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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere. |
15-05-2004, 01.09.33 | #4 |
Ivo Nardi
Data registrazione: 10-01-2002
Messaggi: 957
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Parole chiave della filosofia - la verità
Intervista a Francesco Adorno
Tratta dalla pagina: http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=303 DOMANDA: Il nostro termine "verità" proviene dal latino veritas. Anche il termine greco alètheia viene tradotto con "verità". Si tratta realmente dello stesso concetto espresso con due parole di origine diversa o dietro questa duplicità di forme c'è una differenza di significati? Da qualche tempo mi vado occupando, anche etimologicamente, di queste cose. Quando vado a tradurre Platone trovo il termine "alètheia", che è il termine con cui gli antichi intendevano la verità. Andando poi al fondo a vedere la cosa, trovo tradotto "alètheia" con "veritas", cominciando da Cicerone e dai traduttori latini. Mi sono reso conto che, se Platone li avesse sentiti, si sarebbe arrabbiato moltissimo. Infatti il nostro termine "veritas" non vuol dire affatto quello che era, per i greci, la verità. Alètheia, senza voler fare nessun accenno ad Heidegger, viene da lanthano che vuol dire "coprire". Da lanthano proviene Lete, che è il fiume dell'oblio, il fiume che copre. Alètheia, con l'alfa privativo, è il contrario di ciò che si copre: è ciò che si scopre nel giudizio. Nel nostro ambito latino, veritas è un termine che proviene dalla zona balcanica e dalla zona slava, e vuol dire tutt'altro che verità. Vuol dire, in origine, "fede"; fede nel significato più ampio della parola, tant'è vero che in russo ad esempio vara vuol dire fede. Tutti noi sappiamo benissimo che l'anello della fede si chiama anche la vera, proprio perché questa origine balcanica, slava è penetrata fino da noi: la vera è la fede. Andando avanti nello studio, ci si rende conto che ci troviamo di fronte ad una doppia verità. In ciò che diceva Averroè, che parlava di "doppia verità", vi è una sottilissima visione storica e critico-filologica del significato di verità. Qual è la doppia verità? Da un lato la verità di fatto è ciò in cui ho fede, per cui l'assumo come vera senza nessuna riflessione critica: questa è la nostra veritas. L'altra verità è quella che Leibniz - altrettanto dotto - aveva chiamato la "verità di ragione", per la quale sufficit la ragione; la ragion sufficiente, distinta dalla verità di fatto. Ecco le due verità: l'una è una fede, che è una cosa, e quindi dovrebbe entrare in tutto un altro ambito; l'altra è quella logica che scaturisce attraverso il saper pensare: si scopre la condizione che permette di definire la cosa e quindi questa diventa vera nel giudizio, nel logos , nel ragionamento che la viene determinando. |
15-05-2004, 01.56.29 | #5 |
al di là della Porta
Data registrazione: 15-02-2004
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a proposito di protagora
da:http://www.diviana.com/ilparadisodel.../protagora.htm
A partire dalla metà del V secolo a.c. diverse città della Grecia vengono attraversate da nuovi personaggi: i sofisti . Il termine "sofista" significa letteralmente " colui che fa professione del proprio sapere " . Molti sono i professionisti che mettono in vendita il loro sapere : gli artigiani o i medici , per esempio . Ma i sofisti sostenevano che il loro sapere fosse ben più importante rispetto a quello degli artigiani o dei medici: è il sapere che consente di prendere parte con successo alla vita pubblica della città , quando si accede alle magistrature . Tutto questo trova fondamento nel termine " aretè " , la capacità di eccellere nella condotta pubblica e privata . In questo senso i sofisti si presentano come maestri di virtù . E' chiaro che questo sapere risulta importantissimo in contesti politici in cui le decisioni sono affidate alla totalità dei cittadini . Era dunque un sapere indispensabile soprattutto nelle democrazie . Ma il fatto che si facciano pagare molto , fa sì che i clienti dei sofisti siano soprattutto giovani di famiglie agiate ( Platone non potrà tollerare che essi facciano del sapere una materia vendibile e li definisce " cacciatori di giovani ricchi " : certo per Platone la vita era più facile , visto che era ricco di famiglia e non aveva bisogno di farsi pagare per insegnare ) . Tra i sofisti spicca la figura di Protagora : egli nacque ad Abdera , in Tracia , verso il 480 a.c. , svolse la sua attività di insegnamento itinerando per le città , soggiornando più volte ad Atene . Nel 444 Pericle diede avvio alla fondazione della colonia panellenica di Turii , in Italia meridionale e Protagora prese parte al progetto di legislazione della città . Nel 411 diede pubblica lettura ad Atene del suo scritto " Sugli dei " e fu accusato di empietà e dovette così lasciare la città . La tradizione vuole che Protagora sia morto in un naufragio . All'attività orale di insegnante Protagora affiancò l'insegnamento mediante lo scritto ; egli non fu autore di un'unica opera , ma di parecchie : "Discorsi demolitori" , "Le antilogie" , "Sull'essere" e scrisse pure a riguardo dei saperi tecnici . Protagora è passato alla storia per la sua celebre affermazione : " L'uomo è misura di tutte le cose , di quelle che sono in quanto sono , e di quelle che non sono in quanto non sono " . E' difficile comprendere fino in fondo che cosa intendesse Protagora con " uomo " , ma è probabile che non si riferisse alla razza umana , bensì al singolo uomo . Con questa frase si sottolinea l'assoluta relatività della verità : si fa notare che ciascuno vede le cose alla sua maniera e in modo diverso rispetto agli altri ; se io dico che una bevanda è dolce ed un altro dice che è amara chi ha ragione dei due ? Bisognerebbe avere un parametro che dice la verità , se è dolce o amara , il che è impossibile . Se io la sento dolce e un altro la sente amara , l'unica cosa da fare è chiedere il parere ad un terzo , ma non vi è mai un vero paragone con la cosa in questione . Per Protagora non si può trovare una verità assoluta : non si può stabilire se la bevanda è davvero dolce o se è amara : per me è amara , e per l'altro è dolce : o meglio , per chi la sente dolce è dolce , per chio la sente amara è amara : la verità è soggettiva . Non posso negare che sia amara a chi la sente amara solo perchè io la sento dolce: non c'è una verità generale : ognuno la vede a proprio modo . Non si possono cogliere le cose come realmente sono , ma solo come appaiono all'uomo , come riesce a percepirle . Però si fa notare che non tutte le affermazioni sono uguali : si distinguono sul piano pratico : se , nel caso della bibita , non posso stabilire se è dolce o amara , tuttavia posso affermare che il dolce è meglio dell'amaro . Ma Protagora non restringe il significato di misura alla sola dimensione dell'esperienza percettiva delle cose . L'esperienza personale di ciascun individuo è più ampia delle singole sensazioni ; essa non riguarda soltanto l'istante in cui avviene la singola percezione , bensì l'intera vita dell'individuo . In questo quadro si comprende meglio la portata dell'altra celebre affermazione di Protagora : "Riguardo agli dei , non ho la possibilità di accertare nè che sono , nè che non sono , opponendosi a ciò molte cose : l'oscurità dell'argomento e la brevità della vita umana " . Di talune cose , dunque , come per esempio gli dei , non si ha esperienza personale diretta (com'era invece nel caso della bevanda ) . Di queste cose non si può dire che l'uomo sia misura . L'esperienza personale , d'altronde , differenzia gli individui tra loro , anche per le diverse situazioni ambientali , culturali e politiche nelle quali essi vivono . In questa prospettiva si inquadra in modo centrale la collocazione dell'individuo nella città . La città è interpretata da Protagora come complesso apparato educativo , il quale mira a garantire la conservazione della città stessa mediante la trasmissione dei valori che ne sono alla base .Non potendo più disporre degli dei come termine di differenziazione per caratterizzare l'uomo (infatti ha detto di non conoscere come gli dei siano ), Protagora individua questa differenziazione rispetto agli animali . Egli riconosce un'inferiorità dell'uomo rispetto alla specie animale per quanto riguarda le doti naturali , ma ravvisa nelle tecniche lo strumento che ha consentito all'uomo di capovolgere questa situazione svantaggiosa di partenza . Ma Protagora colloca al di sopra delle varie tecniche agricole e artigianali la tecnica politica , che è prerogativa di tutti i membri di una comunità . E' appunto la tecnica politica , ossia l'insieme di giustizia e di rispetto degli altri , che la città provvede a trasmettere , prima con l'insegnamento e poi con le leggi , a tutti i suoi membri a partire dall'infanzia . Ma se il veicolo fondamentale per la trasmissione dell'insegnamento etico - politico è la città , resta ancora spazio per l'insegnamento del sofista ? Il fatto che individui diversi abbiano esperienze personali diverse non implica che essi debbano per forza sempre divergere nelle loro opinioni su certe cose . Protagora non assume una posizione solisistica , non rinchiude ogni individuo in se stesso , in una sfera di incomunicabilità con gli altri . Egli ritiene invece che sussistano spazi di accordo possibile tra gli individui . Qui il sofista può innestare la sua opera , contribuendo all'azione educativa della città . Lo strumento principale con cui lavora il sofista è il linguaggio , che può avere efficacia persuasiva facendo appello alle esperienze personali dei singoli e contrapponendo non vero e falso , ma utile e dannoso sia per il singolo sia per la comunità . Protagora afferma che " intorno ad ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti " . Questa contrapposizione non sta a significare che uno di essi sia vero e l'altro falso , in quanto ogni discorso non è che la formulazione dell'esperienza personale di ciascuno , la quale (per il relativismo assoluto) è sempre vera . Ma sul piano dei valori , che sono alla base di una città , i due discorsi non si equivalgono : in ultima istanza è la comunità che decide su quanto è giusto e su quanto è dannoso . Il sofista insegna ad usare il linguaggio in modo conforme ed utile alle esigenze della città , per esempio nell'assumere decisioni collettive , dove può anche essere importante " render più forte l'argomento più debole " . In questa prospettiva Protagora innesta la sua opera di specialista , analoga a quella del medico o dell'artigiano , e procede alla distinzione di vari tipi di discorsi , studiando le loro proprietà , i generi dei nomi , i tempi verbali ... Il linguaggio cessa di essere uno strumento usato inconsapevolmente e diventa esso stesso oggetto di indagine e d'insegnamento : il celebre motto dei sofisti , non a caso , era : " la parola può tutto " . |
30-08-2004, 01.15.43 | #10 | |
Ivo Nardi
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