saranno gli altri... Gli altri che noi chiamiamo, e invitiamo per raggiungere questo scopo...

Vabbè, ne ho sparate abbastanza per oggi...

Elia

Ultima modifica di Elijah : 29-04-2006 alle ore 12.04.31.
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Vecchio 29-04-2006, 12.53.58   #14
hava
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Messaggi: 542
Non si puo' comprendere Schopenhauer senza prendere in considerazione la sua storia personale di persona infelice, cresciuto senza amore. Il suo modo d'interpretare la vita e gli esseri umani e' necessariamente influenzato dalle frustrazioni subite.
Secondo S. per raggiungere la tranquillita' e' necessario di estraniarsi da emozioni evitando d'essere coinvolti nei sentimenti.
Questa sembra essere la soluzione da lui scelta per difendersi da una situazione disperata. Ma secondo me questa non e' una soluzione e non e' la vita alla quale dobbiamo partecipare .
hava is offline  
Vecchio 29-04-2006, 13.41.42   #15
bside
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Messaggi: 383
>La vera felicità, va innanzitutto cercata in noi stessi, nella nostra solitudine, e quando la >nostra vita è piatta...
>Se non possediamo questa di felicità, non penso che sia possibile raggiungere la felicità >stando con gli altri, con il nostro prossimo, quando viviamo esperienze incredibili...

Secondo Shope, l'uomo felice è colui che possiede interamente sé stesso, ovvero l'uomo dotato di vero genio che oppone agli uomini "normali" (per i quali si capisce nutre un certo disprezzo) e quelli che si trovano a metà (i dilettanti del sapere e dell'arte), che pone ad un gradino più in alto dell'uomo normale.

Infatti scrive
l'uomo normale si limita a cercare i piaceri nelle cose esteriori, come le ricchezze, la famiglia, gli amici, la società, ecc; su di esse basa il proprio concetto di felicità nell'esistenza, cosicché tale felicità è destinata a crollare quando egli perde, o quando s'imbatte in qualche inganno. Per poter meglio spiegare questa condizione dell'individuo potremmo dire che il suo baricentro cade interamente fuori di lui...e tutto ciò perché egli cerca una soddisfazione che venga dal di fuori

L'uomo invece dotato di una potenza intellettuale superiore alla media, ma lontano dall'essere genio ...quando le sorgenti esterne dei piaceri venissero a mancare comincerebbe a coltivare da dilettante qualche ramo delle arti oppure qualche scienza come la botanica, la mineralogia, la fisica, poiché in esso vi trova una forma di piacere. Di quest'uomo potremmo dire che il baricentro cade già in parte dentro di lui

Tuttavia siamo ancora lontani dalla condizione riservata ai pochi eletti. Chi sono? Sono gli uomini "occupati interamente con sé stessi, con le proprie opere, con le proprie creazioni...capaci di esprimere profondi concetti nel campo dell'arte, della poesia, della filosofia...Di quest'uomo potremmo dire che il baricentro cade interamente in lui. Ecco perché come accade spesso, gli uomini appartenenti a questa specie così rara, anche se sono d'indole buona, non dimostrano agli amici, alla famiglia, alla comunità quell'interesse intimo e illimitato di cui sono capaci gli altri individui; poiché possedendo sè stessi alla fin fine possono farne anche a meno."

Si capisce che shope ha un ego grande come una piramide egizia. La sua modestia lo porta a considerarsi un genio e a disprezzare tutto ciò che sta in "basso" o che riguarda le persone comuni.

>Se noi siamo già felici da soli, nel nostro stato di quiete, >perché mai dovremmo interessarci degli altri? Perché mai >dovremmo cercare esperienze amorose, o il successo, o >amicizie, o un buon lavoro, o cercare di realizzare i nostri >sogni?
>Voglio dire... se noi siamo già felici nel nostro stato >naturale, perché voler altro?

Lo stato di quiete o naturale non deve intendersi un semplice mangiare, bere e dormire. Secondo shopy ognuno deve cercare di sviluppare il proprio carattere, le proprie tendenze (e qui si può essere d'accordo), e non farsi coinvolgere da null'altro che non sia funzionale a questo scopo. Per questo nel suo saggio non si trova quasi nulla sull'amicizia o sull'amore, perché secondo shopy non sono fondamentali per raggiungere la piena felicità, anzi spesso costituiscono un peso di cui sarebbe meglio liberarsi.
Una filosofia come la sua porta necessariamente ad accettare la realtà per quella che è. Politicamente deve essere stato al suo tempo un gran conservatore.
bside is offline  
Vecchio 29-04-2006, 15.42.48   #16
hava
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Credo che la felicita' sia condizionata dall'affetto di quelli che ci sono vicini e dal continuo contatto con la societa'. Anche in campo cognitivo e culturale abbiamo bisogno del colloquio e scambio di vedute. Come gia' detto la filosofia di S. e' il suo modo di evitare nuove delusioni e combattere la solitudine.
hava is offline  
Vecchio 02-05-2006, 12.00.48   #17
arsenio
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Messaggi: 1,006
l'arte di essere non-infelici

Chi legge con attenzione il trattatello di Schopenhauer si può accorgere di quanto siano attualizzabili i suoi pensieri mediati dall’antica saggezza. Ad es. il rincorrere sogni e desideri non autentici perché eteroindotti da “vana opinione”, l’importanza che in ogni tempo storico si dà più all’avere e all’apparire che all’”essere”, teoria poi ripresa da Fromm, senza neppure ricordare il “maestro”, ed ora dimenticata. E ancora la noia che può cogliere anche nello svago adottato quale compensazione imitativa, irriflessa e automatica, come certi spettacoli ripetitivi, feste frastornanti, viaggi consumistici, ecc.
Tutte le teorie che predicano la felicità, qualsiasi sia la loro origine, sono difficili da mettere in pratica, ma a onore di Schopenhauer va che in realtà egli più che di felicità finisce per parlare di una più accessibile non-infelicità.
Che resta? Forse piccole strategie, sempre a propria misura. Ad es. in una notte d’inverno mettere il piede fuori dal letto e poi ritirarlo al caldo sotto le coperte, come ironicamente suggerì Freud, oppure ripetere ipnoticamente “io sono felice” per centinaia di volte, finchè ci si convince. Provare per credere. Qualcuno ha anche detto che il segreto è desiderare ciò che si ha già, ma andrebbe contro il principio che si desidera sempre ciò che non si possiede.

arsenio is offline  

 



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