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23-11-2014, 16.43.14 | #1 |
Ospite abituale
Data registrazione: 17-12-2011
Messaggi: 899
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Il paradosso delle moderne neuroscienze
Il paradosso delle moderne neuroscienze
Di Giulio Bonali Sono d’accordo con la tesi: è la materia a essere nella coscienza e non viceversa Il problema è la definizione di coscienza soprattutto come si correla con la materia cerebrale, sapendo che comunque quest’ultima può condizionarla. Un altro aspetto che tempo fa cercai d capire proprio per poter sviluppare un tentativo di definizione di coscienza, è l’aspetto non fenomenico percettivo del cervello: cioè la pura coscienza. Intendo ad esempio le esperienze e gli studi sul coma e sul sonno, e le varie fasi di profondità. Le dinamiche che accompagnano il pensiero che pensa le sue esperienze. Vi sono diversi filoni filosofici e il concetto di coscienza è quello che separa il fisicalismo dal mentalismo. Pone problematiche di tipo ontologico ed epistemologico: cos’è la realtà? Come conosciamo? La neuroscienza, la filosofia della mente, il cognitivismo sono discipline assai importanti per poter capire noi stessi e quel mondo che sta là fuori e come noi lo relazioniamo o lo costruiamo. Ciao Sgiombo e complimenti per l’articolo |
26-11-2014, 12.08.22 | #2 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 03-12-2007
Messaggi: 1,706
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Riferimento: Il paradosso delle moderne neuroscienze
Citazione:
Ogni volta che qualcuno scrive la parola coscienza io sono sempre pronto a intervenire. Dopo tutto è stato per me un ambito di ricerca personale che mi ha visto abbastanza coinvolto anche in senso emotivo. La tesi da cui si parte non è poi del tutto campata in aria. Anche se credo sia più strettamente connesso a dialettiche di tipo filosofico che scientifico. Sarebbe come dire che la materia sia dentro le leggi matematiche che lo governano. Ma è chiaro che non esiste un contenitore matematico in senso fisico che contiene la materia e ne organizza gli effetti. Però l'approccio mi sembra migliore di quello che destina la coscienza alla sola materia. Il punto è che le scienze neurologiche nulla ci dicono (in senso matematico) come la coscienza organizzi la materia al fine di restituirci l'impressione di essere coscienti della materia stessa. Se avessimo la formula matematica della coscienza, potremmo verificare che quella formula sia essa stessa la coscienza. Ma anche se l'avessimo a portata di mano (la formula) sarebbe comunque difficile verificarla in quanto il rapporto tra la matematica e la materia è ben consolidato e bisogna attenersi a delle regole. Anche se la formula matematica non ha alcuna esistenza fisica (sta in un mondo che chiamiamo platonico) possiamo però con essa verificare, con misure appropriate, che sia giusta. Ecco che quindi il problema della coscienza, in senso scientifico, diventa un problema di "misura". Come misuro la coscienza? Sarebbe come tentare di "misurare" la formula matematica. Ma io non misuro la formula matematica ma misuro la materia che viene organizzata dalla matematica. Non ne usciamo minimamente vivi, quindi, da questo inghippo. Quindi la scienza studia il cervello materiale con le sue formule matematiche. Ma non studia la coscienza!!! Non può farlo! La coscienza rimane un problema difficile. Uno dei problemi difficili oltre la coscienza (che però gli assomiglia per certi aspetti paradossali che qui vorrei raccontare) è quello che tiene legati i fisici matematici al principio di indeterminazione. Ne parlo solo esclusivamente in termini filosofici (se riesco). Il punto cruciale (di tutto il problema sull'indeterminazione) è stabilire, a priori, se è giusto pensare che esista sempre una causa per un effetto, oppure che esista un effetto (anche uno solo, magari il primo) senza causa. Ora qui viene il bello. L'approccio dello scienziato modello è sempre quello di studiare gli effetti per risalire alle cause. Alle volte si può anche conoscere con precisione un modello iniziale e prevederne il suo evolversi nel tempo. Il modello iniziale sarà perciò la causa di quel che andrà ad evolversi. Nel principio di indeterminazione invece è velato proprio questo mistero. A tutt'oggi si nega l'esistenza di quella causa che sentiamo sempre come base per qualsiasi tipo di ragionamento in senso scientifico (e su questo io credo che Einstein avesse tanta ragione che ne ha ancora da vendere). Faccio solo un esempio. Sarebbe come se ci fosse un mago che tira fuori dal cilindro ora conigli ora colombe. Lui ha una formula matematica nella tasca e la usa in modo magistrale che esibisce come prova della sua bravura. Sa che usciranno piu colombe che conigli (sono piu probabili). E cosi nel breve tempo escono molte piu colombe che conigli. I pubblico applaude. Il pubblico penserà che ci sia un trucco..dopo tutto gli è stato detto che usciranno piu colombe che conigli e così è stato. In realtà il mago non sa cosa uscirà dal cilindro ogni volta. Non lo sa nessuno...perchè la sua formula è legata al principio di indeterminazione. Nessuna causa, prevede la formula. Alla fine di questo racconto uno si chiede: la formula è incompleta oppure esiste una magia anche nelle formule fisiche? La coscienza, se il principio di indeterminazione continuasse ad essere così come appare (avvolto da una parvenza magica), potrebbe essere a sua volta un'altra formula matematica senza causa e che quindi non sarà possibile studiare se no guardando esternamente neuroni al posto di colombe e conigli al posto di sinapsi. |
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05-12-2014, 14.08.17 | #5 | |
Ospite abituale
Data registrazione: 26-11-2008
Messaggi: 1,234
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Riferimento: Il paradosso delle moderne neuroscienze
Citazione:
Però se la coscienza ha un rapporto con la materia (cioè il corpo, il cervello...) simile a quello che ha il mondo fisico con il "mondo" matematico, poiché il mondo matematico é conosciuto da un soggetto cosciente (é oggetto di coscienza e di consoscenza), allora anche la coscienza dovrebbe similmente essere oggetto di (altra) coscienza e conoscenza da parte di un soggetto, e questo genererebbe un regresso all' infinito. Identificare la coscienza come un calcolo significa, per dirlo con Chalmers, porsi il "problema facile" e non il "problema difficile" della coscienza. Calcolo o elaborazione algoritmica di informazione (intesa come "quantità di ordine") é ciò che fa il cervello, ma potrebbe farlo anche se fosse il cervello di uno zombi senza coscienza. Spiegare scientificamente il funzionamento computazionale-algoritmico del cervello (anche in termini matematici sofisticatissimi e complicatissimi) é in linea di principio scientificaente possibile. Ma é altra cosa dallo spiegare i rapporti mente/cervello. Come infatti non ci sono uomini o cose nel televisore (loro sono da tutt'altra parte) così non c' é la coscienza, con tutto ciò che contiene di materiale -l' universo fisico- e di mentale, nel cervello. Così come nel televisore non ci sono uomini ma invece circuiti elettrici che terminano in immagini in movimento di uomini, così nel cervello non c' é la coscienza ma invece circuiti nervosi variamente percorsi da potenziali d' azione che non terminano nemmeno in "simulacri" o immagini di eventi di coscienza, bensì in azioni, in comportamento (cosciente), che potrebbe essere tale quale é anche qualora non fosse cosciente, anche qualora avessimo a che fare con degli zombi. Su queste ultime due osservazioni -sostanzialmente su qualcosa che neghiamo- mi pare di capire che concordiamo. Un dissenso fra noi mi sembra sussistere sulla prima, circa la similitudine fra il rapporto mente/cervello e quello fisica/matematica. |
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21-12-2014, 22.06.55 | #6 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 31-01-2005
Messaggi: 20
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Riferimento: Il paradosso delle moderne neuroscienze
Citazione:
non tener conto del fatto che il metodo scientifico, così come viene inteso normalmente, è inapplicabile alla dimensione soggettiva (il cosiddetto "mondo interiore" o "psiche"), ma solo alle sue manifestazioni "esteriori", "oggettive", derivano da una convinzione la cui esistenza non smette mai di stupirmi: che possa esistere una "realtà" senza "coscienza", una "oggettività" senza una "soggettività", qualcosa di totalmente contrario alla logica e all'esperienza. Come pensare che possa esistere un solo lato di un foglio di carta, senza l'altro. In effetti il metodo scientifico, o qualcosa di analogo, può essere usato per l'indagine della dimensione soggettiva, del mondo interiore, solo che l'indagine in questo caso è soggettiva, pur essendo possibile un certo grado di intersoggettività, con il confronto delle esperienze attraverso il loro racconto. E', in sostanza quella che viene chiamata meditazione (in una delle sue accezioni) e che richiede se non proprio un metodo, uno spirito scientifico, ossia una mente sveglia e attenta, un'accurata osservazione, una rigorosa logica (per discernere le "forme" e le dinamiche di ciò che percepiamo e stabilirne le relazioni) e un atteggiamento aperto e ricettivo, libero da pregiudizi. |
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