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Vecchio 07-10-2006, 04.34.04   #1
ludovicofrescura
Ospite abituale
 
Data registrazione: 30-08-2006
Messaggi: 48
Sulla Religione...

SULLA RELIGIONE (qualche annotazione…)

Religione uguale a ignoranza? – la cosa mi piace entro certi limiti. In verità penso che religione sia anche evoluzione; e non solo… Penso che sia soprattutto speranza – questo il punto! Per cui il mio ternario della religione (chiamo la mia filosofia della ‘tridimensione’) sarebbe ignoranza|evoluzione|speranza. D’altra parte, nel caso mi venisse rimproverato questo accostamento concettuale, mi collocherei fuori da ogni furberia ideologizzante che assegni valori alle parole come si assegnano i gradi dentro una caserma: la speranza esiste universalmente come anelito e non ha niente da invidiare all’evoluzione come status e all’ignoranza come giudizio. Le parole che si usano categorialmente in qualsivoglia contesto sono tutte parimenti dignitose dal mio punto di vista.

Non sono d’accordo che una emozione che si comunica con parole abbia da esser motivata, perché altrimenti si peccherebbe di fede… (Magari cieca?) Temo che la mia cultura, in virtù di un bislacco quanto dilatato intendimento della comunicazione, abbia finito coll’abusare della motivazione – che si sollecita in genere paternalisticamente – e della dimostrazione – che si esige piuttosto autoritariamente.

Per me il concetto di sacralità è magico, differenziandosi da quello di santità che è religioso; ma entrambi – magia e religione – hanno teso ad impastarsi nella storia dell’uomo, imponendo per raggi di propaganda il più possibile estesi ritualità, gerarchie e credenze. Né in ciò esiste il peggio e il meglio; giacché la psicologia dell’uomo di fronte alla trascendenza non varia se egli è d’abito laico oppure ecclesiale, se crede negli spiriti o negli angeli, se nella sua dimensione del sottile è canonico e regolare oppure improvvisatore ed episodico. D’altra parte, formule esistenziali di vita – come ‘conosci te stesso’ e cento altre ugualmente pregnanti – vanno ascritte ad un pensiero filosofico/filosofeggiante (dunque poco religioso e tanto meno magico) che si pone a posteriori e non a priori, è sintesi e mai precetto, non un improbabile punto di partenza ma un obbiettivo di verità definitivamente raggiunta. Infine, se certe religioni si sono secolarizzate nelle rispettive chiese (sotterranee, militanti, trionfanti…) trascinando milioni/miliardi di anime di uomini, in ciò stesso ci leggo la nostra storia, che è un miscuglio di ignoranza (che tende a diradarsi), quindi di evoluzione (indiscutibile seppure discussa) e di speranza massimamente di fronte alla morte... (Che in ogni individuo cosciente di vita è sempre l’ultima dea che si rovina!)

Che l’idea della trascendenza – supponiamo – si costruisca nella testa dell’uomo perché egli non sa rispondere a certe domande che si pone (quali?) mi sembrerebbe, quando espressa, assai bizzarra. Io/chiedente non so una infinità di cose, ma non per questo vado a credere in una entità superiore che mi premia/punisce senza neppure rispondermi a quelle cose. E pur tuttavia ne so almeno una – di cosa – per certa e ineludibile: la mia morte! Per cui, qui invece, elaboro una mia idea del ‘divino’ che mi quieta in parte e mi sospende nell’attesa. D’altra parte, se un uomo si sentisse inferiore e soffrisse per la sua ignoranza, adducendosi a sostegno un ‘Dio’ che s’inventa (del cui immenso enigma resterebbe comunque ignorante) non farebbe per questo tanta più bella figura – mi pare.

(A parte ogni possibile atteggiamento guerresco nei confronti della religione…) In fatto di ateismo, ad esempio, una cosa di certo non la condivido: che dopo la mia morte non esista più niente di me, ma soltanto il resto che mi sopravvive. Io qui, addirittura, ribalterei semplicemente i termini affermando – abnorme e forse ugualmente improbabile: soltanto io esisterò dopo la mia morte, e niente e nessun altro al di fuori di me! Così che con tale credenza – mera credenza/folle credenza – potrei finalmente sperimentare concetti – ora mere astrazioni – quali Eternità, Assoluto, Infinito… (Non il ‘paradiso’ come quello dantesco, che mi è parso sempre un incubo.)

In ogni confusione dualistica (oggettivo/soggettivo, razionale/emozionale, oriente/occidente, guida spirituale/educazione psicologica…) mi vien voglia di districarmi tridimensionalmente – è la mia filosofia. Dico che la dualità è monca se non la integro nel ternario: ad esempio concetto|oggetto|soggetto, percezione|ragione|emozione… Oriente ed occidente poi, contrapponendoli, beh sarebbe risibile: esistono innumerevoli orienti e innumerevoli occidenti. E in fatto di guida, una cosa voglio dirla da religioso/spiritualista che mi reputo: se davvero il senso della religione ufficiale fosse quello di guidare l’uomo nella sua sfera intima, il peggiore strizzacervelli che potessi trovare, sarebbe sempre meglio per me del più lucido prete (di qualsiasi religione) che mi dicesse cosa devo fare e come e quando fra i miei muri.

(Ma di fatto…) La mia cultura di appartenenza è bell’e andata a disporsi in due schieramenti: da una parte i più/meno ortodossi alle religioni più/meno ufficiali; dall’altra i più/meno agnostici, non credenti, atei, scettici, ecc. (Chiederei…) E gli eterodossi, gli eretici, gli spiritualisti a vario titolo, tutti i mistici della Terra??!…

Quando ‘mentalità scientifiche’ si confrontano questionando di religione, ho sviluppato il buon senso di tirarmi di lato: vuoi nel senso che una intenda che l’idea di dio nasca da un complesso d’inferiorità dell’uomo, vuoi che si pensi che gli nasca invece da un complesso di superiorità. Non credo che il pensiero metafisico (Yung parlava di funzione trascendente, ma si può dire semplicemente intuizione) ci sia e si ponga per recuperare l’uomo dalle sue frustrazioni o per dilatarlo nelle sue arroganze. L’uomo pensa alla trascendenza e al divino – credo/io sono così – semplicemente perché è nella sua natura di essere vivo|libero|cosciente e così pensare e desiderare e credere di continuare ad esserlo anche dopo la morte. Poi ognuno ne fa l’uso – di questa funzione yunghiana – che crede: come la sensorialità, la memoria, la fantasia, la logica, ecc. (Sia pure per non far troppo brutta figura di fronte ai suoi simili o troppo bella come qualcuno potrebbe pensare!) Certamente – anche un bambino intelligente lo capirebbe – un ordine sociale qualsivoglia è mantenuto meglio dalle sue classi dirigenti se è ancorato ai concetti di Verità, Assolutezza, Universalità… Voglio dire insomma che qualsiasi potere tende, per durare più a lungo possibile, a sacralizzarsi e santificarsi – è vero; ma è anche vero – per me – che chi esercita potere realmente/concretamente esprime una innata fatale idiosincrasia al divino.

(Infine…) Giocando a fare l’etimologo, mi vien fatto di pensare che religione significhi ri/lettura – cioè lettura fatta con più cura e riflessione. O anche recinzione, ma in senso archetipico e non esistenziale: io, qui, sarei piuttosto ‘islamico’: non separerei, ad esempio, il potere religioso da quello politico. Le pratiche rituali, poi, le vedo più nella politica e nell’economia, nel costume che è cultura e nella televisione che è divertimento che, piuttosto, nella gestione del divino – ognuno per suo conto, comprendendoci anche il comune cristiano/uomo della strada che è credente/ritualista libero/libertario più di quanto si creda… E certamente il ‘santo’ – il tutto differenziato – viene dopo il ‘sacro’ – il tutto impastato… (Eccetera, eccetera.)

TRIS
ludovicofrescura is offline  
Vecchio 26-10-2006, 23.23.44   #2
S.B.
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Data registrazione: 24-04-2006
Messaggi: 486
Riferimento: Sulla Religione...

La filosofia del "non c'è due senza tre"??
Interessante comunque.

Ci sono alcuni punti del tuo discorso che non mi sono chiari, quando affermi la religione come uno sviluppo di ignoranza|evoluzione|speranza, mi sembra di aver capito che l'ignoranza sia una situazione iniziale e la speranza una finale, dunque l'evoluzione intesa come passaggio dall'una all'altra, ma nella speranza c'è anche ignoranza ed evoluzione, cioè convivono o sono contigue?

Sono d'accordo quando affermi una certa uguaglianza tra magia e religione, ma poi quando dici che la trascendenza non è una risposta dell'uomo alle sue domande, mi viene a mancare un punto, allora da cosa deriva?Ha la stessa 'terna ' della religione?Non penso visto che li mettevi tra le tre anche l'ignoranza, quindi le domande a cui non si da risposta.

La parte finale in cui giochi a fare l'etimologo proprio non l'ho capita, soprattutto in base a cosa non vedi di buon occhio la separazione stato-chiesa?non certo dal punto di vista politico, della convivenza immagino.

Con la più assoluta certezza di aver frainteso le tue parole, mai visto nessuno che scrive così!
S.B. is offline  
Vecchio 29-10-2006, 02.40.55   #3
ludovicofrescura
Ospite abituale
 
Data registrazione: 30-08-2006
Messaggi: 48
Riferimento: Sulla Religione...

(Ti ringrazio dell’attenzione…) In realtà questo ‘topic’, l’ho fatto nascere male: l’ho mezzo abortito… Era, già, molto più lungo; così che l’ho dovuto abbreviare. Poi volevo che fosse una risposta dettagliata ad un altro (Pensiero sulla religione e a ciò ke porta) che esisteva al momento della mia iscrizione, e però si stava esaurendo – così mi sembrava: la cosa mi dispiaceva, perché trovavo l’argomento di certa coloritura. Fu così che, per rilanciarlo, decisi di riproporre le mie annotazioni, quasi in ordine di intervento, su quel che s’eran detti gli altri all’altro topic. Dopo, ancora, sono nate altre mie negligenze e incomprensioni con i moderatori. Finalmente me lo sono visto come topic!… Ma lo avevo sfrondato; gli avevo tolto anche tutti i nomi di riferimento: non mi piaceva più… Credo, ora, di averlo superato. Comunque, successivamente, cercherò di risponderti. Buona notte!

TRIS
ludovicofrescura is offline  
Vecchio 29-10-2006, 10.18.29   #4
ludovicofrescura
Ospite abituale
 
Data registrazione: 30-08-2006
Messaggi: 48
Riferimento: Sulla Religione...

Citazione:
Originalmente inviato da S.B.
La filosofia del "non c'è due senza tre"??
Interessante comunque.

Ci sono alcuni punti del tuo discorso che non mi sono chiari, quando affermi la religione come uno sviluppo di ignoranza|evoluzione|speranza, mi sembra di aver capito che l'ignoranza sia una situazione iniziale e la speranza una finale, dunque l'evoluzione intesa come passaggio dall'una all'altra, ma nella speranza c'è anche ignoranza ed evoluzione, cioè convivono o sono contigue?

Sono d'accordo quando affermi una certa uguaglianza tra magia e religione, ma poi quando dici che la trascendenza non è una risposta dell'uomo alle sue domande, mi viene a mancare un punto, allora da cosa deriva?Ha la stessa 'terna ' della religione?Non penso visto che li mettevi tra le tre anche l'ignoranza, quindi le domande a cui non si da risposta.

La parte finale in cui giochi a fare l'etimologo proprio non l'ho capita, soprattutto in base a cosa non vedi di buon occhio la separazione stato-chiesa?non certo dal punto di vista politico, della convivenza immagino.

Con la più assoluta certezza di aver frainteso le tue parole, mai visto nessuno che scrive così!



L’uno e l’altro: come il bambino (che siamo stati tutti) convive con l’adulto (che siamo tutti con riserva): la chioma bella/visibile dell’albero convive con la sua radice fenomenologicamente inesistente; mentre una radice che sta appena sviluppandosi, non ha ancora… Certo, è possibile essere ignoranti della propria condizione, quindi sperare in niente che la riguardi (ad esempio immaginare/supporre di superarla); ma non è assolutamente possibile – credo – sperare di uscire da una propria limitatezza, o storia, o pozzo dentro cui s’è caduti (oggi si preferisce dire tunnel) e al tempo stesso ignorarla, quella limitatezza o sbraco o ciò che vuoi. Non penso che gli animali sperino!… E il primitivo che spera di sé nella sua trascendenza per me vale esistenzialmente più d’uno scienziato che ne dispera: il primo è ricco e comunicare con lui si riduce a una questione formale: trovare un codice di linguaggio condivisibile. Ma il secondo è arido, piatto, gelido, e comunicarvi (non comunicarvi) è questione per me sostanziale… In un certo senso torniamo al discorso dell’uovo e della gallina: se si rimane nell’astratto, l’uovo e la gallina sono coevi (in quanto il concetto vive fuori del tempo, per definizione) e allora la domanda è semplicemente cretina; ma se si chiede “è nato prima questo uovo o quella gallina?”, una persona volonterosa, lì vicino, saprebbe rispondere con pazienza e approssimazione garantita.

Il concetto di religione riguarda unicamente il modo di rapportarsi dell’uomo alla trascendenza (parlo sempre per me stesso). Trascendenza che dunque, altro da me, ha una sua precisa connotazione ontologica… (Ma sono sempre io, comunque, a immaginarla!) Come me la immagino?… – domanda da un miliardo di euro. Una sorta di pantheon – ecco: uno scenario complesso del Divino in cui alcune Entità scelgono di uscire dalla loro perfetta immobilità, cadono|divengono|si trasformano, per ritornare successivamente ad altra immobilità, ma nuova e migliore questa volta, più una condizione di equilibrio vibrante che di staticità cadaverica. Per cui il mio ternario della trascendenza è altro da quello della mia religione: potrebbe essere infatti IMMOBILITÀ|CADUTA|EQUILIBRIO, ma non è soltanto questo ternario. Viene dunque da sé che la trascendenza non risponde/non può alle mie domande/a nessuna… Se mai sono io a suscitarla con le mie risposte! È un po come l’ispirazione poetica, o qualsiasi altra forma di illuminazione: tu scrivi vere poesie solo perché improvvisamente sai di doverle scrivere e niente ti trattiene; non perché prima ti sei posto/programmato delle domande, in uno stato d’animo di frustrazione o di esaltazione del tipo “ahimé perché soffro così tanto?” oppure “che bello era fare l’amore con lei!”). Il vero senso della trascendenza sopraggiunge nel religioso (la cosa vale ancora per me) dopo che lui è saputo uscire dal suo ‘particulare’ e guarda lo stesso paesaggio d’un altro: ma lui vola in aereo e l’altro corre in bicicletta.

A parte i giuochi e l’etimologia, penso che l’uomo debba ritornare a comprendersi nella sua unità – qui taglio e sono sbrigativo, ché il discorso si farebbe strettamente politico. Di certo per me l’uomo (io sono così) è un insieme inscindibile di trascendenza (pensiero metafisico), scienza (pensiero politico) e coscienza (pensiero creativo). Gli islamici mi sembrano più vicini/meno lontani da questo modello di individualità esistenziale di quanto lo siano i cristiani.

TRIS
ludovicofrescura is offline  

 



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