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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
16-10-2006, 22.28.28 | #21 |
Utente assente
Data registrazione: 21-07-2004
Messaggi: 1,541
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Riferimento: La filosofia in sè
Cerco di dare una risposta a Tommy...
Che in un certo qual modo... si riallaccia con quanto detto correttamente da... odos. Quanto consiglio, è la semplice lettura di un libro che tratta la "storia della filosofia". Enrico Berti ha fatto un riassunto per le scuole superiori in tre volumi differenti: Storia della filosofia "Antichità e medioevo" + "dal 400 al 700" + "800 e 900", Enrico Berti (il terto volume assieme a Franco Volpi), Ed. Laterza. (Vedi ad esempio qua dove acquistare i volumi: Storia della filosofia [scendi un po' per la lista e li trovi). Se leggendo questi tre libri riassuntivi, la persona che conosci rimane entusiasta e incuriosita, allora lo studio all'università di filosofia potrebbe far per lui. Se invece si annoia a morte, e si stanca dopo venti pagine... la filosofia e lo studio della sua storia, non fa tanto per lui. Per cominciare, comunque, ad avvicinarsi al mondo della filosofia, non è tanto male nemmeno un romanzo scritto da Jostein Gaarder, libro che si intitola "Il mondo di Sofia (Romanzo sulla storia della filosofia)", Ed. Longanesi. Nulla a che fare con gli altri tre volumi consigliati sopra, che sono libri a livello di scuole superiori, ed utilizzati in determinati casi in tali ambiti (almeno in passato), e scritto da un professore universitario, Enrico Berti; ma testo leggero (quello di Gaarder) e scritto in modo assai digeribile, fatto per la gente comune insomma. Ad ogni modo... per quanto riguarda gli sbocchi lavorativi che si hanno dopo... Non so bene quante e quali possibilità ci sarebbero. Questo è comunque sicuramente un aspetto da prendere in considerazione, prima della scelta... E comunque sia, sul perché si dovrebbe studiare la filosofia, e in generale, la storia nostra passata, compreso anche le religioni magari, (in realtà religione, filosofia e storia sono alla fin fine un unicum da prendere tutto assieme...), ecco qua le parole interessante di Goethe... Tutti i pensieri intelligenti sono già stati pensati; occorre solo tentare di ripensarli. (Johann Wolfgang Goethe) Espresso forse in altro modo con le seguenti parole... Il più stupido di tutti gli errori si ha quando delle teste giovani e buone credono di perdere la loro originalità riconoscendo il vero che è già stato riconosciuto da altri. (Johann Wolfgang Goethe) Conoscere il passato serve insomma per evitare di fare gli stessi errori fatti in passato nel presente, e riscoprire quanto si era scoperto di positivo e sensato per poter applicare queste conoscenze nel nostro presente e futuro. |
17-10-2006, 13.34.54 | #24 | |
Utente assente
Data registrazione: 21-07-2004
Messaggi: 1,541
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Riferimento: La filosofia in sè
Citazione:
Uhm... non credo che Aristotele avrebbe condiviso al 100% con quanto dici. Affermo questo, in quanto Aristotele stesso dapprima fu allievo di Platone, e seguì uno "studio di filosofia" per conoscere i vari pensieri che esistevano, e in seguito, alla fine, quando ebbe una panoramica generale dell'insieme, arrivò a proporre qualcosa di personale, che discostava da quanto aveva appreso dal suo maestro Platone. Come non ricordarsi poi, che Aristotele fu il primo filosofo, a procedere in un determinato modo, quando voleva dire e sostenere qualcosa... Prima esponeva il parere dei filosofi precedenti a lui, poi diceva cosa non andava in quei pensieri, e alla fine argomentava la propria di tesi che discostava dalle altre. Insomma, era limpido, e non teneva all'oscuro il suo lettore, da come la pensavano i suoi "oppositori". Era lui stesso che diceva... Loro la pensano in questo modo... però io penso invece che... bla bla bla. In fin dei conti, questo è anche quanto si è costretti a fare al giorno d'oggi prima di poter scrivere qualcosa di filosofico o altro a livello accademico, o a certi livelli. Prima si deve conoscere bene tutti i pareri degli altri... e alla fine, uno è libero di discordare con tutti, e sostenere una tesa diversa. Ma solo alla fine. Dante, come anche tutti i gradi scrittori-poeti, prima di poter scrivere in un italiano - o lingua che sia - in modo grammaticalmente parlando scorretto, dovevano e hanno dovuto impararsi la lingua italiana in modo corretto, con tutte le sue sfaccettature. Se no, più che dei geni, sarebbero da considerare degli scellerati che scrivevano in modo scorretto, complicando così la vita del lettore con dei modi di utilizzare la lingua italiana assurdi, diversi dal normale. La stessa cosa vale per gli artisti, ecc.. Quanto di norma viene prima chiesto, è una conoscenza base, il saper fare quanto è normale. Poi, alla fine, uno è libero di prendere la strada che vuole. Ma pensandoci, è anche normale che sia così... Noi sappiamo già solo parlare, non perché siamo nati con questa capacità, ma perché l'abbiamo acquisita grazie alle persone che ci circondano, al loro insegnamento. Vabbè... bisognerebbe comunque prima trattare la faccenda su chi abbia ragione... gli empiristi, o coloro che sostengono che nasciamo con delle conoscenza innate? Mah... La filosofia non fa tanto per me... |
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17-10-2006, 19.24.47 | #25 | |
Moderatore
Data registrazione: 18-05-2004
Messaggi: 2,725
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Riferimento: La filosofia in sè
Citazione:
ciao maxim, non ho la più pallida idea di cosa dissi, in passato, in merito alla faccenda. comunque a me non interessa odrinare gerarchicamente (come tu proponi, ordine cronologico, per esempio; o qualsiasi altro ordine) la creatività e lo studio. sto semplicemente dicendo che entrambi i fattori sono necessari. e mi sembra di averti spigato il perchè [a) per evitare di dire banalità che gli esperti conoscono da secoli; b) per evitare di dire falsità che gli esperti conoscono da secoli; c) (derivato dal primo punto) saper qual è l'aspetto generale della disciplina, dove e come muoversi, quali sono le linee di ricerca, quali le opzioni in gioco in un dominio dato, etc..] non mi sembra che così facendo stia togliendo il carattere umile con cui concepisco la filosofia. e neppure le sto togliendo l'applicabilità quotidiana. epicurus |
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18-10-2006, 11.28.59 | #26 |
Ospite abituale
Data registrazione: 01-12-2005
Messaggi: 1,638
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Riferimento: La filosofia in sè
Intendevo dare un senso più filosofico alla filosofia che continuo pensare essere solo un catalizzatore attraverso il quale un’idea può diventare brillante.
La filosofia, da sola, non può nulla in questo mondo…e nello stesso tempo risulta essenziale. Riallacciandomi all’intervento di Weyl sono pienamente d’accordo quando dice “dentro questa via maestra della Ricerca, sorgono gli stimoli ed i confronti che rendono davvero evolutive le vicende intellettuali dell'Uomo”... ma provando a scindere in due parti la scoperta di Einstein secondo voi cos’ha pesato di più per il successo? Lo studio del pensiero di Mach, il confronto con Nernst e Schrodinger o le sue conoscenze fisiche puramente tecniche? Penso sia evidente come, in questo caso, la filosofia sia servita da catalizzatore aggiunto a conoscenze preesistenti senza la quali niente si sarebbe potuto. In tal senso credo che la filosofia da sola non può nulla e nel momento in cui usa metodi preordinati per arrivare a qualcosa cessa di essere filosofia…Einstein faceva filosofia quando parlava dell’amore per la vita e della meraviglia che nutriva nell’afferrare anche solamente una piccola particella di essa…in questo caso è servita da motore propulsore verso la passione per la scienza. Che me ne faccio della diversa posizione sul concetto di ragione tra Kant e Cartesio se non ho uno spazio “tecnico” in cui applicare i miei di concetti? O meglio…cosa spinge a voler conoscere tali differenze se dapprima non si sviluppa, seppur in maniera grezza, un minimo di parere personale su cosa possa essere la ragione? Per rispondere quindi alla domanda della presente discussione a mio avviso studiare filosofia non rende l’uomo filosofo e questa non serve a nulla se non viene applicata in un ambito (non filosofico) ben preciso. |
05-11-2006, 12.16.34 | #27 | |
Nuovo ospite
Data registrazione: 05-11-2006
Messaggi: 1
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Riferimento: La filosofia in sè
Citazione:
Voglio provare anch'io nel mio piccolo a darti un'opinione. In primis, dare una risposta "ufficiale" alla domanda che ti e' stata posta non credo sia cosi' semplice, di conseguenza anche la mia non sarà altro che una risposta personale. Qualcuno sul forum ha scritto che non ha senso intraprendere studi filosofici se non per andare a insegnare, io dissento fortemente. Questo significa solo monetizzare una forma di pensiero, quindi riformulo la sua espressione premettendo che 'se qualcuno ha intenzione di trarre un profitto monetario dalla filosofia, allora è unitile che si iscriva se poi non va a fare il professore', in quanto non solo la cattedrà ti da' la possibilità di esprimere cio' che hai imparato, ti da solo la possibilità di fare della filosofia sterile, perche' priva di contradittorio. Ci sono altri tipi di profitto che si possono cogliere dagli studi filosofici e non tutti implicano che si vada a insegnare. Se cerchiamo di immaginare la vita, l'esistenza in cui siamo, come un immenso gioco dalle regole complicatissime, il filosofo probabilmente è colui che piu' di altri ha la possibilità di comprenderle, e quindi di giocare al meglio oppure giocare peggio, ma coscientemente. Questo non puo' essere uno scopo sufficente? Lo scopo di soddisfare una sete di curiosità nei confronti del mondo in cui sei stato calato non è utile? La filosofia è un mezzo, un mezzo con il quale si cerca di giunge a uno scopo, e lo scopo è quello di cercare risposte. Sempre nel forum e' stato detto che "un filosofo non ha bisogno di conoscere il pensiero degli altri", un'assurdità che sfocia nel solipsismo, a quel punto non ci si confrontà più con la realtà ma con il proprio io, un ottimo modo per avere sempre sicuramente ragione, ma un pessimo modo per cercare delle risposte. |
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06-11-2006, 06.35.39 | #28 |
Ospite abituale
Data registrazione: 30-08-2006
Messaggi: 48
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Riferimento: La filosofia in sè
È attitudine e perversione di chi vive nel nostro tempo vedere utilità dovunque/soltanto utilità. Io, dichiarandomi un tridimensionale, le aggiungo davanti la saggezza e dietro le metto il piacere. Per cui il primo ternario che formulo qui è: SAGGEZZA|UTILITÀ|PIACERE (nessuno dei tre elementi può essere disancorato dagli altri due).
Non esiste un vero specialista di filosofia andando per vie istituzionali: un consuetudinario insegnante di questa materia, lo ritengo negato non foss’altro perché non gli è stato insegnato da nessuno produrre/saper produrre filosofia. Perché dunque dovrebbe essere capace d’insegnarla? a quale titolo d’esperienza diretta/maturata sul campo? di tentativo sia pure abortito di creatività filosofica? Avviene per la filosofia quello che avviene per la poesia: se ne parla/se ne straparla, finanche s’invoca/si esige in certi ambiti (storiografia, critica, linguistica, pedagogia, arte, folklore…) ma nessuno insegna a comporre versi. Il filosofo, come il poeta, ha da spuntare da sé, a caso e improbabilmente a grappoli come l’uva a settembre e le olive a novembre. D’altra parte è vero anche che – della filosofia – avendone in qualche modo la vocazione, una produzione originale di pensiero si realizza fondandola su una buona base di cultura umanistica, la più varia. Epperò, di regola, al di fuori della famiglia, al di fuori della scuola, al di fuori delle istituzioni: lì dentro l’eccezione, se c’è, conferma la regola. D’altra parte quello che succedeva agli antichi filosofi (il personaggio di Socrate è paradigmatico) d’inventarsi da soli e lievitare all’impronta, è lontanissimo, inverosimile, leggendario. E di vero al riguardo rimane – comunque – l’attualità impressionante d’una moltitudine di cattedre di filosofia sparse per il globo, ai vari titoli prestigiosi o baronali o impiegatizi che insegnano storia e critica di altre storie/critiche di altre ancora di questa fantasmagorica disciplina che non ha più un grammo di autenticità (ancora le eccezioni, se ci sono, confermano la regola: pochi nomi di riferimento, una moltitudine smisurata di sacerdoti). La prima virtù che mi viene in mente del filosofo sedicente è la seguente: riuscire con un allenamento prima disperato poi sopportabile infine piacevole a guardare mentalmente la sua immagine interiore – il proprio EGO – come comunemente guarda allo specchio la sua immagine esteriore. Se il filosofo non si conosce per sé, in profondità – luci ed ombre – è inutile e pernicioso che si vada a sbattere intorno/dove gli capiti con idee più o meno posticce/acquisite da altri. Ricercare il proprio ‘sé’ è un promettente avvio (soltanto avvio) per ognuno che voglia fare filosofia. La seconda virtù del sedicente filosofo la ricavo, per solito, sul campo: se lui mi dice – consiglia|impone|vocia – quello che devo pensare|essere|sentire e non quello che pensa|è|sente lui, io, presto detto, lo boccio… (Lo rimanderei ai banchi di scuola elementare, né varrebbero raccomandazioni e bustarelle!) La terza virtù del sedicente filosofo la ravviso nel saper introiettare una verità che carpisce altrove. Io credo che sia legittimo da parte di chiunque impossessarsi e far proprio non tanto il bagaglio conoscitivo d’un altro, anche di tempo molto anteriore (figurarsi un contemporaneo) quanto d’una sua affermazione|dubbio|negazione – segmento di pensiero – che egli isoli ed estrapoli curandone in proprio da quel momento la destinazione, e dispiegata e deposta sul proprio tavolo – materiale di lavoro – gli serva ad essere il filosofo che desidera – pietra, spiraglio, lampadina – per costruire qualcosa, scorgere qualcos’altro, illuminare altri angoli d’esclusiva appartenenza. E in questo riuscire a dimenticare, da subito, quella paternità, quella fonte, quella… Ecco, immaginate di mangiare un frutto appena colto senza ricordare o far caso all’albero da cui s’è colto! Al di là poi d’ogn’altra considerazione sull’utilità della filosofia, accenno a un secondo ternario fondamentale: NUMERO|NECESSITÀ|SUFFICIENZA. Il nostro sistema educativo, monco/binario com’è stato e continua, omette il primo elemento. Ma il numero è strategico per stabilire ogni volta chi|come|quando sia ‘necessario e sufficiente’ pensare|fare|sentire alcunché. Ad esempio: se io dico che voglio insegnare filosofia – cioè fisso un solo preciso striminzitissimo obbiettivo – basta che m’iscriva a una qualsiasi facoltà di filosofia, consegua la laurea, superi un concorso, per ritrovarmi prima o poi seduto in una cattedra del mondo. Ma se mi fisso un numero/altro di obbiettivi – ad esempio essere intellettualmente compiuto, cosciente di me, soddisfatto del mio pensiero, costruttivo nell’argomentazione, metodologico, creare pensieri originali, risultare un uomo coerente… – il mio studio filosofico necessiterà (e gli basteranno se del caso) ben altre strade che la frequentazione d’un corso di laurea seppure specifico e fors’anche inutile. Infine… (perché il discorso – qui – può essere infinito) ho colto da questo topic delle frasi che mi sembrano interessanti ed esplicative a che l’amico di Tommy2005 si faccia un’idea più tonda a parer suo della filosofia. MAXIM “Un buon filosofo (che fa della filosofia uno stile personale di vita) dapprima sviluppa un suo pensiero e successivamente, se di buon filosofo si tratta, sarà interessato a confrontarsi con altri pensieri, a studiare/leggere/occuparsi di filosofia in generale”, PASCAL “se pensi che studiando i pensieri degli altri si possa diventare veri filosofi, rimani nella tua certezza”, EPICURUS “a me non interessa ordinare gerarchicamente la creatività e lo studio: entrambi i fattori sono necessari”. PAKAG “la filosofia è un mezzo”. Ed altre ancora ma non ho più lo spazio consentito – temo. TRIS |
06-11-2006, 11.15.05 | #29 | ||
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Riferimento: La filosofia in sè
Citazione:
Credo ti riferissi al mio intervento. Io invece penso che quanto ho tentato di esprimere sia l’esatto opposto del solipsismo. Si stava discutendo di “filosofo” e di “buon filosofo” ed ho cercato appunto di descrivere l’immagine del secondo e di cosa lo possa rendere, alle mie orecchie, meritevole dell’aggettivo “buono”. Per esperienza personale ho trovato dell’ottima filosofia in persone che non l’hanno mai studiata e pessima (forse è più corretto dire indifferente) in altre che invece la conoscevano benissimo. La differenza sta nella misura in cui i due “filosofi” stanno a questo mondo, nella maniera in cui si comportano, discutono, dalla passione che esprimono per essa, da quel tocco di genialità, furbizia, intelligenza, intuizione che sanno trasmettere anche nelle cose “poco” filosofiche…insomma, a chi sa covare dentro se quel tocco di sana follia che tanto ricorda Nietzscke nelle sue “fantasiose” intuizioni. Ovvio che lo studio vien da se ma dovrebbe essere dapprima la filosofia che viene a cercarti e non il contrario. Ritengo infatti correttissimo quanto scritto da Ludovico e che riporto qui sotto: Citazione:
PS: La filosofia non è matematica |
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