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18-01-2007, 22.56.19 | #1 |
Ospite abituale
Data registrazione: 19-09-2006
Messaggi: 94
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Sulla creatività
„Che cos’è un’idea?
È un’immagine che si dipinge nel mio cervello.Tutti i vostri pensieri sono dunque immagini? Certamente; poichè le idee più astratte altro non sono che figlie di tutti gli oggetti che ho percepito. Non pronuncio la parola essere in generale, solo perché ho conosciuto esseri particolari. Non pronuncio la parola infinito solo perché ho visto dei limiti, e respingo questi limiti nel mio intelletto per quanto posso; ho idee solo perché ho immagini nella testa“. (Voltaire) La mente umana è definita da un complesso gioco di interazioni fra due tipi di coscienza: razionale ed intuitiva. La coscienza razionale, trae origine dalle esperienze quotidiane che abbiamo interagendo con oggetti ed eventi del nostro ambiente. Una coscienza che potremmo definire il frutto di un pensiero costretto a fluire prevalentemente attraverso strutture binarie, nelle quali ogni cosa viene sistematicamente e inesorabilmente ordinata, misurata, divisa, confrontata e catalogata. Il Buddhismo, definisce questa interminabile serie di distinzioni psichiche di opposti (concepibili unicamente in reciproco rapporto): coscienza (o conoscenza) relativa. La coscienza relativa, presenta una fondamentale caratteristica: l’astrazione. Tale caratteristica è dovuta al fatto che, per poter confrontare, ordinare e selezionare l’immensa varietà di oggetti, di forme e di fenomeni che ci circondano, non si possono prenderne in considerazione tutti gli aspetti, ma se ne devono scegliere solo alcuni significativi. Ogni cosa quindi, in questo stato di coscienza, viene ridotta ai propri contorni. Usando le stesse parole di F. Capra, possiamo dire che: “La coscienza razionale è un sistema di concetti astratti e di simboli, caratterizzata dalla struttura lineare e sequenziale tipica del nostro modo di pensare e di parlare. Nella maggior parte dei linguaggi questa struttura lineare è resa esplicita dall’uso di alfabeti che servono a comunicare esperienze e riflessioni con lunghe file di lettere“. È facilmente intuibile quindi che la realtà ultima delle cose, la Realtà Assoluta (espressa dalla filosofia cinese con l’antico simbolo chiamato T’aichi T’u, in cui Yin e Yang sono i due componenti di una simmetria rotazionale in continuo movimento ciclico), quella che il pensiero umano, essendo caratterizzato da strutture lineari e sequenziali non potrà mai raggiungere e toccare, è destinata a rimanere al di fuori di ogni possibile schema di ragionamento e quindi indimostrabile. Esistono quindi, secondo il Buddhismo e molte altre religioni o filosofie orientali, due tipi di coscienza (o conoscenza): una „coscienza relativa“ e una „coscienza assoluta“; come esistono due tipi di „verità“: una verità condizionale e una verità trascendentale. Considerando quindi che esistono ben due diverse realtà, una „assoluta“ ed una assai più ridotta relativa al pensiero umano, possiamo tranquillamente distinguerle in :“realtà assoluta“ e„realtà condizionale“. La conoscenza assoluta delle cose (presumibilmente quella intuitiva), riusciamo talvolta a sfiorarla in quei millesimi di secondo in cui il nostro pensiero imbocca alcune strutture binario-analogico deduttive del nostro cervello, nelle quali, in un tempo infinitamente piccolo, vengono analizzate, elaborate e fatte interagire milioni e milioni di informazioni relative per il 10% alla nostra realtà condizionale e per il restante 90% ad una realtà semi-assoluta che concepiamo unicamente ad un livello inconscio. In tali frazioni di secondo infinitamente piccole, scaturiscono talvolta dalla mente umana, le intuizioni. Secondo William James: “La normale coscienza dello stato di veglia, che chiamiamo coscienza razionale, è soltanto un tipo di coscienza particolare, mentre tutto intorno ad essa, separate da schermi sottilissimi, esistono forme potenziali di coscienza completamente diverse“. Le intuizioni, per una comune mente umana, sono estremamente rare e preziose. Il frutto di ogni intuizione, lo si può descrivere unicamente in termini matematici (affinchè ciò che si intende definire o dimostrare risulti chiaro ed evidente nel modo più assoluto); e non vi è e non vi è mai stato nessuno scienziato al mondo che almeno una volta nella vita non abbia utilizzato delle leggi fisiche o matematiche per definire il frutto o i frutti delle sue intuizioni. Einstein per esempio, sfruttò il suo intuito per definire la stretta connessione che sussiste tra spazio e tempo (ricavandone tutta la Relatività), fu il suo intuito a permettergli di stabilire l’uguaglianza tra massa ed energia (E=mc2). De Broglie a sua volta, intuì che mc2 è uguale al prodotto della frequenza delle vibrazioni (f ) per la costante di Plank (h), e questo ben ventitre anni dopo che Plank aveva definito l’energia come il prodotto di hf. Ci vollero poi altri quattro anni prima che Heisenberg, nel 1927, intuisse e quindi formulasse il principio di indeterminazione. Da questi esempi riusciamo a capire ancor meglio quanto delle „semplici“ intuizioni possano essere estremamente rare e preziose per un comune essere umano (anche se dotato di grande intelligenza). La matematica è la Voce di Dio, poiché come disse Pitagora:“Tutto è numero“. Galileo si dichiarò invece convinto che il Libro della Natura sia scritto in linguaggio matematico. Persino Einstein, quando verso la fine della sua vita disse: “Mi domando fino a che punto la natura faccia sempre lo stesso gioco“, si riferiva al fatto che, dove termina il pensiero razionale umano, inizia quello di Dio, definito essenzialmente da numeri reali e irrazionali, con un complesso e neppur lontanamente immaginabile sistema di funzioni algebriche (anche se in molti potrebbero intenderla diversamente). Il futuro si cela dietro il nostro pensiero razionale e binario, ma basta una semplice intuizione ed esso è presto smascherato. Passato, presente e futuro hanno tutti uno stesso comun denominatore, definito da un semplice e breve nome femmineo: Analogia. Ed è questo comun denominatore che talvolta lascia intravedere alla mente umana, come disse William Blake: “l’Universo in un granello di sabbia e l’Eternità in un’ora“. Ogni intuizione della mente umana, non è nient’altro che una misera parte di quella infinita matrice composta da numeri reali e irrazionali (e forse anche complessi e immaginari), che potremmo definire la:“Mente di Dio“. Il pensiero del matematico Georg Cantor riuscì a toccare almeno un aspetto di questa infinita matrice; ma quando si propose di dimostrare l’inesistenza di insiemi infiniti di potenza intermedia tra quella dei numeri naturali e quella dei numeri reali (chiamata Ipotesi del Continuo), si dice che nel tentativo di giungere a tale dimostrazione sia stato travolto dalla follia (il problema è rimasto tuttora irrisolto). Il matematico Kurt Gödel dal canto suo, parlando degli assiomi di scelta, disse: “Anche degli oggetti della teoria degli insiemi, per quanto siano lontani dall’esperienza sensoriale, abbiamo una qualche percezione, come si può vedere dal fatto che gli assiomi ci impongono la propria verità. Non vedo alcuna ragione per cui di questo tipo di percezione, cioè dell’intuizione matematica, dovremmo fidarci meno che della percezione sensoriale(…) Anche quegli enti possono rappresentare un aspetto della realtà oggettiva“. „Guarda il cielo, la terra, il mare; tutto ciò che è luminoso in essi o sopra di essi; tutto ciò che striscia, vola o nuota; tutte queste cose hanno forma perché tutte hanno numero. Togli loro il numero ed esse non saranno più nulla (…) Domanda che cosa ti allieta nella danza e il numero ti risponderà: “Eccomi, sono io“. Osserva la bellezza della figura umana e scoprirai che ogni cosa è al suo posto grazie al numero. Osserva la bellezza del movimento del corpo e scoprirai che ogni gesto è al momento giusto grazie al numero”.(St.Agostino) Fausto Intilla (Inventore-divulgatore scientifico)www.oloscience.com |