Nuovo ospite
Data registrazione: 15-01-2008
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Domande difficili [amore=famiglia=figli ?]
Ciao a tutti, innanzitutto.
Oggi a Roma piove piano ed i pensieri cadono come gocce nella mia testa.
Un sentimento dovrebbe favorire procreazione, o almeno è ciò che dicono gli innamorati.
Nel 1996 all'età di 28 anni, dopo un'esperienza tormentata come solo a quell'età puoi avere, ed a valle di un fidanzamento di circa due anni con la ragazza che sposai all'epoca; mi presentai alla vita.
Io e mia moglie ci amavamo come due ragazzi di 30 anni, inesperti forse, chissà.
Il tempo dimostrò cose differenti e senza sottolineare il tradimento da parte di entrambi, oggi è importante soprattutto soffermarsi sulla ragione: la mancanza di passione ed intesa sessuale, unita ad ansia da parte di lei e leggerezza ed immaturità da parte mia.
L'amore, quel sentimento che non ha età, o almeno è ciò che dicono gli innamorati, non si è evoluto, si è trasformato in un rapporto fraterno (del quale ancora oggi, da separati, anche se non ancora legalmente), affettivo, proteggendoci dal male esterno ma non purtroppo da quello interno.
L'accogliente calore della propria casa ha addolcito per qualche anno il ritorno dagli inferi di rapporti clandestini sottotaciuti da entrambi per quito vivere forse oppure sull'altare di una figlia troppo piccola per affrontare un problema così grande.
Mia figlia già, generata dall'amore, nel 1999.
Le emozioni vissute fuori dal rapporto matrimoniale, almeno per me sono state devastanti, in senso positivo ed anche negativo, generando quel premio alla vita matrimoniale gentilmente concesso dall'amante di turno.
Sono duro, lo so, ma è la verità ahimè.
Mia figlia è cresciuta, anche grazie all'aiuto di tutti, in maniera normale, proprio perchè tenuta sempre al di fuori da tutto questo, come noi stessi aggiungo, come riesumati da ogni torpore nelle storie extraconiugali.
Nel 2005 ho deciso di separarmi e di andare a convivere con una donna che amo.
Nel momento della decisione lei era fuori da tutto ed è stata soltanto oggetto del mio sfogo, del mio racconto. Amandomi a sua volta, e, probabilmente rispondendo ad una mia aspettativa, mi ha proposto di andare a vivere insieme a lei (anch'essa separata, 37 anni, senza figli...).
Ho accettato. Senza remore. Per amore.
So che sembra strano crederlo, ma lei non è affatto responsabile del tutto, ed anzi, per certi versi mi ha spinto molto spesso alla riflessione su tutto questo, analizzando per bene tutte le sfaccettature del caso.
Mi amava ovviamente e mi ama ancora moltissimo.
La decisione di continuare a salvaguardare la bambina ha prodotto una routine strana, dove io, dato il rapporto fraterno che ho con la mia ex, molto spesso rimango, per comodità mia lo sottolineo, a dormire insieme a mia figlia, per quel senso di responsabilità oltre che di continuità (salvo averglielo detto ed anche presentato la donna che vive con me) che abbiamo deciso di continuare a darle.
La mia donna ha accettato muta, connivente.
In questi quasi tre anni ho passato momenti molto difficili, frutto dei sensi di colpa, innumerevoli.
Sono stato anche io un figlio di genitori separati.
Ora la mia donna è stanca, annoiata da una vita che non le piace poi così tanto ed io invece passo un periodo positivo, figlio anche di una notevole ripresa dal punto di vista sportivo (pratico atletica leggera) e psicologico.
Sono orgoglioso dei miei risultati come padre-separato, anche grazie a lei ovviamente.
Per qualche tempo il discorso figli non è stato affrontato, per poi decollare con tutta una serie di malintesi che hanno portato ad una situazione di stallo pericolosissima, in quanto ora lei dichiara di non volerne, ma di volerne sicuramente un giorno domani, ed io che oggi non me la sento di ricominciare e forse non lo farò mai, proprio per l'aver trovato un equilibrio dopo tantissimo tempo.
Qualche giorno fa dopo l'ennessima discussione provocata in vacanza da un discorso generico sulle adozioni, ho maturato l'idea di lasciare questa donna libera di poter decidere del suo futuro, senza l'incombenza della mia presenza quotidiana o quasi con tutti gli annessi e connessi di una passione che potrebbe non aiutare nel decidere ciò che si vuole nella vita.
Ammetto senza problemi di aver passato un anno difficilissimo tra il 2005 ed il 2006, ma poi con il suo siuto ed il mio, sono riuscito ad uscirne definitivamente ed accettare, anzi metabolizzare a pieno la separazione da "mia sorella".
In tutta franchezza mi rimbombano in testa non tanto le richieste di figli (mai ricevute direttamente sottolineo), ma la decisione con cui mi è stato detto che amore=famiglia=figli.
E' così?
Sto sbagliando?
Posso crogiolarmi ed aspettare che lei, cercando come già sta facendo per sua stessa ammissione dei pagliativi anti-noia, conduca una vita piena di qualcosa che possa addolcirle le mie assenze?
Passa del tempo da sola, ed io ne vorrei non avendocelo mai...
Vuole e dice di voler risolvere la cosa da sola ma rifiuta la mia proposta di allontanarci per un po' (frutto probabilmente della paura di perdermi).
Ci amiamo (o almeno diciamo così) profondamente, per questo vorrei lasciarla in pace per dargli il tempo necessario a costruirsi una vita piena dove poi in seguito eventualemente decidere di avere un figlio oppure no.
Con il senno di poi so di aver commesso l'errore matornale di accettare la sua ospitalità nel momento della mia separazione, ma lei era l'unica persona alla quale potevo rivolgermi per uno sfogo ed un abbraccio e so di non averla mai sfruttata, se non senza volerlo, sentimentalmente ero e sono coinvolto almeno quanto lei.
Probabilmente in me vincerà la razionalità di non volere un altro figlio mentre per lei che è un'istintiva è molto facile che prevarrà la voglia di torta che non è stata mai assaggiata, portandoci ad un allontanamento definitivo (con l'aggravante dello splendido rapporto creatosi tra lei e mia figlia).
La domanda o meglio la riflessione è:
meglio ora oppure dopo?...come vorrebbe lei?...
Io spesso traguardo il futuro.
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