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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
24-08-2006, 18.37.32 | #4 | |
Panta rei...
Data registrazione: 28-01-2006
Messaggi: 181
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Riferimento: Matematica e morale
Citazione:
Da bambino ODIAVO imparare le tabelline... Comunque in italia fanno imparare le tabelline in modo davvero dispendioso, guarda qua http://utenti.quipo.it/base5/numeri/tavolapit.htm un metodo per ricordare la metà dei numeri a memoria rispetto al metodo tradizionale e sapere comunque tutti i possibili prodotti tra due numeri a una cifra... |
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25-08-2006, 01.58.52 | #6 |
iscrizione annullata
Data registrazione: 23-02-2005
Messaggi: 728
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Riferimento: Matematica e morale
Il termine arithmos, in greco, significa "numero".
Probabilmente per il fatto che il numero, inteso come numero "reale", rappresenta una "discontinuità", un "saltus" di "quantità", in termine latino. Ethos intende il modo più "adeguato" di agire. Di qui il senso della parola "aritmetica": il modo più adeguato di trattare le quantità discontinue. Il buon Dio ha dato agli uomini la matematica, al fine di consolarli delle miserie dell'esistenza. Ha dato loro anche l'arte e la musica, oltre che la poesia, la quale è lo "sfondo" fantasmatico di ogni creatività. Cosa centrino le tabelline con l'ordine morale e con la preghiera lo sa solo Odifreddi. |
25-08-2006, 09.30.41 | #7 |
stella danzante
Data registrazione: 05-08-2004
Messaggi: 1,751
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Riferimento: Matematica e morale
Scusate, ripeto per chi non avesse letto la correzione, non sono parole di Odifreddi, ma e’ Platone da lui citato, che in “Repubblica” suggerisce per politici e manager di recitare tabelline ed enunciati di teoremi al posto di preghiere.
Tu Weyl dovresti sapere meglio di me che l’effetto benefico sul fisico delle preghiere e’ soprattutto nel regolare la respirazione e adattarla al ritmo cardiaco, si da poter tranquillamente sostituire le parole delle tabelline, i numeri ai nomi dei santi per ottenerne gli stessi benefici cardiocircolatori. Poi pensavo ad un’altra cosa. L’abitudine ai teoremi matematici abitua ai ragionamenti astratti (come ad esempio due rette non si incontreranno mai come diceva qualcuno di la’ eh Fallen?) ma nessun matematico crede che quelle rette esistano davvero nella realta’ ovvero fuori dal ragionamento astratto nella sua mente. Cosi’ un pittore che rappresenta paesaggi surreali, sa che esistono solo nella fantasia. Non e’ cosi’ per chi ad esempio fa dell’ermeneutica uno studio attinente alla realta’ dei testi sacri. Questa abitudine a scindere nettamente quello che si puo’ creare nella mente da quello che realmente esiste, questo rapporto diretto con la realta’ se praticato con costanza, o magari dall’infanzia potrebbe anche essere un educazione mentale a non portare ragionamenti di fantasia come reali, cosi’ come ad esempio fa una persona disonesta (pensiamo ai politici x l‘esempio pratico) Comunque Platone ha ricevuto diverse critiche mi piacerebbe leggerne di piu’ argomentate, a me questo ragionamento convince. |
25-08-2006, 12.57.00 | #8 | |
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Riferimento: Matematica e morale
Citazione:
Mi avvalgo di un concetto di "Preghiera" che è di molto più esteso che non quello di semplice recitazione, pappagallesca, di qualche invocazione, attestazione o ringraziamento. Non è vero che i matematici non credono nella realtà degli enti ideali che essi manipolano: molti di essi attribuiscono a tali enti uno statuto di esistenza reale persino superiore a quello platonico. Ricordo, a tale proposito, che Platone attribuiva ai numeri un grado di realtà intermedio tra quello del mondo sensibile e di quello intelligibile: a mezza via, cioè, tra le apparenze dei "sensi" e gli enti ideali, ossia le Forme pure. Il concetto di numero era, inoltre, al suo tempo, ma in generale nel pensiero greco, "identificato" con quello di "relazione" e di "rapporto". Pertanto, l'operare matematico, di cui l'aritmetica è la specie "prima", non può essere disgiunto dagli enti che sono oggetto del suo stesso operare. E' per questo che, in generale, nel pensiero greco, la "conoscenza", in quanto oggetto della gnoseologia, ed il "conosciuto", in quanto oggetto epistemico, venivano posti su di un piano di identità ontologica. Questa radice metafisica, che neppure Aristotele mise mai in discussione, dovette attendere il grande Kant per essere riconosciuta come problematica. Quanto al postulato delle "parallele", considera che persino Euclide lo trattò con grande scetticismo, percependolo come oggettivamente più "insicuro" rispetto agli altri quattro che, in breve sintesi, ricordo: 1) è sempre possibile tracciare un segmento di retta tra due punti (= le geodetiche non hanno curvatura); 2) da un lato o l'altro di quel segmento è sempre possibile prolungare la retta, quanto si voglia; 3) da ogni punto del piano è possibile tracciare una circonferenza, di raggio qualsiasi; 4) tutti gli angoli retti nel piano sono uguali. Ora, il "conseguire" del quinto (quello delle parallele) dai quattro esposti si ritenne intuitivamente certo, ma indimostrato, almeno fino ad Eulero: fu questi a dichiararne l'"indimostrabilità" e, quindi, l'incertezza. In termini moderni il problema è semplificato dal concetto di "simmetria": appare intuitivo, infatti, ai nostri occhi che, mentre i primi quattro postulati formano un "gruppo" di simmetria, non è così per il quinto. Qui il discorso si fa un po' troppo complicato, ma posso garantire che la "realtà" degli enti euclidei è attestata proprio dai "limiti" e dalle "condizioni" entro cui è "verificabile" il quinto postulato. O, se si preferisce, limiti e condizioni entro cui non lo è. Tali limiti e tali condizioni, infatti, congiungono la geometria classica con la fisica moderna. |
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25-08-2006, 14.22.13 | #9 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Matematica e morale
Citazione:
La preghiera è la funzione di interazione col divino che appartenendo al trascendente, non è oggettivamente condivisibili e verificabili e questa mancanza di dati certi può favorire la disonestà intellettuale, generando venditori che si sentiranno autorizzati a venderci 2 kg di bene e 50 grammi di verità, ad un prezzo che è 100 punti in percentuale superiore al valore reale. Non so se la nostra onestà intellettuale è direttamente correlata con la nostra attitudine a misuraci con le scienze esatte, sicuramente vedo che l’altro tipo di speculazione intellettiva, (quella diciamo spirituale), contiene una grossa seduzione per la nostra avidità, perché appunto è troppo facile mistificare. |
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27-08-2006, 18.06.09 | #10 |
stella danzante
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Riferimento: Matematica e morale
Grazie per le lezioni di matematica Weyl, sicuramente il mio senso morale ne beneficerà, ma … ora ti faccio una domanda piu’ tecnica:
Quali sono le aree cerebrali adibite al ragionamento matematico e quali a quelle del pensiero religioso? Quali sono le aree che si attivano nel “raccontare” la verita’ e quali le bugie? A occhio e croce direi che pensando a dio si attivano le stesse aree adibite all’inventare, le stesse che si usano per mentire… e’ cosi’? Non tergiversare pero’ Eppure io sono convinta che i matematici siano meno propensi a raccontar balle … Se poi si tratti piu’ di abitudine a un certo modo di pensare che di predisposizione non so … Poi sono d’accordo con Van Lag che sostiene che in ambito di speculazioni sul trascendentale che non e’ condivisibile si possa appunto speculare … e quindi costruire sul nulla, o scambiare per reali i contenuti di ragionamenti astratti. |