tu hai ragione a intendere l'infinito come "in atto" in ogni segmento finito di spazio; anche aristotele assumeva questo punto di vista, cioè che una grandezza AB è suddivisibile in parti sempre più piccole all'infinito, senza mai giungere ad un limite ultimo che sia indivisibile.
quindi tu giustamente dedurresti che con il corrompersi di una parte in questo infinito in atto, non si pregiudica la possibilità dell'esistenza dell'infinito in atto stesso, perchè resta comunque un'infinito numero di parti.
Ma tu pensandola così, assumi che tutte queste parti siano interscambiabili tra loro, quindi uguali. Altrimenti non sarebbe la stessa cosa che ce ne sia una o ce ne sia un'altra.
Se altrimenti non sono tutte uguali tra loro, coll'evenienza che una venga a mancare, viene a mancare anche la possibilità di parlare di infinito in atto, perchè non può essere completo ciò a cui manca una parte.
senti quindi come aristotele definisce infinito; perchè se è d'accordo con te su quanto detto prima, lo è con un'avvertenza, specificata appunto nella sua definizione di infinito:
"si dice infinito, in generale, ciò da cui può essere sempre preso qualcosa, dove ognuno di questi qualcosa, oltre ad essere finiti, sono anche sempre diversi"
quindi l'infinito è inesauribile, eternamente in progresso e cangiante, e quindi in realtà quell'infinita di grandezze in cui abbiamo suddiviso AB non sono infinite: ma sono un insieme infinito di parti finite e diverse tra loro.
e meno che mai sono un infinità in atto: appunto perchè l'infinito è inesauribile nel generare sempre nuove forme.
cosa per la quale, tra l'altro, l'infinito in atto non è nemmeno pensabile: come può il limitato intelletto umano a concepire nello stesso tempo una serie infinita di elementi sempre diversi tra loro?
e sai cosa significa tutto questo...?
che devo ancora aver chiaro in mente il discorso di prima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!