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02-05-2008, 14.13.19 | #11 | |
Ospite abituale
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
Citazione:
Ciao cara azzurra! è un discorso che ho appena intrapreso con una signora. Sull'erotismo di un tempo; i rapidi scorci di biancheria intima, i pizzi, i lembi di pelle intravisti,ecc. Quando una società sessuofobica metteva le calzemaglie alle ballerine delle TV ed era ritenuta oscena perfino la vista dello spallino di un reggiseno, la parola “membro” ed affini era rigorosamente proibita, i film dove si vedeva un bacio non casto era catalogato con una E rossa, ecc. Ebbene oggi si dice che era proprio il senso del tabù trasgressivo e del proibito a mandare alle stelle la libido,ora spenta per assuefazione. E che a salvare la situazione ci vorrebbe un altro periodo di ideologia repressiva, e clericale di quei tempi. L'erotismo è scatenato da un disvelamento involontario,da “buco della serratura”: vedere ciò che il pudore vuole coperto; ma di pudore, in tutti i sensi oggi ce n'è rimasto ben poco. La signora mia vicina mi fraintese e disse: “guarda che noi non indossavamo i reggicalze per attrarre i maschi”. Ma, risposi, “è proprio il contrario di ciò che intendo, perchè i reggicalze e simili indumenti erotici, se li vedo nelle vetrine dei sexy shop ora anche in centro, mi fanno solo ridere”. Se indossati sono solo artificio esibito: proprio il contrario dell'Eros. Ammesso che ai più giovani evochino qualcosa. Infatti oggi le parti del corpo femminile che più attraggono sono cambiate. Le gambe non sono più la parte più ammirata: alcuni maschi indicano ... gli occhi, il viso, la bocca. Ma in realtà sarebbe il sedere, ritorno della zona più ancestrale. Infatti quando il coito era, come scientificamente si dice “more ferarum”, cioè di terga, erano le natiche la parte in vista. Poi con l'evoluzione il rapporto fu faccia a faccia e così al mammifero donna si sviluppò il seno (superfluo, se non per i capezzoli) per sostituire quei globi con il solco in mezzo con una simulazione del sedere in scala ridotta. Non so se sia vero, ma così gli antropologi spiegano il perchè del seno. La femminilità, secondo me è soprattutto quando una donna vuole piacere. E' come dicevi, quel gesto di aggiustarsi una ciocca di capelli quando parla con te, un' impercettibile sfioramento con il tuo corpo e la donna che ride è sempre erotica. E poi non saprei dire: ci sono donne che sprigionano un femminile erotismo pur potendole inserire tra le convenzionalmente “bruttine” Emanano un fascino tutt'altro che banale. Fatto di verità e non di apparenza. Toccano corde segrete della nostra istintualità maschile e diventano occasione di trasgressione. Alcune sanno che può attirarci più che la perfezione qualche inestetismo ...estetico. Eros è qualcosa che dispone dell'Io e non qualcosa di cui l'io dispone. Come dire che una donna può far impazzire senza che ne comprendiamo il perchè. Ovviamente non quei maschi troppo condizionati da veline,top model , attrici, e tali stereotipi televisivi, o internettiani. Rimanendo ore ed ore davanti a quelle rappresentazioni virtuali perdono ogni senso di erotismo che non accetta più che quei clichè, riducendo gli stimoli a cui si risponde. abbraccio sorridente |
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04-05-2008, 18.09.57 | #13 |
Ogni tanto siate gentili.
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
Arsenio.
Pluralismo dell'Io postmoderno spesso l'identità maschile e di genere oggi sono una costruzione scelta dal soggetto che attinge a sistemi simbolici di credenze. E' un pluralismo che più che arricchire, potrebbe creare instabilità e insicurezza secondo modelli di riferimento privi di un nucleo stabile di vita vissuta. Ci si chiede ancora vanamente, chi è oggi l'”uomo”, chi è oggi la “donna. Osservo alcune autorappresentazioni, ma non so se sono volte ad adeguarsi a soddisfare una reciprocità di aspettative o in che misura facciano parte di schemi inculcati per tradizioni vetuste e mai reinquadrate per un rinnovamento della società. Le nuove identità sono mimesi d' identificazioni proposti da nuovi trend comportamentali? Ma i loro fondamenti profondi da schemi tramandati attraverso le generazioni rimangono gli stessi. Il larga parte sono espressioni di una sofferenza di 'un'epoca postmoderna, tecnologizzata, omologante. Dovuta a rapide trasformazioni economiche,sociali, tecnologiche, a fragilità emotive. Si sta perdendo anche il veicolo della parola soggettiva, con funzione autoespressiva; la lettura quale emozione, gli scritti oltre le 10 righe stancano, il pensiero analitico annoia. A meno che non si tratti di ormai familiari modi artificiosi, automatici, in stile web. E soprattutto che siano proposti da icone ormai affini per condivisioni di idee e forme di scrittura, che si ritengono autorevoli e corrette per forma, e contenuti e che si prestino a frammentazioni da estrapolare. In tal caso la lunghezza del testo oggi non crea difficoltà. Il virtuale ormai è una realtà sociale molto rivelatoria della temperie culturale della nostra epoca. Katerpillar Brani tratti dal libro KEN WILBER una sintesi del pensiero di Ken Wilber Il problema centrale della postmodernità "Ciò che si richiede, senza dubbio, non è una regressione a uno stato predifferenziato (che non è addirittura possibile, per quanto i retro-Romantici spesso lo raccomandano); ciò che è richiesto è l’integrazione del Grande Tre. E’ quello che può essere chiamato il problema centrale della postmodernità: ora che scienza, arte, e morale sono stati irreversibilmente differenziati, come si può integrarli? Nella Terza Critica, Kant cerca di integrare verità proposizionale e pragmatica via telos/organismi e via dimensioni estetiche (mediante la quale egli esprime, in questo caso, l’apprensione sensorio-estetica). Questo tentativo fu immensamente ricco e suggestivo, e i teorici da Schiller a Schelling avrebbero guardato la dimensione estetica, direttamente sotto l’influenza di Kant, per il loro tentativo di integrazione; e invero, la modernità e postmodernità dovrebbero trovare d’ora in poi qualcosa di immensamente ‘salutare’ nella dimensione estetica/artistica. E tuttora alla fine, questo tentativo fallirebbe. La dimensione sensorio-estetica è invero un tipo di ‘anello di connessione’ tra i fenomeni empirici della cognizione sensoriomotore (‘scienza’) e le pratiche etiche (‘moralità’); nello spettro di sviluppo, in realtà, questa estetica o cognizione ‘endocettuale’ sta tra la cognizione sonsoriomotore e le strutture morali convenzionali. Ciò è in effetti il loro ‘anello mancante’ o ‘anello di connessione’; ma un anello di connessione non è una integrazione. E’ come dire che il quarto grado è tra il terzo grado e il quinto grado e li connette, e lo fa; ma l’integrazione della conoscenza di quei tre gradi si deve trovare al sesto grado, non al terzo. La posizione intermedia o anello di connessione semplicemente non può essere un anello di integrazione, dal momento che l’anello di connessione è un anello tra il più alto e il più basso, e non è esso stesso il super-più alto che dovrebbe integrarli tutti. In altre parole, l’integrazione del Grande Tre dovrà aspettare (e sta già aspettando) l’emergere del vision-logic. Ciò che la razionalità ha diviso la vision-logic dovrebbe unire. Questo è, comunque, il potenziale e la promessa e la lotta della postmodernità. Ciò che la modernità ha differenziato, la postmodernità deve integrare. Questa è la visione integrativa postmoderna che abbiamo menzionato spesso prima, in connessione con Gebser (integrale-aprospettico), Habermas (la cui teoria dell’azione comunicativa è specificamente designata a integrare i Grandi Tre) e il centaurico essere-nel-mondo di Heidegger (anche un tentativo di riordinare i frammenti); vediamo ciò nell’uso sistematico della vision-logic in Foucault di mappare gli esteriori delle epistemi*(includendovi gli interiori anche in dispositivi, guardando alle dimensioni della verità, del potere, dell’etica, e del sé; anche Foucault, un ‘nietzchiano’, tornato a Kant di nuovo e di nuovo, e, in un film sorprendente, alla fine identifica se stesso largamente con il lignaggio di Kant). Noi abbiamo menzionato questa integrazione in termini di ‘mente e corpo sono entrambi esperienze di un sé integrato’; e abbiamo menzionato questo in termini di integrazione della noosfera, biosfera, e fisiosfera. Ed ora vediamo ciò come una integrazione di scienza, morale, ed arte. Quelli sono semplicemente aspetti differenti dei tentativi globali di integrare le differenziazioni ora irreversibili del Grande Tre. Ma sono nuovamente spinto nelle ‘notizie cattive’. Tutto ciò che metterei in rilievo, a questo punto, è che io personalmente credo che le nuove integrazioni richieste dalla modernità (e postmodernità) – particolarmente le integrazioni di Io, noi, ed esso; del sé, cultura, e natura; di arte, morale, e scienza; della coscienza, valori, e fatti - stanno già effettuandosi lentamente attraverso la vision-logic. Scienza, valori, e soggettività sono affrontati come molti aspetti del centaurico essere-nel-mondo."[SES, pp.402-403] [Nota:*episteme. Da Platone (427-347 a.C.): il sapere certo, obiettivo, contrapposto alla credenza e all’opinione. Per estensione: scienza esatta. In greco: conoscenza scientifica. *epistemologia. Nell’ambito della teoria generale della conoscenza indica lo studio critico dei fondamenti, della natura, delle condizioni di validità del sapere scientifico; filosofia della scienza; epistemologia genetica: disciplina introdotta dallo psicologo svizzero Jean Piaget (1896-1980) che mira a spiegare i processi cognitivi umani ricostruendo le fasi dello sviluppo nell’individuo]. Continua../..katerpilalr |
04-05-2008, 18.15.41 | #14 |
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
katepillar. ../continua
Dalla Modernità alla Postmodernità Nessun’epoca è priva dei suoi geni, della sua saggezza, delle sue durevoli verità. Inoltre, ignorare le verità del passato sembra essere la definizione stessa di patologia. Quindi, un approccio integrale, un approccio sano, dovrebbe certamente cercare di onorare e riconoscere e incorporare queste verità durevoli nel percorso in avanti dell’evoluzione della coscienza. Dall’eredità premoderna, abbiamo conosciuto il Grande Campo dell’Essere e del Conoscere, e abbiamo trovato che si tratta di una mappa dei sentieri verso lo Spirito, ma non in una maniera data, ma come un campo morfogenetico di tenera persuasione. Dall’eredità moderna abbiamo imparato il bisogno di riconoscere e onorare l’arte, la morale e la scienza, e permettere che ognuna persegua le proprie verità senza subir violenza dalle altre (un rispetto che ha permesso il sorgere delle democrazie moderne, del femminismo, dell’ecologia, e agli ideali postconvenzionali di libertà, e uguaglianza). Abbiamo anche preso atto delle scoperte moderne dell’evoluzione nei quadranti, (una nozione che è almeno compatibile con la Grande Catena appoggiata sul suo lato e distesa lungo il tempo geologico, biologico e culturale). E abbiamo menzionato la ‘luminosa promessa’ di una postmodernità costruttiva, che implica l’integrazione del meglio della premodernità (il Grande Campo) e della modernità (la differenziazione dei Grandi Tre), che si risolve in un approccio più integrale a ‘tutti i livelli tutti i quadranti’. E’ tempo ora di terminare questo riassunto integrale guardando, molto brevemente, la postmodernità stessa, che è dopo tutto, la vetta emergente dell’evoluzione culturale d’oggi - e suggerire esattamente come si adatta ad una prospettiva a ‘tutti i livelli, tutti i quadranti’. Molti mormorano quando si nomina qualunque cosa che sia postmoderna perché il postmodernese è diventato contorto ed indecifrabile. Ma questi sono punti importanti e chiedo al lettore di stare con me in questo capitolo, che renderò il meno doloroso possibile. Potremo allora ritornare a un riassunto di tutto ciò che abbiamo esaminato e alle implicazioni per la psicologia, la terapia, la spiritualità e gli studi sulla coscienza. LA PROMESSA SPLENDENTE BUONE NUOVE L’avvento della postmodernità ha avuto inizio con la comprensione del ruolo intrinseco che l’interpretazione gioca nella consapevolezza umana. Al postmodernismo, infatti, va accreditato l’aver messo l’interpretazione al centro, sia dell’epistemologia e dell’ontologia, sia del conoscere e dell’essere. L’interpretazione, hanno sostenuto nei loro modi i postmoderni, non è solo cruciale per comprendere il cosmo, è un aspetto della sua stessa natura. L’interpretazione è una caratteristica intrinseca del tessuto dell’universo: ecco l’intuizione fondamentale al centro dei grandi movimenti postmoderni. L’interpretazione: il Cuore del Postmodernismo. ‘Molti sono confusi, inizialmente, nel capire come e perché l’interpretazione sia intrinseca all’universo. L’interpretazione è per le cose, come il linguaggio è per la letteratura, giusto? Sì, ma il linguaggio e la letteratura sono solo la punta dell’iceberg, un iceberg che si estende sino alle stesse profondità del Kosmo stesso. Possiamo spiegarlo così: Come abbiamo visto, tutti gli eventi del Lato Destro, tutti gli oggetti sensomotori i processi empirici e i ‘ciò’, possono essere visti con i sensi o le loro estensioni. Tutti hanno una localizzazione semplice; puoi indicare la maggior parte di loro (rocce, città, laghi, stelle, strade, fiumi…).’ Gli eventi interiori del Lato Sinistro invece, non possono essere visti allo stesso modo. Non si può vedere l’amore, l’invidia, la meraviglia, la compassione, le intuizioni, l’intenzionalità, l’illuminazione spirituale, gli stati di coscienza, i valori, o i significati che vanno in giro all’intorno nel mondo empirico. Gli eventi interiori non possono essere visti in modo esteriore od oggettivo, sono visti attraverso l’introspezione e l’interpretazione. Così, se vuoi studiare empiricamente il Macbeth, puoi prendere una copia dell’opera e sottoporla a numerosi test scientifici: pesa un certo numero di grammi, ha un certo numero di molecole d’inchiostro e di pagine composte da certe sostanze organiche e così via. Ciò è tutto ciò che puoi sapere empiricamente di Macbeth. Questi sono gli aspetti esteriori obiettivi del Lato Destro. Ma, se vuoi conoscere il significato dell’opera, devi leggerla ed entrare nella sua interiorità, nel suo significato, nelle sue intenzioni e profondità. E, l’unico modo in cui poi farlo, è attraverso l’interpretazione: che cosa significa questa frase? Qui la scienza empirica é certamente inutile, perché stiamo entrando in campi interiori e in profondità simboliche e intersoggettive. Non solo monologiche, ma dialogiche. Oppure, puoi vedermi arrivare dalla strada con il volto accigliato. Lo puoi vedere. Ma, quell’espressione accigliata che cosa significa veramente? Come lo scoprirai? Chiedendomelo. Parlerai con me. Puoi vedere le mie superfici, ma per comprendere la mia interiorità, le mie profondità, dovrai entrare nell’ambito interpretativo, (l’ambito ermeneutico). Come soggetto, non mi guarderai solo come oggetto, ma piuttosto, come un soggetto, tenterai di comprendermi come soggetto, come persona, come un’io, come un portatore d’intenzioni e significati. Mi parlerai e interpreterai quanto dico; e io farò altrettanto con te. Non siamo soggetti che guardano oggetti; siamo soggetti che cercano di comprendere soggetti, siamo nel campo intersoggettivo, nella danza dialogica. Questo è vero non solo per gli esseri umani, ma per tutti gli esseri senzienti, come tali. Se vuoi comprendere il tuo cane, se è felice, o se forse ha fame o vuol andare a fare una passeggiata, tu devi interpretare i segnali che ti da. E il tuo cane, fin dove comprende, fa lo stesso con te. In altre parole l’interno di un olone può essere accessibile solo attraverso l’interpretazione. Per dirla in breve, le superfici esteriori possono esser viste, ma le profondità interiori devono essere interpretate. E proprio perché la profondità interiore di un olone è una parte intrinseca del Kosmo - il Lato Sinistro di ciascun olone, l’interpretazione stessa quindi è una caratteristica intrinseca al Kosmo. Continua../.. katerpillar |
04-05-2008, 18.25.28 | #15 |
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
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L’interpretazione non è qualcosa di aggiunto al Kosmo come un pensiero successivo, ma è l’aprirsi dell’interiorità stessa. Sin dove giungono le profondità del Kosmo che ‘vanno giù sino al fondo’ così, come notoriamente disse Heidegger, l’interpretazione va fino al fondo’. Forse possiamo ora vedere perché una delle grandi aspirazioni del postmodernismo fu il presentare l’interpretazione come l’aspetto intrinseco del Kosmo. Possiamo metterla così: ogni olone ha la sua dimensione del Lato Sinistro e Destro e quindi ciascun olone ha una componete obiettiva (Destro) e una interpretativa (Sinistra). (Sin dove vuoi spingere l’interiore o la consapevolezza nella profondità, è certamente a tua discrezione. Qualcuno si spinge giù sino ai mammiferi, altri sino ai rettili, altri sino alle piante, altri sino in fondo agli atomi. Trovo questo un problema molto relativo: comunque, qualunque quantità di coscienza abbia un olone, diciamo un’ameba, un olone di grado più elevato ne ha un pò di più, diciamo un gorilla. Più è in basso nel Grande Campo, minore è la consapevolezza dell’olone, fino a che non si dissolve in ombre che non possiamo distinguere. Momenti di Verità nel postmodernismo Proprio perché la postmodernità cerca in molti modi di liberarsi della flatland e del suo lascito che nega i significati, la filosofia postmoderna è un grappolo complesso di nozioni, che sono spesso definite quasi completamente, da ciò che i loro proponenti rifiutano. Rifiutano il fondamentalismo, l’essenzialismo e il trascendentalismo. Rifiutano la razionalità, la verità come corrispondenza, e la conoscenza rappresentativa. Rifiutano le grandi narrative e metanarrative e le grandi visioni d’ogni tipo. Rifiutano il realismo, il vocabolario irrevocabile e la descrizione canonica. Incoerenti, come spesso paiono le teorie postmoderne (e come spesso sono), tuttavia la maggior parte degli approcci postmoderni condivide tre essenziali assunti centrali: 1. La realtà non è del tutto data, ma in modi significativi è una costruzione, un’interpretazione (questa visione è spesso definita strutturalismo - constructivism); la credenza che la realtà sia semplicemente data e non anche parzialmente costruita, viene detta ‘il mito del dato/given’. 2. Il significato dipende dal contesto, e i contesti sono infiniti (questo è spesso chiamato contestualismo). 3. La conoscenza non deve privilegiare quindi eccessivamente alcuna prospettiva - questo è chiamato aprospettivismo-integrale. W. ritiene che tutte e tre queste ipotesi postmoderne siano abbastanza accurate, e debbano essere rispettate e incorporate in qualunque prospettiva integrale. Il fatto che tutti gli oloni abbiano sia una parte interpretativa che una obiettiva, non nega l’aspetto oggettivo, piuttosto lo situa. Così, l’esteriore del Lato Destro, anche se vi sovrapponiamo concetti, tuttavia continua ad avere varie caratteristiche intrinseche, che sono registrate dai sensi o dalle loro estensioni, e che in quel senso generale, tutti gli oloni del Lato Destro hanno un qualche tipo di realtà oggettiva. Anche Wilfrid Sellars, conosciuto generalmente come il più convinto oppositore del ‘mito della realtà data’, il mito del realismo diretto e dell’empiricismo naif, il mito che la realtà ci viene semplicemente data - sostiene che, anche se l’immagine manifesta di un oggetto è parte di una costruzione mentale, è guidata in modi significativi da caratteristiche intrinseche di esperienza sensoriale, ed è esattamente per questo che, come disse Thomas Kuhn, la scienza può fare progressi reali. Un diamante taglierà un pezzo di vetro, non importa quali parole usiamo per ‘diamante’, ‘tagliare’ e ‘vetro’, e nessuna quantità di strutturalismo culturale cambierà questo semplice fatto. Ma queste sono le cattive notizie. Il punto per ora è che la postmodernità, nel tentativo di dare spazio a quegli aspetti dei Grandi Tre che erano stati esclusi o marginalizzati dalla flatland, indicarono l’importanza essenziale dell’interpretazione, del contestualismo e dell’integralismo, e, a questo riguardo, avevano certamente ragione. Dal Moderno al Postmoderno L’importanza del costruttivismo, del contestualismo e dell’aprospettivismo-integrale, si manifestò storicamente con ciò che venne chiamata la svolta linguistica in filosofia, la scoperta generale che il linguaggio non è una semplice interpretazione di un mondo dato, ma che dà una mano alla creazione e costruzione del mondo. Con la svolta dei linguisti, che iniziò circa nel diciannovesimo secolo, i filosofi smisero di usare il linguaggio per descrivere il mondo e iniziarono invece a guardare il linguaggio stesso. Il Significato dipende dal Contesto Allo stesso modo, - e qui cominciamo a vedere l’importanza del contesto culturale di fondo, così enfatizzato dai postmodernisti, (specialmente a partire da Heidegger), il significato è costruito per me da una vasta rete di contesti di fondo dei quali io coscientemente so molto poco. Non modello questo significato; questo significato modella me. Sono parte di questo vasto sfondo culturale, e in molti casi non ho un indizio da dove tutto ciò venga. In altre parole, come abbiamo spesso visto, ogni intenzionalità soggettiva (quadrante Superiore Destro) è situata in reti di contesti intersoggettivi e culturali (Inferiore Sinistro) che sono strumentali alla creazione del significato interpersonale stesso. Ed è proprio per questo che il significato è certamente dipendente dal contesto, e perché l’abbaiare (bark) del cane é differente dalla corteccia (bark) dell’albero. Ed è anche per questo che gli stati di coscienza individuali devono in un certo grado essere interpretati all’interno del contesto culturale, e perché una prospettiva davvero postculturale dovrebbe tentare di andare verso una sensibilità a tutti i contesti (sottolineando ad esempio, la natura costantemente olonica della coscienza). Non solo il significato dipende in molti modi importanti dal contesto nel quale si trova, questi contesti sono di principio senza fine e illimitati. Quindi non c’é modo alla fine per padroneggiare e controllare il significato una volta per tutte (perché posso sempre immaginare un contesto successivo che potrebbe alterare il significato presente). Jonathan Culler ha, infatti, riassunto tutto il decostruttivismo (uno dei movimenti postmoderni più influenti) in questo modo: ‘Uno potrebbe allora identificare il decostruttivismo con i princìpi gemelli della determinazione contestuale del significato, e dell’infinita estendibilità del contesto’. I contesti sono davvero senza fine proprio perché la realtà è composta di oloni all’interno di oloni, all’interno di oloni infinitamente, senza un visibile inizio o una visibile fine. Anche lo stesso universo ora è solo una parte del momento successivo dell’universo. Ogni intero è sempre una parte, senza fine. E quindi ogni contesto concepibile è illimitato. Dire che il Kosmo è olonico è dire che è contestuale, sino all’alto e sino al basso. Aprospettico-Integrale Il fatto che il significato dipende dal contesto, la seconda importante verità della postmodernità chiamata anche contestualismo, significa che è necessario un approccio con prospettive multiple alla realtà. Ogni singola prospettiva é probabile sia parziale, limitata, forse anche distorta, e solo rispettando prospettive multiple e multipli contesti la conoscenza cercata può fare fruttuosi avanzamenti. E questa ‘diversità’ è la terza importante verità della postmodernità. Jean Gebser, che abbiamo visto in relazione alle visoni del mondo, ha coniato il termine aprospettico- integrale per riferirsi a questa prospettiva multi prospettica e pluralistica, a cui io mi riferisco come Vision Logic o network logic logica della rete (pensiero sintetico integrato). ‘Aprospettico’ significa che nessuna singolare prospettiva viene privilegiata, e così, per conseguire una prospettiva più olistica ed integrale, dobbiamo avere un approccio aprospettico, ed è esattamente ciò che Gebser sottolineava come: aprospettico integrale. Gebser contrappose la conoscenza aprospettica integrale alla razionalità formale (formale operativa) o quella che chiamiamo ‘ragione prospettica’, che tende a prendere una singola prospettiva monologica e di vedere tutta la realtà attraverso le sue lenti ristrette. Dove la ragione prospettica privilegia la prospettiva esclusiva di un particolare soggetto, il Vision Logic o network logic logica della rete (pensiero sintetico integrato) aggiunge tutte le prospettive senza privilegi per nessuna, cercando così di cogliere l’integrale, il totale, i contesti multipli all’interno di contesti che illimitatamente dischiudono il Kosmo, non in modo rigido e assolutistico, ma in un disegno fluido, olonico e multidimensionale. Ciò é parallelo quasi esattamente alla grande enfasi degli Idealisti sulla differenza tra la ragione meramente formale, rappresentativa o empirico-analitica, e la ragione dialogica, dialettica e orientata alla rete (o network logic). Chiamarono la prima Verstand e la seconda Vernunft. E abbiamo visto la Vernunft essere una più alta evoluzione rispetto alla semplice Verstand o alla razionalità formale. Anche continua../.. katerpillar |
04-05-2008, 18.33.19 | #16 |
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CONCLUSIONE I contributi durevoli dell’era postmoderna; il mondo è in parte una costruzione e un’interpretazione; tutti i significati dipendono dal contesto, i contesti sono olonici all’infinito, sono verità che ogni prospettiva ampia sicuramente desidera includere. Tutti questi possono essere riassunti in modo più generale, dicendo che dove la modernità ha differenziato i Grandi Tre, la postmodernità li avrebbe integrati, arrivando così a un abbraccio inclusivo, integrale, non esclusivo. Questo programma integrale è il cuore della postmodernità costruttiva, e il cuore di qualunque psicologia e spiritualità davvero integrali. Ma come le differenziazioni della modernità scivolarono spesso nella dissociazione, così l’abbraccio integrale della postmodernità scivolò nella follia aprospettica, nella negazione di distinzioni qualitative di ogni sorta, la negazione di tutte le olarchie. E poiché l’unico modo di raggiungere l’olismo è attraverso le olarchie, negando queste ultime, la postmodernità effettivamente negò il primo, e così offrì al mondo non l’olismo ma ‘l’ammucchiamento’: la diversità impazzì, senza modo di integrare e armonizzare le voci pluralistiche. Nessuna affermazione è essenzialmente migliore di un’altra; tutte le gerarchie sono marginalizzanti e dovrebbero essere rifiutate; tutte le voci dovrebbero essere trattate allo stesso modo, senza discriminazioni e giudizi. La contraddizione inerente nel programma è semplicemente questa: la posizione del pluralismo postmoderno, basata com’è sul Vision Logic postformale e sulla conoscenza integrale aprospettica, è essa stessa il prodotto di almeno cinque livelli di sviluppo gerarchico (dal sensomotorio, al preconvenzionale operativo, operativo convenzionale, formale e postconvenzionale formale). Dalla posizione evolutiva molto alta della consapevolezza postconvenzionale, postformale, pluralistica, - che nobilmente desidera trattare tutti i popoli in modo giusto e buono, la postmodernità ha poi negato l’importanza dello sviluppo nel suo insieme, negato che ogni posizione è più alta o più profonda di un’altra, negato, in effetti, la pretesa che mondocentrico è meglio di etnocentrico, in pratica ha negato completamente la propria posizione. E tuttavia, è solo dall’alto del livello evolutivo della consapevolezza postconvenzionale, postformale che il pluralismo può essere colto in primo luogo! Negare lo sviluppo e l’evoluzione vuol dire negare il pluralismo e scivolare in un mondo con null’altro che superfici equivalenti, dove tutte le distinzioni qualitative e le olarchie sono scomparse. Ed è per questo che i pluralisti postmoderni hanno sempre avuto difficoltà a spiegare perché dovremmo rifiutare i Nazisti o il KKK; se tutte le posizioni sono uguali, perché non abbracciarli? Follia aprospettica. Così sotto le importanti verità del relativismo, del pluralismo e della diversità culturale, il postmoderno aprì al mondo le ricchezze di voci diverse, ma poi si fece indietro per vedere le diverse voci degenerare in una Torre di Babele, con ogni voce che pretendeva la propria validità, e tuttavia, con poche di loro che davvero rispettassero i valori delle altre. Ognuno era libero di andare per la sua strada e quindi tutti andarono per strade fortemente diverse. Ciò non liberò infine le molte voci pluraliste, come pretendeva, ma piuttosto le scacciò, le alienò e isolò negli angoli lontani di un mondo frammentato, a nutrirsi in solitudine, perse nella mescolanza di superfici equivalenti. Cercando di sfuggire la flatland, il decostruttivismo postmoderno divenne il suo principale sostenitore. Il postmodernismo costruttivo, d’altra parte, prende i contesti multipli liberati dal pluralismo, e qui fa un passo avanti e li tesse insieme in reti interrelate mutualmente. (Puoi vederlo su quasi tutti gli schemi. Con qualunque nome, il relativismo pluralistico, apre la strada all’olismo integrale. Vedi specialmente Deirdre Kramer, Gisela Labouvie-Vief, Jan Sinnott, Don Beck, Clare Graves, Susanne Cook-Greuter, Kitchener e King, Blanchard-Fields, William Perry e Cheryl Armon, tra gli altri.) Questo integrale-aprospettivismo, questa unità nella diversità, questo integralismo universale - scopre interconnessioni globali, nidi dentro nidi dentro nidi, e vaste olarchie di reciproca arricchente inclusione, trasformando così l’ammucchiamento pluralistico in olismo integrale. (Nei termini di Spiral Dynamics, la grande forza della postmodernità è che si è sviluppata dal materialismo scientifico arancione, al pluralismo verde, in un nobile tentativo di essere più inclusivo e sensibile verso i marginalizzati dalla razionalità. Ma l’aspetto negativo del pluralismo verde, é il suo soggettivismo e relativismo, che lascia il mondo frammentato e spezzettato. Come dice lo stesso Clare Graves, ‘questo sistema vede il mondo relativisticamente. Il pensiero mostra una quasi radicale e quasi compulsiva enfasi sul vedere ogni cosa secondo uno schema di riferimento relativistico e soggettivo.’ E per quanto importanti, questi contesti multipli devono muoversi oltre il materialismo scientifico, se diventano un fine in se stessi, impediscono semplicemente l’emergere di costruzioni di un secondo livello di pensiero, che cioè ritessono assieme i frammenti in un abbraccio globale olistico. E l’apparizione di un secondo livello di pensiero dal quale dipende un modello veramente integrale - e questo e il sentiero del postmodernismo costruttivo). Continua../.. katerpillar |
04-05-2008, 18.35.19 | #17 |
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
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Per una psicologia integrale, la postmodernità significa molte cose. Prima e principale è la riaffermazione di che cosa sia la psicologia stessa: la capacità costruttiva e creativa della coscienza stessa: il mondo non è semplicemente riflesso dalla coscienza, è co-creato dalla coscienza, il mondo non è solo una percezione ma un’interpretazione. L’interpretazione è un aspetto intrinseco del Kosmo, ‘per tutto il percorso verso il basso’ poiché la coscienza e l’interiore sono intrinseci aspetti del Kosmo, ‘per tutto il percorso verso il basso’ é l’unico modo per raggiungere l’interiore è attraverso l’introspezione e l’interpretazione. Che la coscienza sia infinitamente olonica è il messaggio finale della postmodernità. Quindi ogni teoria integrale dovrebbe avere la saggezza di includere dimensioni costruttive, contestuali e aprospettico integrali nella sua struttura. E’ a questa conclusione integrale che possiamo ora volgerci. universale - scopre interconnessioni globali, nidi dentro nidi dentro nidi, e vaste olarchie di reciproca arricchente inclusione, trasformando così l’ammucchiamento pluralistico in olismo integrale. (Nei termini di Spiral Dynamics, la grande forza della postmodernità è che si è sviluppata dal materialismo scientifico arancione, al pluralismo verde, in un nobile tentativo di essere più inclusivo e sensibile verso i marginalizzati dalla razionalità. Ma l’aspetto negativo del pluralismo verde, é il suo soggettivismo e relativismo, che lascia il mondo frammentato e spezzettato. Come dice lo stesso Clare Graves, ‘questo sistema vede il mondo relativisticamente. Il pensiero mostra una quasi radicale e quasi compulsiva enfasi sul vedere ogni cosa secondo uno schema di riferimento relativistico e soggettivo.’ E per quanto importanti, questi contesti multipli devono muoversi oltre il materialismo scientifico, se diventano un fine in se stessi, impediscono semplicemente l’emergere di costruzioni di un secondo livello di pensiero, che cioè ritessono assieme i frammenti in un abbraccio globale olistico. E l’apparizione di un secondo livello di pensiero dal quale dipende un modello veramente integrale - e questo e il sentiero del postmodernismo costruttivo). Per una psicologia integrale, la postmodernità significa molte cose. Prima e principale è la riaffermazione di che cosa sia la psicologia stessa: la capacità costruttiva e creativa della coscienza stessa: il mondo non è semplicemente riflesso dalla coscienza, è co-creato dalla coscienza, il mondo non è solo una percezione ma un’interpretazione. L’interpretazione è un aspetto intrinseco del Kosmo, ‘per tutto il percorso verso il basso’ poiché la coscienza e l’interiore sono intrinseci aspetti del Kosmo, ‘per tutto il percorso verso il basso’ é l’unico modo per raggiungere l’interiore è attraverso l’introspezione e l’interpretazione. Che la coscienza sia infinitamente olonica è il messaggio finale della postmodernità. Quindi ogni teoria integrale dovrebbe avere la saggezza di includere dimensioni costruttive, contestuali e aprospettico integrali nella sua struttura. E’ a questa conclusione integrale che possiamo ora volgerci. Saluti. Giancarlo. |
06-05-2008, 22.15.42 | #18 | |
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Citazione:
Quando auspichi la scoperta del "femminile" da parte degli uomini e stigmatizzi la mascolinizzazione delle donne esprimi quella che in fondo è la mia paura. Gli uomini possono aprirsi al femminile senza tradire la loro natura, dialogare con le donne, capirne i "meccanismi" senza sentirsene turbati e/o minacciati, senza femminilizzarsi, anzi rinforzando virilità e potenza. Le donne sembrano non essere in grado di fare altrettanto. Quando si affacciano al sentire maschile non si aprono per accoglierlo, ma s'impegnano a competere, imitando gli uomini senza mai realmente capirli. A volte penso dipenda da una specie di senso di superiorità di cui non conosco l'origine, condito con un profondo bisogno di rivalsa la cui origine mi risulta ancora più nebulosa. |
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07-05-2008, 11.07.45 | #19 | |
Ospite abituale
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
Citazione:
Cara anakarika (credo tu sia una donna; ho già preso cantonate con i nomi che finiscono in “a “ e appartengono invece a maschi) e certo ho colloquiato con te: sono un po' confuso per troppi 3d. Poi mi hai lasciato come tutte ( ma proprio tutte) a metà dialogo. Suppongo perchè, legittimamente, hai ritenuto più attendibili altri nick. Quindi tu non sai quanto piacere mi faccia ricevere da te questa osservazione,anche se non troppo benevola. Come ormai tutte le donne del forum verso di me,quelle in circolo stabile di discussione,intendo. Credo proprio di stare per risalire all'avversione che suscitano i miei argomenti, non solo tra nick maschi, ma forse ancor di più, pure nelle nick femmine. Si tratta,a volte per le new entry,di voler trarre giudizi affrettati da letture non molto attente (è anche vero che da un po' di tempo i miei riscontri sono troppo lunghi) e soprattutto di giudicare non conoscendo tutto l'antefatto, articolato in più iniziali rimandi. E soprattuto non conoscendo me, e ritenere se sia più o meno affidabile nelle mie affermazioni. La questione del conflitto di generi risale a ottobre, se ricordo. Subito prese una piega totalmente sbagliata e fuorviante rispetto alle mie teorie, ancor più favorevoli all'emancipazione della donna che deve rivendicare la sua femminile differenza, con un' assertività che le derivi proprio dal confrontarsi con il suo emisfero sinistro, cosidetto “maschile”. Non certo per diventare “mascolinizzata”, ma armoniosa e compiuta nella sua personalità. Io approvo ad esempio le donne energiche ma più empatiche negoziatrici in politica, nei posti di responsabilità delle grandi aziende; ad esempio le vedo adatte negli uffici personale risorse umane, dove a una certo non aggressiva “mascolinizzazione” devono possedere una “maschile” capacità d'imporre le proprie idee, sempre più equilibrate di noi maschi. L'idea che più mi disturba è la donna considerata angelo del focolare, sottomessa macchina per far figli, ecc. Leggiti gli svariati miei 3d sull'argomento ora in archivio. Mentre proprio nei forum virtuali trovo tale mentalità maschilista, ma pure di derivazione ecclesiale, o patriarcal -arcaica mai aggiornata. Quindi ben venga la donna “femminilmente maschile”. Questo è un argomento su cuoi ho calcato ancor più che sull'”uomo virilmente femminile”, anche se le due questioni sono la faccia della stessa medaglia. Conosco tutta la letteratura migliore delle femministe storiche e te ne potrei parlare per giorni, se me lo chiedi e se t'interessa, con le varie sfumature di senso e senza le superficiale semplificazioni che si usano nelle chat, spesso ricavate da incompiute wikipedie a volte “fai d te”. Ad esempio sono un ammiratore di Simone de Beauvoir pure ottima romanziera, conosco l aprima femminista Sibilla Aleramo; oggi seguo Luce Irygaray, psicoanalista e maggior critica della confusione d'identità di genere delle post femministe Ho presentato anche qui diversi 3d (mai letti dalle donne!) su tale argomento, ad esempio “Le alterità postfemministe”. Anche posso comprendere come con con certi neologismi si possano creare gravi fraintendimenti. E per questo non mi stancavo mai di ripetere: chiedetemi, prima di giudicarmi, “cosa intendi esattamente per “femminilizzazione” del maschio? (è un termine d'altri qui presenti che io rifuggo, preferendo premettere “maschio che riesce a dialogare con il suo emisfero destro, cosidetto “femminile”, sede della relazionalità, dell'intuito, della comunicazione empatica). Oppure non donna “mascolinizzata” (che bruto termine! anche se oggi purtroppo ne trovi di aggressive e castranti) ma piuttosto donna che ha imparato a confrontarsi con il suo emisfero sinistro, sede della razionalità, dell'assertività, del logos, delle scienze, ecc. cosidetto “maschile. Sovente ciò è dovuto al non condividere stessi percorsi culturali, di pari dignità,ma diversi. Ad esempio tu certo avrai conoscenze in campi che io ignoro: ma è questo proprio il senso del dialogo, mai qui capito. Per esempio in senso filosofico, L'”animus” è la sede maschile della donna e “anima” la sede femminile del maschio, per Jung, sempre citato in tal senso. Poi c'è tutta una mitologia classica sulla dualità di genere dell'individuo, senza scadere, come qui in equivoci sull'ambiguità d' identità sessuale. Quindi se si parla di reciproci pre-giudizi, sono proprio quelle valutazioni rigide che si mantengono senza indagare chiedendo spiegazioni all'altro, o addirittura astenendosene per timore di apparire come “uno che non sa”,oppure ancora, certi schemi ideologici assunti in famiglia d'origine sono troppo difficili da confrontare con idee dissonanti, e da educatore, potrei fatene molti esempi di fatti desunti dalla realtà educativa. Se leggi i quotidiani di ieri, si parla della drastica caduta del desiderio maschile. Totalmente disaffezionato al sesso con la partner istituzionale. Non si dicono le cause,ma so che se in una coppia la sessualità non viene alimentata da creatività e fantasia, ma solo da immagini stereotipate di Internet, preferendo l'autoerotismo, il desiderio di fare l'amore con la partner abituale fa presto a scomparire. Ebbene,la sede dell'immaginario,delle fantasie ad occhi aperti, ecc. sta proprio nell'emisfero destro. E per questo, le donne oggi stanno prendendo il sopravvento in quanto a vivacità amorosa. L'argomento sarebbe sterminato, come dico scherzando, potrei continuare temi come questo ... all'infinito. Eppure difficilmente, lo so ti avrò convinto. Tu continuerai a dir che io propongo ... l'uomo “femmilizzato”, e “stigmatizzo la donna ... maschilizzata”. Con tutte le connotazioni negative che qui danno. Crediamo d'intenderci,non c'intendiamo mai. Ora t'incollerò un post inviato ieri, che ricalca un po' questo più lungo tuo, per dimostrarti, quanto stia lottando per convincere che non s'interpretano in modo corretto i miei temi. Facendomi,sì, sentire un monologante che parla al vento. Terribilmente solo Incauto me che partecipai a forum inadatti alla mia personalità. Ma talvolta mi è andata anche bene. Mi piace soprattutto giocare con le parole, ridere e scherzare. Qui sono stato contagiato da una tetraggine e da una guerriglia dialettica in cui non avrei voluto avventurarmi. Amo le critiche nei miei confronti che siano costruttive, credo pure nei pregiudizi, ma sono appunto, pre-giudizi. Cioè né verità, né menzogne,ma come s'insegna a teoria della comunicazione di sostegno, ipotesi da verificare, se possibile, poi trarne le debite conclusioni. La tesi, che ha radici filosofiche classiche, psicologiche, piscoanalitiche, psichiatriche è la dualità di genere presente in ogni individuo. Rappresentate in modo più scientifico e neuroscientifico, dall'emisfero destro (Pathos come emozioni, relazionalità,intuito, empatia; cosidetto emisfero femminile e non occorre che vi spieghi il perchè. Mentre l'emisfero sinistro è la sede del razocinio, del calcolo, del ragionamento astrratto, ecc. cosidetto “maschile” e unico veramente rivalutato nell'Occidente. Ora io supportato dalle più autorevoli affermazioni, ho ipotizzato un maschio che dialogasse anche con l'emisfero destro, e non sto a spiegare ancora il perchè. La cosa ha un'implicazione molto importante,perchè simmetricamente io ammetto,e ammiro, una femminilità assertiva, razionale, sempre in percentuale: diciamo un 30% de femminilità al maschio, un 30% di “maschilità alle femmine. Tasso non fisso,; posso incontrare una donna molto femminile e assertiva, non molto sognatrice, con i piedi per terra, ma è “donna. Viceversa può esistere (raro perchè ragioniamo per ipotesi) un maschio molto virile, ma colloquiane,buon ascoltatore, empatico anche perche per coscienza professionale se lo è imposto,Lo ha appreso, ecc. questo mio ragionamento qui non viene assolutamente accettato: il maschio nulla dovrebbe concedere a debolezze “femminili) Secondo me la forza di un uomo è proprio valorizzare la donna e non celare le sue debolezze dietro il paravento di una, a volte maleducazione più che maschilità. La donna deve pure essere, non certo mascolinizzata! Ma sapersi pure imporre, quando occorre, saper fronteggiare ogni situazione con un femminilità non troppo fragile Oa mi viene un dubbio: non è che confondi i miei percorsi di pensiero,con quelli di altri nick maschili che qui puoi aver contattaro pe uno scambio di opinioni? |
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17-05-2008, 10.26.01 | #20 |
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Riferimento: pluralismo dell'Io postmoderno
Ti chiedo scusa Arsenio per aver frettolosamente ed errroneamente sintetizzato il tuo pensiero.
In realtà volevo esprimere un dubbio che mi assilla proprio perchè condivido la tua idea di "integrazione dei due emisferi", ma dubito fortemente della possibilità di realizzarla se prima non si superano alcuni pregiudizi. Ad esempio quello che l'emisfero destro sia "migliore" del sinistro, oppure che i cervelli siano tutti uguali. Argomenti ampiamente trattati in altri thread. Un altro grave limite alla realizzazione di quella che ritengo l'unica e vera evoluzione dell'individuo (maschio e femmina) è l'illusione che quell'integrazione sia possibile senza la collaborazione fra i due sessi, in quanto persone, non "emisferi". Gli uomini e le donne hanno bisogno gli uni degli altri per evolversi. E ciò potrà accadere solo se nessuno dei due pretenderà di obbligare l'altro a negare e nascondere la propria differenza, ma saprà accoglierla e arricchirsene nella relazione. |