Citazione:
Salve a tutti, scrivo qui perche' ho un problema, vorrei sapere se a qualcuno di voi è mai capitata una cosa simile e se casomai è riuscito a superarla.
Ho 24 anni e da circa un anno soffro di una sorta di attacco di panico, in realta' sono io che lo chiamo cosi questo mio problema perche' non saprei dargli un nome diverso. Questo sintomo si manifesta in maniera del tutto inaspettata e mi causa molti problemi a livello sociale, lo ritengo molto imbarazzante. Sostanzialmente ho notato che quando mi trovo in una situazione con 2 o piu' persone, che mi fanno una domanda, oppure quando devo trovare io le parole per spiegare un fatto che dovrebbe risultare comico, ma non ricevo feedback positivi dalle persone che mi ascoltano, scatta dentro la mia mente un meccanismo che mi irrigidisce il corpo, i muscoli facciali si rilassano in una maniera cosi profonda che non riesco nemmeno ad abozzare un finto sorriso per dissimulare cio' che mi sta succedendo, divento completamente pallido e il battito cardiaco arriva alle stelle....Questo problema è spuntato fuori all'improvviso nella mia vita, prima non sapevo neanche cosa fosse e la maggior parte delle volte si genera spontaneamente anche per il fatto che sono io stesso ad averne paura di questo attacco e la paura stessa agisce quasi da richiamo al problema generando un circolo vizioso.
Ieri è stata l'ultima volta in cui mi è successo, in casa, con i miei addirittura, ambiente in cui fino a ieri avevo la certezza non mi potesse capitare, si parlava di rapporti e mi hanno posto la fatidica domanda "allora come va con la tua ragazza?" ( da qualche giorno le cose non vanno nel verso giusto e io non avevo voglia di parlarne) a quel punto ho sentito subito un malessere diffuso e tachicardia, mio padre ha detto che sono diventato pallidissimo.
Qualcuno ha mai avuto problemi simili e ne è uscito ?
Grazie per le risposte!
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Ho letto con interesse quanto hai scritto e la cosa che mi viene in mente per prima è che secondo me hai ragione a pensare che sia una sintomatologia molto simile ad un attacco di panico, ma a mio (modesto) parere in effetti non lo è. Penso questo dal momento che parli di eventi accaduti per la prima volta un anno fa, in situazione gruppale, nei quali mostravi il tuo disagio allorché ti sentivi non supportato dai tuoi amici, che da figure di sostegno diventano improvvisamente persecutori e disapprovanti. L'allargamento di questo meccanismo ai tuoi genitori, in tempi recentissimi non cambia nulla nella sostanza, ma solo nella sua estensione e nell'entità del tuo disagio.
Vorrei cercare di spiegare meglio quanto appena affermato facendo riferimento ad un meccanismo psichico molto comune, (e quindi non necessariamente patologico) che è la regressione. L'entità della regressione in un attacco di panico è però tanto cospicua da far sentire, chi ha la sfortuna di soffrirne, in uno stato di marasma tale da avvertire di essere nell'immediato pericolo di vita, la persona che lo manifesta è molto difficilmente rassicurabile mediante la parola, perché emotivamente è tornato a sentirsi totalmente indifeso e non accudito come un infante abbandonato a se stesso. L'inefficacia della parola come conforto è la conseguenza del fatto che in quel momento le uniche contromisure possibili sono, oltre naturalmente a quelle farmacologiche, gli strumenti di rassicurazione pre-verbali, come il contatto, la stretta vicinanza con qualcuno che sia di assoluta fiducia e che svolga perciò una funzione materna di contenimento e supporto incondizionato.
Nel tuo caso mi pare che l'entità della regressione sia un po' meno drastica, ma oggigiorno il ricorso all'attacco di panico come categoria esplicativa dei disagi relazionali è molto di moda, e viene indebitamente inflazionata.
Mi sembra di capire comunque che in qualche modo vivi con molto disagio situazioni in cui gli altri sembrano aspettarsi qualcosa da te, situazioni nelle quali avverti ugualmente l'assenza di supporto e di accettazione di ciò che potresti esprimere, ma, come dicevo, il timore sembra riferirsi più a idee di disapprovazione e di critica più che rimandare a un terrore di un immediato annientamento.
Il riferimento alla tua situazione di coppia, l'accenno implicito al tuo diritto a mantenere un'area di non condivisione coi tuoi genitori, a poter gestire autonomamente la tua relazione con una ragazza mi ha fatto sentire come se tu avessi vissuto come molto invasiva anche una domanda che – da come l'hai riportata – sembrava abbastanza bonaria, ma come sai, quando qualcuno è già sensibilizzato in tal senso, tutto sembra andare a colpire proprio lì.
L'altro aspetto di cui fai menzione è il dover dire per forza qualcosa di comico, che oltre alla sensazione che tu ritenga che gli altri si aspettano questo da te, mi fa sentire come se tu talvolta ritenessi che il loro divertimento, in definitiva il loro benessere dipendesse proprio da ciò che tu puoi dire o fare, e che tutto fosse possibile tranne lo stare semplicemente lì, senza entrare in uno stato ansioso.
Molto interessante, sempre a mio avviso, il momento in cui dici che quando non ricevi feedback positivo dai presenti hai una reazione somatica precisa, ossia la perdita di tonicità dei muscoli facciali e l'irrigidimento del corpo. A questo punto mi sentirei di chiederti se questo ti ricorda qualcosa, tornando comunque parecchio indietro negli anni, quand'è che hai provato qualcosa di analogo, e con chi eri in quei momenti. La mia idea è che ci possa esser stata una figura per te significativa (penso soprattutto a quelle primarie, della tua famiglia, dei tuoi genitori) verso la quale potresti aver vissuto una non-accettazione del tuo personale disagio, e contemporaneamente avessi dovuto in qualche modo preoccuparti del benessere di questa persona che ti accudiva, forse perché intuitivamente ne avvertivi la fragilità.
Scrivo questo nonostante sia consapevole che, anche se fosse come ho ipotizzato, è comunque probabile – allo stato attuale delle cose – che tu non sia in grado di vedere direttamente fino a tanto indietro nel tempo perché di solito ci si difende molto da questi vissuti arcaici, perché troppo dolorosi, è anzi normale che quando si chiede a qualcuno com'era la sua infanzia, la reazione più frequente sia una visione idilliaca della stessa, che viene messa in discussione solo dopo un notevole lavoro di revisione critica (potenza della rimozione primaria!).
E' per questi motivi che mi sento di suggerirti di affrontare un periodo di chiarificazione con qualche esperto in materia, anche perché sembra che la tua sintomatologia, ampliandosi, stia premendo affinché tu la tenga in debita considerazione. Dopo molti anni so che è un atto di vero coraggio, e non di viltà; sappi che i matti, quelli veramente gravi, possono essere curati solo obbligandoli a farlo, perché non avendo alcuna coscienza di malattia si ritengono perfettamente sani.
Prendi tutto ciò che ti ho scritto col beneficio del dubbio, anche perché la verità su di te la conosci solo tu, (anche se spesso alla verità non possiamo accedervi nella sua interezza a causa dei nostri meccanismi difensivi) e quanto ti viene detto in queste pagine è, come dice il Forum, solo uno spunto per qualche piccola riflessione.
Vorrei augurarti un po' di serenità.