Ospite abituale
Data registrazione: 06-09-2003
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Impossibile
una definizione "antica" o "moderna" di Essere.
Ne avevo trovata una, tanti anni fa, a riguardo del Tao, che vi riporto:
"Ciò senza di cui tutto ciò che è potrebbe non essere, e il non-poter-essere non sarebbe".
Attualmente non mi convince più per nulla.
Può essere indicato, invece, il percorso verso l'essere, il quale, io credo, ha una definizione assai precisa: Ricerca.
A fantasiafinale direi questo.
Mi ci volle molto tempo per capire che il concetto, pur indefinito conclusivamente, di Essere non poteva sorgere semplicemente dall'interrogarsi dell'Uomo sul senso ultimo ed intimo della realtà, della sua esperienza esistenziale.
Che l'idea di un' "essenza" degli enti che rendono "saliente" ed oggetto di possibili esperienze il mondo, non scaturì semplicemente dalla fugacità e ambiguità prospettica dei fenomeni.
In ultima analisi, infatti, il "volgersi" verso l'Essere è soprattutto un "atteggiamento interrogativo" nei riguardi del Mondo.
Ed il Mondo non è che il "Tutto" nel quale oscilliamo, tra veglia e sonno, lucidità e dubbio, attesa e azione.
Per cui, vedi, ho compreso piano piano una cosa.
Ossia che dell'interrogare il Mondo non esso è l'oggetto, bensì io, ossia la mia presenza.
Interrogando l'Essere, per dirla con Heidegger, è la mia presenza, sempre e soltanto la mia presenza che si fa oggetto di ogni questione... Ma "riguardo a cosa" ?
Riguardo al fatto che, vedi, ogni consapevolezza, per limpida e piena che possa risultare, ha in sè una sostanziale e sempre sorprendente "incompletezza": una declinazione più blanda della luce, senza la quale un bordo non potrebbe essere colto, il buio senza il quale la scintilla non può essere vista, un "dopo" senza il quale nulla potrebbe apparire, sorgere, esordire.
E' questo che avvia la domanda.
Perchè gli antichi filosofi attribuirono all'Essere la caratteristica di immutabilità ?
Perchè, per definizione, è assai più agevole definire un "qualcosa" la cui ostensione è impossibile, attraverso le sue determinazioni negative.
Se dovessi descriverti un bue, potrei farlo dicendoti che ha quattro zampe, è un mammifero, è peloso, etc. etc.
Tutte determinazioni "positive", che denotano un qualcosa che è chiaro a te come a me (posto che io voglia spiegarti come è fatto un bue e che tu non ne abbia mai visto uno).
Ma se debbo descriverti un qualcosa che ho vagamente intuito, di sfuggita, nell'ombra... come farò?
Probabilmente comincerò col dirti: era una cosa sfuggente, non aveva un volto, no, non mi sembra che fosse colorato, non aveva i capelli... Non, non, non: ossia determinazioni "negative", con le quali cercherò di guidarti alla stessa sfuggente immagine che mi è apparsa, distogliendoti, passo passo, da ciò che ti può guidare fuori strada.
Lo stesso, in fondo, per ciò che riguarda l'Essere: dunque, vedi, tutte le nostre esperienze si svolgono nel tempo, hanno una durata ed hanno una collocazione spazio-temporale.
Allora, cominciamo così: l'Essere di cui ti parlo, non è nel tempo, non è nello spazio, questo lo so per certo.
Anche Eraclito, bada bene, non fa eccezione: sì, lui tentò di dargli una determinazione "positiva".
L'Essere non è nel tempo, anche per Eraclito, esso E' il tempo: ma il divenire non diviene...
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