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04-11-2004, 17.36.27 | #5 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 20-06-2003
Messaggi: 195
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Re: ...capire? ... e cosa?!
Citazione:
Se credessimo tutti la stessa cosa? Avremmo capito tutti la stessa cosa, vero? Quindi non ci sarebbe il problema che ognuno possa capire qualcosa di diverso… Ma cosa avremmo capito? quello che l’altro vuole dire o quello che tutti credono? Forse ciò che è uguale per tutti è il fatto di credere… se non credessimo, forse potremmo vedere ciò che è, senza l’interferenza di quello che crediamo debba essere, conoscenze ed esperienze… Ma per far questo dovremmo mettere in discussione ciò che crediamo, scoprendoci per quello che vogliamo far credere, ma sapendo di non essere. Siamo certi di volere che l’altro possa capire veramente ciò che diciamo, e quindi siamo? Oppure vogliamo continuare a far credere di essere? Purchè l’altro però capisca che quello che vogliamo far credere sia quello che siamo, altrimenti non ci si diverte… Ciao spada di fuoco… |
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04-11-2004, 23.19.32 | #6 |
Ospite
Data registrazione: 06-05-2004
Messaggi: 29
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In genere succede proprio che vogliamo che l’altro ci capisca, anzi, lo pretendiamo. Che l’altro capisca il nostro punto di vista e che, in quanto magari diverso, alla fine lo condivida perché in realtà (inconfessabile realtà…), vogliamo che la pensi come noi….
Se non ci interessasse convincere l’altro delle nostre ragioni (perché di questo io credo si tratti), probabilmente non avremmo problemi ad essere ciò che siamo…magari diremmo ciò che ci piace esprimere in un dato momento, ma senza l’assillo (tutto personale) di voler far capire all’altro mille ragioni. Ritengo, infatti, che quando ci affanniamo a volere che l’altro ci capisca, in realtà vogliamo che capisca di noi quello che noi ci preoccupiamo di essere….se fossimo realmente senza maschere di fronte agli altri, cosa ce ne importerebbe di essere capiti? Qualora accadesse, non ci sarebbe bisogno di tante parole, se non per il solo gusto, magari, di usare la parola solo perché è un dono che abbiamo, ma non sarebbe più di tanto necessario…se fossimo più naturali noi stessi, sarebbe forse naturale incontrarci di volta in volta, nel corso della vita, ora con tizio/a, ora con caio/a, ma non perché tizio/a o caio/a hanno creduto in ciò che io volevo credessero, non perché hanno pensato che fossi realmente ciò che andavo mostrandomi, ma solo perché magari fra gli occhi miei e quelli di tizio/a o caio/a vi è stato un …guizzo….senza nome, ma pieno di colori e sapori senza tempo….che il guizzo diventi fiamma che scalda dipende solo da noi e da quanto coraggio abbiamo di essere noi stessi, cessando di fuggire proprio da noi stessi….. Tutto questo per dire che, a mio parere, non c’è molto da capire….è vero, siamo diversi, ma sarebbe vano cercare di capirsi l’un l’altro solo sulla base di noi stessi…in primo luogo proprio perché intanto passiamo una vita a fuggire da noi stessi, figuriamoci se possiamo capire gli altri…. forse ci percepiamo l’un l’altro perché le diversità affascinano…o forse, invece, perché c’è qualcosa che ci accomuna nei sensi… In ogni caso… se siamo diversi, perché cercare di essere uguali? E se siamo uguali, perché capirsi? Un paradosso, sembra, ma solo per arrivare, almeno io credo, a comprendere che la diversità non andrebbe né appianata, né essere fonte di continuo scontro….andrebbe solo vissuta…. Lasciando vivere ciò che sentiamo di volta in volta, forse riusciremo a capire…che non c’è nulla da capire….. Ciao a tutti Devi |
04-11-2004, 23.44.03 | #7 | |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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Re: Re: ...capire? ... e cosa?!
Citazione:
allora.. ti rispondo dando per scontato che non ti riallacci a nessun altro discorso in particolare, altrimenti la risposta sarebbe , ovviamente, un'altra, perchè partirebbe da altri presupposti. dando per scontato questo, credere significa molte cose, molte più cose di quelle che hai detto: non è affatto così facile, che basta credere tutti la stessa cosa per capirsi veramente, bisognerebbe essere anche tutti uguali (psicofisicamente), il che tra l'altro renderebbe inutile essere in così tanti sul mondo. ma forse tu ti riferisci alla desiderabilità sociale, la maschera di standardizzazione che rende tutte le opinioni uguali tra loro, per evitare così i rischi dell'individuale esposizione della propria autenticità. no, non è affatto un bene essere tutti uguali, anzi, fintamente uguali. ma questo non toglie che sia praticamente impossibile non credere assolutamente niente (o se esiste un modo io non lo conosco): il significato che diamo alla realtà, è comunque un attribuzione dell'uomo, meglio se del singolo essere umano teso all'ascolto della propria individualità (senza cadere nel delirio che impedisce ogni forma di comunicazione tra simili, seppur diversi: serve sempre un minimo comun denominatore ...). il significato che diamo alla realtà dipende molto dalle aspettative (quello sarà così) che aloro volta dipendono da molte altre cose. le aspettative plasmano molto la percezione delle cose, le plasmano secondo la forma dello stampino che proiettano su di loro. cercare di limitarne l'interferenza è una buona cosa: ma è un illusione pensare (o almeno..) di annullarle! non lo è invece il desiderio di cambiarle, e cambiarle. è proprio così che il mondo ridievene ogni volta fresco, l'abitudine automatizzata lascia il posto alla creatività, alla novità, alla curiosità, alla meraviglia. se poi tu parli di ingannare l'altro, di far credere all'altro di essere ciò che non si è, questa è un pò un'altra cosa, che centra più col discorso della desiderabilità sociale... oppure della cosidetta società dell'immagine, che da più credito alla facciata, costruita, piuttosto che all'autenticità, parola pressochè sconosciuta. anche se la standardizzazione e la società dell'immagine si incontrano solo parzialmente: le modalità di vita della società dell'immagine sono piuttosto fantasiose, creative. scrivere una buona parte per l'attore non è facile, richiede fantasia, originalità (cose che non troviamo, per niente, nella standardizzazione)... che poi un'idea originale, venga copiata da milioni di uomini diventando così una moda... che dire, con l'ultima tua parte mi trovi d'accordo, la società dell'immagine. che non nega però l'autenticità: si può essere autenticamente costruiti, costruiti ad hoc ascoltando la voce della propria natura. Ciao (ancora una cosa, se mi posso permettere un appunto. secondo me è stata messa un pò troppa carne sul fuoco. ci sono troppi aspetti, secondo la mia personale opinione, in quanto hai detto, che non possono essere lasciati tutti uniti come un blocco omogeneo... vanno affettati in modo un pò più differenziato, altrimenti si confondono delle cose diverse tra loro. ecco, solo questo, ciao) |
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05-11-2004, 00.15.06 | #8 | |
può anche essere...
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
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Citazione:
ma chi è se stesso è un'eremita? secondo me esiste un equilibrio: la persona che sta bene con se stessa tende a star bene anche con gli altri, o comunuqe a non preoccuparsi se gli altri non la pensano come lei e la giudicano male... esiste una dimensione autenticamente sociale. l'essere umano, per quanto autentico, resta un animale con il gusto della socialità: che è una cosa diversa dalla preoccupazione per il giudizo altrui, per l'insicurezza che porta a volere convincere l'altro per convincere noi stessi... però la discussione si sta dirigendo verso la filosofia, e in questo periodo non ho proprio volgia di impegnarmi in elubrazioni, |
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